13. Una parola di troppo

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Mi allontano da lui lasciando anche andare la sua giacca. Ha le labbra serrate in una linea dura e le pupille piuttosto dilatate. «Ti conviene andartene Aiden, mia sorella uscirà di casa a momenti per recuperare altri scatoloni, se non vuoi parti sbattere dietro alle sbarre nel giro di pochi secondi, meglio che fai come ti dico.» Mentalmente mi domando perché sto anche cercando di aiutarlo, dopo tutto quello che è successo. «Perché dovrei avere paura di finire dietro le sbarre?» Mi sfida con il tono della voce. «Puoi ascoltarmi per una volta o ti devo per forza mostrare il suo distintivo?» Roteo gli occhi al cielo annoiata. Alla mia affermazione aggrotta le sopracciglia, ma dalla sua espressione deduco che non è spaventato anzi, mi sembra piuttosto tranquillo. Mi rivolge un cenno del capo che presumo che sia un cenno di assenso. Avverto dei passi e velocemente afferro dalla tasca dei pantaloni di Aiden il suo telefono e lui mi guarda confusa. «Kalea, chi è questo ragazzo?» domanda mia sorella sbucando da dietro l'angolo. Le sorrido con naturalezza. «L'ho incontrato ieri in biblioteca mentre ti aspettavo, per sbaglio ho preso il suo telefono credendo che fosse il mio, quando l'ho sentito squillare ho risposto ed era lui, così ci siamo organizzati in modo tale che venisse a riprenderselo.» Continuo a sorridere a mia sorella mentre porgo il telefono al ragazzo di fronte a me. Sophia scruta Aiden dalla testa ai piedi e con riluttanza mi fa un cenno di assenso prima di tornare a sistemare le cose dentro casa. Tiro un sospiro di sollievo mentre il moro ha un sorriso estremamente divertito in volto. Gli sbatto il telefono sul petto con la mano guardandolo male. «Sei fortunato che non ti ha riconosciuto dall'altro giorno in centrale, per fortuna vede così tanti criminali nella sua vita che uno in più o uno in meno non le fanno la differenza.» Roteo gli occhi al cielo quando mi accorgo del suo sorriso che non accenna a lasciargli le labbra. «Ora cosa c'è?» domando esasperata dalla sua presenza. Avrà anche un bel faccino, ma è un vero stronzo. «Potresti almeno ringraziarmi.» «Per cosa?» Solleva la mano con cui stringe il telefono. Per poco non gli scoppio a ridere in faccia ma mi trattengo solo per avere la possibilità di guardarlo seria negli occhi. «Se ho dovuto mentire a mia sorella utilizzando il tuo telefono nel farlo, ti ricordo che è solo colpa tua. Tu hai deciso di avere da qualcuno il mio numero di telefono, per non parlare del tentativo patetico di spaventarmi.» I suoi occhi si assottigliano in due linee dritte e dall'aria dura. Se crede d'incutermi così timore, si sbaglia di grosso. «Ragazzina, tu mi sfidi troppo. Dovresti seriamente darti una calmata.» Mi minaccia senza mai staccare il contatto visivo con i miei occhi. Mi lecco leggermente le labbra prima di rispondergli. «Se no? Che mi fai?» Aiden fa un respiro profondo, le vene del collo si sono gonfiate improvvisamente e la sua mascella si è serrata di scatto. Mi ritrovo nuovamente con le spalle al muro e la sua mano rude a stringermi il collo poco sotto il mento; la presa non è troppo forte da farmi mancare il respiro, deduco quindi che sta unicamente cercando d'imporre la sua persona su di me. Il mio sguardo si fa più freddo e lui sembra notarlo, ma non accenna ad allentare la sua presa su di me. «Levami le mani di dosso, stronzo.» Mi assicuro che ascolti attentamente tutte le parole. La mascella guizza sotto la pelle, segno che l'ho fatto innervosire ancora di più, ma stranamente fa come gli dico e mi lascia andare. «Ho chiesto il tuo numero di telefono a Zack.» Tira fuori dal nulla l'argomento, appoggiandosi con le spalle all'albero dietro di lui. «Non nominarmelo neanche per scherzo, la sua unica fortuna è che non ho intenzione di dovermi preoccupare di un altro morto.» Mi congelo sul posto quando mi rendo conto di aver parlato troppo. «Devo andare.» pronuncio in tutta fretta iniziando a correre via. Aiden mi afferra per il polso fermando la mia corsa. «Un altro morto?» domanda incuriosito. Tiro via la mano liberandomi dalla sua presa. «Fatti gli affari tuoi.» pronuncio automaticamente sulla difensiva forzandomi di correre via. Questa volta non mi segue, lo vedo prendere una strada diversa e sparire dalla mia vista. Tiro un sospiro di sollievo e riprendo a sistemare gli scatoloni. Sono stata così stupida. Mi sento sempre così stupida quando sono vicina a lui. Mi fa sentire vulnerabile, riesce ad abbassare le mie difese in un modo che nemmeno io comprendo e tutto questo mi fa impazzire e mi fa sentire stupida.

