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Aiden's P.O.V.


Sbatto la porta con tutta la forza che possiedo in corpo, noncurante dell'eco sordo che si ripercuote per tutto il corridoio. Lascio per la prima volta nella mia vita che la rabbia confluisca tutta all'esterno, infrangendosi su ogni oggetto che mi sia a portata di mano. Afferro la lampada posta sul comodino e la scaravento contro il muro presente di fronte a me; la stessa sorte tocca anche alla piccola sveglia di metallo poggiata lì accanto. Furente scardino i cassetti del piccolo mobile, lanciando successivamente in giro per la stanza ogni singolo oggetto contenuto al suo interno. Con un pugno spezzo in due lo strato di compensato che fungeva da ripostiglio segreto per un coltello di emergenza; afferro il manico e per alcuni secondi mi soffermo ad osservare la lama lucente che riflette i miei occhi iniettati di sangue. Mi getto sul letto con la punta dell'arma da taglio rivolta al materasso, accoltellando ripetutamente lo strato di tessuto; fatico talmente tanto da finire per strappare le lenzuola con le sole mani. Un ringhio di frustrazione lascia le mie labbra prima di tornare a distruggere il materasso con l'adrenalina che spinge i miei muscoli al limite. La mia mente è puro caos, non c'è un pensiero che coincida con quello precedente. Come ha potuto? Una ventata del suo profumo proveniente dal cuscino alla mia destra non fa che scatenare maggiormente la mia ira. Afferro l'oggetto con entrambe le mani e poi inizio a perforarlo con la lama del coltello, lasciando così che le piume d'oca si spargano per tutta la stanza. Come ha potuto tradire la mia fiducia in questo modo? La rabbia alimentata dai miei pensieri mi fa realizzare quanto effettivamente io abbia riposto la mia fiducia in lei, senza volerlo e senza nemmeno rendermene conto. Quella bastarda mi ha ingannato. Il mio braccio scatta in automatico lanciando contro il muro l'arma da taglio, l'impugnatura è tutto ciò che sporge dalla parete in  cartongesso. Il problema è che c'è riuscita perché io gliel'ho permesso! Mi alzo dal letto distrutto ed inizio a sfogare la mia frustrazione sull'armadio; la prima cosa ad essere frantumata è la maniglia, successivamente sono le ante che scardino come se stessi maneggiando del burro fuso. Come cazzo è potuto succedere? I vestiti iniziano a volare sul pavimento uno a uno. La consapevolezza che io continui a pensare a lei nonostante quanto accaduto non fa che peggiorare le cose. Perché non esce dalla mia fottuta testa?! Con le dita mi stringo le tempie nella speranza che il dolore distolga i miei pensieri dal chiodo fisso che ogni secondo che passa non fa altro che piantarsi sempre più in profondità, fino a raggiungere anche i livelli del mio inconscio. Il mio flusso di coscienza non migliora, anzi. Il ricordo dei suoi gemiti di questa notte è ben nitido nella mia mente, così come il modo in cui i suoi occhi roteavano all'indietro per il piacere. Mi maledico per ogni singolo istante che mi sforzo di dimenticare, ma d'altronde la mia rabbia deriva anche da questo: dal compimento del tradimento nonostante i momenti trascorsi fra di noi. La sensazione di tradimento che provo mi incendia le vene di nuova adrenalina, continuando ad alimentarla ad ogni pensiero. Mi lascio ricadere a terra, finendo così seduto sul pavimento con la schiena poggiata al freddo muro che dà sull'esterno. Quel suo sorriso. Quel cazzo di sorriso! Reclino il capo all'indietro godendomi la sensazione di freschezza sulla parte alta della nuca. Il modo in cui i suoi occhi mi guardavano mentre ballavamo a quella fottuta festa. Chiudo gli occhi e sospiro. La sua sfrontatezza nel continuare a rispondermi nonostante la pistola che le puntavo contro. Poi la consapevolezza sopraggiunge nella mia mente. Forse MC faceva bene a sospettare di lei fin dall'inizio. Ora comprendo il motivo per cui ha deciso di farla partecipare al ballo dei Thompson. Le mani tremano ancora per l'ira, ma il mio respiro si sta già regolarizzando. Mi sento proprio un coglione per averle creduto, per averle dato fiducia. Di colpo mi piomba addosso la realtà dei fatti più nuda e cruda che ci sia. Mi è entrata dentro a piccoli passi, in punta di piedi, eppure, nonostante tutto il caos che sta creando qui dentro, non riesce ad andarsene.


Savannah's P.O.V.


