Capitolo 33 - Flashback

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25 Giugno 1985, 7,30

"Don't you forget about me...
Don't, don't, don't,'don't...
Don't you forget about me...".

Spensi la radio mestamente e mi alzai dal letto controvoglia, come ogni giorno, per preparare la colazione ai miei figli. Quella mattina non riusciva ad abbandonarmi la spiacevolissima sensazione che sarebbe successo qualcosa, come un presentimento...

<< Mamma, non mi aspettare sveglia stanotte. Hanno aperto una nuova discoteca e io e Fra andiamo a farci un giro >> annunciò mia figlia, versando i cereali nel latte.

<< Lo sai che quel Francesco non mi piace, Giulia >>.

Era la verità. Francesco era il fidanzato di mia figlia, allora poco più che diciottenne: un tipo che definivo "poco raccomandabile" , eufemisticamente. Aveva venti anni e (ahimè) lavorava nel bar sotto casa nostra; si erano conosciuti così, loro due. Ormai stavano insieme da tre anni, ma continuava a non piacermi.

Tipica madre iperprotettiva?

Forse.

<< Ma a te non piace mai nessuno. Non ti piace neppure Ludovica >>.

<< No, certo che non mi piace. Sta usando tuo fratello solo per andare avanti con gli studi, visto che l'idiota continua a pagarle le tasse universitarie >>.

<< Possibile che in questa casa parliate sempre male di me? >> si lamentò Luca, entrando in cucina. << Ludo non mi sta usando, mamma. Le pago gli studi con piacere, visto che vuole fare la giornalista ed è molto studiosa >>.

<< La giornalista? Povera ingenua, crede che farà successo in quel campo? Ormai i giornali non li compra più nessuno >> commentai, acida.

<< Non ti va mai bene niente, mamma. Lascia stare il mio gemello preferito >> mi rimproveró Giulia, abbracciando Luca.

<< Guarda qui >> fece lui, sollevando orgogliosamente la manica della camicia. << Un nuovo tatuaggio >>.

Puntai lo sguardo sul suo braccio sinistro, dove era apparsa una nuova, bruttissima scritta: "G e L".

<< Fratellino, ti sei tatuato la mia iniziale sul braccio! >> si esaltò Giulia, sorridendo. << E la L sta per... >>.

<< ... Ludovica, ovviamente >> completò lui, facendole l'occhiolino.

<< Che brutto tatuaggio >> dissi, disgustata. << Cosa ti passa in testa, poi, non lo so. Chi ti dice che fra trenta anni starete ancora insieme? Ti sei solo deturpato un braccio >>.

<< Lasciala stare >> lo esortò la gemella, cingendogli il collo con le braccia. << È invidiosa perché non hai tatuato il suo nome >>.

****

26 Giugno 1985, 00.30

Possibile che non fosse ancora tornata? Era quasi l'una di notte...

Avevo passato la giornata intera accompagnata da quella bruttissima sensazione di angoscia, quasi di attesa premonitrice di un qualcosa di ineluttabile...

<< Mamma, ancora sveglia? >>.

Luca entrò in cucina e si versò dell'acqua in un bicchiere.

<< Tua sorella è ancora fuori >> gli dissi, preoccupata.

<< E quindi? Sbaglio o ti aveva detto che sarebbe tornata tardi, di non aspettarla sveglia? >>.

Non capiva...

<< Ho un brutto presentimento >> gli rivelai. << Esci e vedi se sta bene >>.

<< Mamma, è quasi l'una. Dove vuoi che vada? >>.

<< Stamattina parlava di una nuova discoteca che hanno aperto... vai lì >> gli ordinai. << Per favore >>.

<< D'accordo. Esco subito >>.

Menomale... almeno l'avrebbe riportata a casa.

<< Ma sappi che non te lo perdonerà mai, mamma >> mi avvisò, uscendo dalla cucina.

****

26 Giugno 1985, 5,50

Perché diavolo non tornavano quei due? Erano oltre quattro ore che Luca era uscito a prendere la sorella in quella stupida discoteca che avevano appena inaugurato. Possibile che non avessero trovato neppure un telefono pubblico per chiamare? Che situazione...

****

26 Giugno 1985, 7, 30

Stava squillando il telefono.

Probabilmente erano loro, finalmente...

<< Pronto? >> risposi, concitata.

<< Parlo con la signora Ariosto? >>.

Una voce maschile...

<< Sì, con chi parlo? >> chiesi.

I secondi che trascorsero furono al contempo i più lunghi e i più brevi della mia vita...

<< Chiamo dalla centrale, sono un carabiniere. E' per sua figlia, Giulia Ariosto >>.

<< Cosa? Cosa è successo a mia figlia?! >>.

Senza rendermene conto, avevo iniziato ad urlare.

<< Ci spiace, signora, ma preferiamo non dirle niente per telefono. Dovrebbe passare in centrale >>.

<< Passare in centrale? Perché? Cosa è successo? Me lo dica subito! >>.

Non era successo nulla, no...

<< Non credo che sia il caso di parlargliene per telefono... >> iniziò il carabiniere, imbarazzato.

<< Non mi interessa se è o non è il caso. Lei adesso mi dice cosa è successo! >> strillai, in preda alle lacrime.

<< C'è stato un incidente... sua figlia non ce l'ha fatta... mi dispiace... >> borbottò l'uomo, sospirando.

<< Un incidente...? >>.

La cornetta del telefono, per lo stupore, mi cadde a terra, sul pavimento.

C'è stato un incidente, sua figlia non ce l'ha fatta...

Così aveva detto il carabiniere.

Ma non era possibile, no... Giulia aveva solo diciotto anni... no, sicuramente c'era stato un errore, mi dissi...

<< Mamma >>.

Era Luca, visibilmente provato.

<< Luca, cosa è successo? Dicono che c'è stato un incidente, che Giu non ce l'ha fatta, ma non ci credo... >>.

<< E' così, mamma. Quel pezzo di idiota del suo ragazzo, Francesco... sicuramente era ubriaco, è andato contro una berlina... >>.

<< Lui è morto? >> chiesi, sperando che la risposta fosse affermativa.

<< No, non è morto. Non si è fatto quasi nulla >>.

Quel giorno promisi a me stessa che avrei rovinato la sua vita e quella della sua famiglia.

A ogni costo.

Il mistero della casaWhere stories live. Discover now