***

Mi butto sul letto a peso morto e mi soffermo a osservare al soffitto. Questa casa è così grande e spaziosa, ho quasi paura di perdermici. Un lieve bussare mi fa voltare verso la porta e, appoggiata allo stipite della porta, c'è mia sorella. «Allora, cosa te ne pare della casa?» domanda con un sorriso smagliante stampato in volto. «Penso che sia fantastica, però allo stesso tempo ho paura che sia solo un sogno e che possa dissolversi davanti ai miei occhi.» Il suo sguardo si addolcisce di colpo e in uno slancio viene ad abbracciarmi in una presa che definirei "spacca ossa". Rido sentendola quasi soffocarmi. «Non ti preoccupare di questo, ok? Mi assicurerò che tutto vada sempre per il meglio, tu limitati a fare la spesa ogni tanto.» Continua a ridere mentre si alza dal letto e si dirige con sguardo furbo verso lo stereo posto sopra la mensola. La guardo sorridendo e scuotendo la testa, consapevole di quello che sta per accadere. Subito nella stanza iniziano a diffondersi le note di una canzone dall'aria latina. «Davvero Sophia? "Corazon Sin Cara"?» Scuoto il capo mentre la vedo iniziare a ballare e a cantare. «Y el corazón no tiene cara ,y te prometo que lo nuestro nunca va a terminar, y el amor vive en el alma, ni con deseos sabes que nada de ti va a cambiar.» La sua voce è molto dolce e melodiosa, molto piacevole da ascoltare. Mi ricorda tutte le mattina da mamma quando si metteva a preparare la colazione cantando. Mi godo la bellezza del momento a occhi chiusi. Mi sento tirare di colpo e mi spavento per il gesto brusco di mia sorella. La giovane donna se la ride sotto i baffi per essermi riuscita a spaventare. «Dai, su! Balla questa bachata con me. Non ti vedo ballare da tantissimo.» Mi incita a ballare per farle compagnia. Sorridendo come non facevo da un po' inizio a ballare con lei. La guido nel ballo muovendo lentamente i fianchi stando attenta al ritmo e contando mentalmente i passi. Dopo un po' mi lascio andare completamente limitandomi a seguire la melodia. Sento come se tutte le preoccupazioni e i pensieri lasciassero il mio corpo, riempiendolo delle note della canzone. Mi mancava ballare in effetti, con tutto ciò che è successo non ho nemmeno avuto modo di allenarmi. Penso con tranquillità e spensieratezza. «Mi mancava vederti così rilassata.» confessa mia sorella dal nulla. Sollevo lo sguardo su di lei. «Con la scuola ti sei messa così tanto sotto con lo studio che è come se il mondo esterno fosse scomparso per te. A malapena riuscivamo a cenare insieme.» Stringo le labbra dispiaciuta per le sue parole. Sono consapevole che abbia ragione e per questo mi dispiace tanto, non passiamo mai tanti momenti così insieme. 

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