Capitolo 8 - Controversie

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«Non capisco perché muori dalla voglia di socializzare con i vicini» esordii all'improvviso.

Erano quasi le otto di sera e stavamo uscendo di casa per andare a cenare al ristorante con la nuova vicina, la signora Dorotea.

«Forse perché lei è stata così gentile da aiutarci con il trasloco, oggi pomeriggio? O forse perché ha salvato la vita a tua figlia ...» fu la risposta di mia moglie.

«"Salvato la vita"... direi che stiamo esagerando. Le ha semplicemente medicato un taglio sulla fronte» dissi.

Davide tossì.

«Vedi, pure tuo figlio non voleva uscire stasera» aggiunsi.

«Mio figlio non vuole mai uscire, quando non gli piace la compagnia. Devo ricordarti di quando si finse febbricitante pur di non cenare con tua madre?» esclamò Elena, sarcastica.

«Ok, ok ... comandi tu, padrona» conclusi, baciandola.

«Ecco perché non voglio mai uscire con voi» disse Davide, contrariato.

Imboccai il vialetto del cortile e aprii il cancello di casa. Non mi piaceva lasciare Melissa da sola, però sapevo di potermi fidare di lei: conoscendola, probabilmente si sarebbe messa in pigiama a leggere qualche libro. All'uscita, ad aspettarci c'era la signora Dorotea: era sola.

«Buonasera, signora. Prego, salga pure» le disse mia moglie, lasciandole il sedile anteriore e sedendosi dietro, accanto a Davide.

«E suo nipote ... Giacomo, mi sembra che si chiami ... non sarà dei nostri, stasera?» le chiesi, sperando che il mio tono risultasse neutro.

«Purtroppo ha un forte mal di testa, e ha preferito andare a dormire presto» rispose. «E Melissa? Sta meglio?».

«Sì, grazie. Ha ancora un po' di emicrania ... l'urto deve essere stato forte, dopo la caduta» dichiarai.

Per il resto del viaggio non pronunciai più neanche una parola. In compenso, Elena e la vicina intavolarono una fitta discussione su questo e quel politico, infervorate. In quei trenta o più minuti che ci separavano dal ristorante non potei fare a meno di pensare a quel Giacomo. Non mi aveva fatto molta simpatia già dal primo giorno che l'avevo visto, in piedi sul suo balcone a fissare mia figlia; e adesso erano entrambi soli, a pochi metri di distanza ... ma no, mi dissi, Melissa è una ragazza seria, posso fidarmi ciecamente di lei.

E infatti, era di lui che non mi fidavo.

«Sinceramente, non credo che sia stata una mossa astuta da parte sua, vero, amore?».

Elena si era rivolta a me, riportandomi bruscamente alla realtà.

«No, neanche io, certo» dissi, cercando di non far trasparire che non sapevo neanche di cosa o di chi stesse parlando.

«Non stavi ascoltando, vero?» intuì mia moglie. «Fa sempre così, si dissocia».

«E chi non lo fa» esclamò Dorotea, sospirando.

Voltai l'angolo e mi trovai di fronte il ristorantino designato.

«Puoi lasciarci qui, amore. Noi iniziamo a prenotare il tavolo, tu nel frattempo parcheggia» dispose Elena.

«Agli ordini» risposi, sorridendole.

Fecero per scendere dalla macchina, ma li fermai.

«Aspetta un attimo, Davide. Devo parlarti» dissi, rivolto a mio figlio.

A malincuore, il ragazzo si risistemò sul sedile posteriore.

«Non rimproverarlo per quel cinque in storia, può sempre migliorare, e ha la squadra che lo impegna» si raccomandò mia moglie.

Il mistero della casaWhere stories live. Discover now