Mi massaggio ancora una volta i polsi lividi e doloranti, ora finalmente liberi dalla stretta delle corde che prima mi immobilizzavano. Quella stronza aveva veramente paura che io reagissi in qualche modo, altrimenti non si spiega il perché di una stretta tanto forte sulle corde. Scruto la ragazza dai capelli bianchi di fronte a me e non posso fare a meno di pensare che in fin dei conti non abbia creduto completamente ad Amelie; il suo volto corrucciato ne è la prova più palese. I suoi occhi chiari si guardano intorno con circospezione e, nell'esatto istante in cui la ragazza dai capelli biondi lascia la stanza, si avvicina di scatto al mio orecchio. «Dov'è Kalea?!» I miei occhi si spalancano leggermente per lo stupore. Eris non le ha creduto, non ha ceduto alla sua farsa. Non ho il tempo di rispondere che Amelie si affaccia dallo stipite della porta. Eris si limita a lanciarle un'occhiata di sufficienza dalla testa ai piedi. I miei occhi si incrociano furtivi con quelli della ragazza di fronte a me, dallo sguardo che mi rivolge deduco che abbia capito che c'è qualcosa sotto e che non è tutto oro tutto ciò che luccica. Mi sollevo lentamente sorreggendomi alla parete alle mie spalle. «Mi urge in fretta una seduta al bagno.» mormoro piano iniziando a camminare in direzione della porta. Fingo di massaggiarmi i polsi con due dita, assicurandomi che la ragazza dagli occhi freddi noti il mio gesto. Una volta varcata la soglia accelero notevolmente il passo, infilandomi il più in fretta possibile all'interno della seconda porta del corridoio: la stanza dei serpenti di Eris. La paura di essere scoperta è vivida e vibrante sotto la mia pelle, ma il mio bisogno di rendermi utile è molto più forte. Amelie la deve pagare per quello che ha fatto. Poco dopo la ragazza dai capelli bianchi varca la soglia chiudendosi la porta alle spalle attenta a non fare alcun rumore. «Non credere a niente di tutto ciò che Amelie dice, Kalea si è sacrificata per il bene degli Scorpions.» Come si dice? Parlando del diavolo, spuntano le corna. La chioma bionda del soggetto della nostra conversazione varca la soglia con impeto e sul volto un'aria di sfida e minaccia. «Pensavo dovessi andare al bagno Savannah, questa non mi sembra la toilette.» La ragazza tatuata irrigidisce di colpo la postura, stando però attenta che l'altra ragazza non lo noti. «Che spirito deduttivo! Una cosa che vi accomuna.» L'ironia tagliente di Eris smorza la paura iniziale che si era creata nell'aria e lascia il suo posto a una forte sensazione di fastidio. Stringo le labbra in un'espressione indispettita e inizio a picchiettare le dita sul braccio con fare altezzoso. «Puoi anche fare a meno di essere sempre così inviperita.» mi lamento con voce acuta. «C'ero arrivata anche io che questo non è il bagno, peccato che me ne sono resa conto solo dopo essere entrata nella stanza.» sollevo leggermente le spalle con un filo di indifferenza a ricamarmi la voce. Amelie lascia scorrere lo sguardo su entrambe con estrema lentezza. Ti prego fa che ci creda. Un forte trambusto proveniente dalla sala in cui eravamo prima attira l'attenzione di tutte e tre. Che diamine sta succedendo?


Angolo Autrice

Buona sera fanciulle! Come state? Come promesso oggi ho aggiornato di nuovo! 

Devo confessarvi che dopo questo capitolo, dopo questo Aiden's P.O.V., io sono sotto dieci treni per lui. Vi giuro, è una di quelle poche scene in cui effettivamente ciò che scrivo è proprio ciò a cui stavo pensando; credo che a farmi impazzire in questo modo (in senso positivo ovviamente) sia proprio la sua umanità, il suo conflitto interiore, la rabbia di sapere che ciò che si vuole è ciò che che ci fa stare peggio. Sono consapevole che sia un discorso piuttosto controverso, ma è questo che è l'essere umano: un insieme di emozioni indefinite ed astratte che, nel momento in cui si concretizzano nella realtà, vanno alla ricerca di una definizione, di una logica, solo che l'essere umano è illogico di natura, motivo per cui molte emozioni non trovano mai un nome. O almeno, a me piace pensarla così. Fatemi sapere se la pensate allo stesso modo o se avete una percezione totalmente diversa delle emozioni umane.

A fra due lunedì,

Chiara :)

Need to loveWhere stories live. Discover now