30. Pentimento

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La penna scivola lentamente sul foglio, tracciando svogliatamente le lettere che voglio imprimere con l'inchiostro sulla carta. Ascolto la professoressa, prendo appunti, ma è tutta finzione; sono persa tra i miei pensieri, questa è la verità. Vorrei poter prendere tutte le mie cose e uscire da quest'aula senza che nessuno mi dica una singola virgola. Tutti i ricordi del giorno prima sono fissi nella mia mente e la cosa peggiore è che non riesco a sentirmi in colpa per aver fatto una cosa del genere. Mi sento così sbagliata a provare come un senso di felicità nel ripensare a quello che ho fatto, cos'ho che non va? Perché l'ho fatto senza nemmeno pensarci un attimo? Perché non riesco a sentirmi in colpa per ciò che ho fatto?

Sollevo lo sguardo dal foglio e mi accorgo di come tutti gli occhi dei presenti siano su di me. Aggrotto la fronte in un'espressione accigliata. «Come posso esservi d'aiuto?» domando nella speranza che qualcuno mi dia una risposta. La professoressa sospira quasi al limite dell'esasperazione. «Diaz ha intenzione di stare attenta alla mia lezione? Penso che sia già la quarta volta che la chiamo.» Mi stringo nelle spalle affossando il collo all'interno della felpa. «Chiedo scusa» mi scuso in totale imbarazzo. Involontariamente mi ritrovo a giocherellare con il laccio della felpa attorcigliandolo convulsamente attorno al dito. «Ti rifaccio la domanda.» Annuisco, veramente dispiaciuta per l'accaduto. «Tu cosa pensi che sia l'amore?» La domanda della professoressa mi lascia spiazzata. Aspetta, ma questa non era l'ora di chimica? Confusa osservo la professoressa e impacciatamente mi rendo conto che lei insegna letteratura e non chimica. Cerco per qualche secondo la risposta nella mia mente, trattenendo allo stesso tempo il respiro. Quando butto fuori l'aria, una consapevolezza si fa largo in me. «Non lo so.» confesso sorprendendo quasi più me stessa che lei. Alcuni miei compagni di classe iniziano a sghignazzare e io mi faccio ancora più piccola nel mio posto. Non c'è nulla da ridere. Come se ognuno di loro avesse in mente un concetto ben preciso d'amore e non solo il concetto fisico di come si fa l'amore. «Prova a spiegare come ti senti quando sei innamorata allora.» Tenta d'incoraggiarmi la professoressa, finendo però per peggiorare solo la situazione. Mi ritrovo ad arrossire e balbettare. «Ecco, io in realtà non ho mai avuto un ragazzo.» ammetto in preda all'imbarazzo più totale. Sembra quasi essere un'umiliazione pubblica piuttosto che la spiegazione di un concetto durante l'orario scolastico. La professoressa spalanca gli occhi e mortificata mi rivolge un piccolo sorriso. «Solo perché non hai mai avuto un ragazzo, non vuol dire che tu non sia mai stata innamorata.» Questa volta è il mio turno di essere profondamente sorpresa. La sua attenzione ora si rivolge a tutta la classe. «Essere innamorati non vuol dire essere in coppia con qualcuno, perché le persone possono stare insieme anche senza amore. Si può essere innamorati di una persona, della vita, del proprio libro preferito, dello sport che si fa, di un ricordo indelebile che è nel nostro cuore. L'amore è in tantissime forme, così svariate che è impossibile dire che l'amore è solo un concetto unico. L'amore è un'emozione, è un concetto astratto ed è difficile esprimerlo fisicamente, anche con delle parole. L'amore è il sentimento più puro che una persona possa provare, quel sentimento incondizionato che sappiamo che è amore ma, che non siamo capaci di dimostrare a parole. Le persone cercano di racchiudere il concetto di amore nell'affermazione "ti amo", ma è solo una chiave che apre milioni di porte diverse. L'amore è quello che un genitore dà al proprio figlio, quello che un cane da al suo padrone, quello che una nonna dà ai suoi nipoti. Perché allora parlare di amore solo quando ci si riferisce a una coppia d'innamorati? Perché è più facile, ecco perché.» Alcuni ragazzi le fanno il verso senza farsi beccare, mentre altri sono completamente disinteressati; io sono con il fiato sospeso. Sono esterrefatta dalla verità delle sue parole.

La campanella suona e gli studenti escono in massa dall'aula. Con calma inizio a sistemare tutte le mie cose nella borsa. Devo ricordarmi di passare dagli armadietti a lasciare i libri. La professoressa si avvicina a me. «Ti chiedo scusa per prima, Kalea, non era mia intenzione metterti in imbarazzo.» dice dispiaciuta per quanto accaduto. Le rivolgo un sorriso apprensivo. «Non si preoccupi, non poteva saperlo.» Continuo a sorridere mentre mi alzo dal banco. La sua mano si posa sulla mia spalla. «Non avere mai paura di amare, lo vedo che ne sei terrorizzata.» Schiudo gli occhi più del solito per le sue parole. «Cosa intende dire professoressa?» domando non afferrando il suo concetto. Mi rivolge un sorriso caldo e delicato, quasi accogliente. «Sono certa che in passato, in una qualunque forma, tu abbia amato, ne sono certa, lo leggo nei tuoi occhi; ma quell'amore ti ha fatto male e ora sei terrorizzata di tornare ad amare. Non precluderti la possibilità di essere felice e di provare un'emozione tanto forte e incontrollata. Non respingere quel sentimento a te sconosciuto, piuttosto abbraccialo.» Mi fa l'occhiolino sorridendo prima di lasciare l'aula.

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