63. Verità dolorose

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Salve a tutti! Innanzitutto vi auguro un Buon Natale un pelo in ritardo. Chiedo scusa per non aver rispettato le tempistiche che vi avevo comunicato su instagram, ho avuto veramente fin troppo da fare e fin troppo poco tempo libero a disposizione. Questo capitolo è leggermente più corto rispetto ai precedenti, vi assicuro però che il contenuto è bello carico e per questo merita uno spazio a sè. Fatta questa premessa...Buona lettura :) (ps. rischio montagne russe emotive)


Scrutando i loro volti bianchi come cenci mi rendo conto di aver colto nel vivo. Mi appoggio con la spalla allo stipite della porta senza smettere mai di alternare lo sguardo fra le due. Sophia fa un passo nella mia direzione afferrandomi il viso con la mano come a voler controllare che io stia bene. Ritira di scatto il braccio nel momento in cui quasi la spingo via da me. «Sei forse ubriaca?» domanda con diffidenza, avvicinandosi nuovamente per sentire l'odore che ho addosso. Si muove rapidamente indietro. «Kalea puzzi da fare schifo!» Il mio volto resta impassibile, quello di mia madre un po' meno. La donna più matura muove alcuni passi incerti nella mia direzione. «Hija mía, hai bevuto?» Il mio cuore tentenna, indeciso se rispondere o meno a quella domanda. Le dico la verità e lascio che creda che sono tornata ai vecchi tempi, o le rispondo di no e provo a mentirle? Il mio attimo di debolezza viene soffocato dall'arroganza di Sophia. «Glielo chiedi anche?! Secondo te, in quale altro modo avrebbe potuto tirare fuori una stronzata del genere?» Stringo le mani in due pugni, molto irritata dalle sue parole. Fisso mia madre negli occhi senza pronunciare una singola sillaba. «Tua sorella ha ragione?» domanda nuovamente, non ottenendo altro che uno sbuffo da parte mia. Di colpo però, i miei nervi si distendono, le mani si rilassano e la mia espressione si fa indifferente. «Ti importerebbe davvero?» Il rancore serbato segretamente per anni inizia a risalire fuori dai meandri più bui della mia anima. Mia madre sembra indignarsi di fronte alla mia insinuazione. «Come fai a credere che non mi importerebbe?!» si mostra offesa, aumentando a dismisura il mio nervosismo. «Dimmelo tu.» la provoco, consapevole del potere delle mie parole. «Questa tua reazione mi offende!» Si porta una mano al petto con fare melodrammatico. Il mio sguardo diventa più freddo del ghiaccio. «Ah sì? Ti offende? Perché mai? - il sarcasmo è palpabile nell'aria - Sai perché penso che non ti importerebbe? Perché hai sempre dimostrato questo nei miei confronti: totale disinteresse. Per te è sempre e solo esistita Sophia e se vuoi, ti dico anche perché.» Prendo fiato, ma non aspetto che lei mi risponda e riprendo velocemente il mio discorso. «Hai preferito lei fin da quando era piccola perché io ti ricordavo troppo i tuoi errori del cazzo!» la mia voce si alza inevitabilmente mentre i miei occhi si fanno lucidi dal dolore che provo. Sophia mi guarda con gli occhi sbarrati per la sorpresa. Mia madre scuote il capo con rabbia, pronta a ribattere per dirmi che anche questa volta ho sbagliato, ma nuovamente non le lascio il tempo di parlare. «Risparmiati la tua versione. Non mi interessa. Tu non mi hai mai ascoltata, e ora non interessa a me di ascoltare te.» «Sei un'ingrata!» si intromette mia sorella alzando la voce. La mia faccia cambia velocemente espressione, mentre nella mia testa c'è un unico pensiero: mi stai prendendo per il culo? Mi avvicino bruscamente a lei, arrivando ad un palmo dal suo naso. «Per cosa dovrei essere grata?! Per essere cresciuta senza un padre?! Per non aver avuto nemmeno un briciolo di affetto da mia madre? Per essere sempre stata la seconda scelta dell'unica persona che invece avrebbe dovuto amarmi incondizionatamente? Dimmelo! Per quale di queste cose dovrei essere grata? Per essere praticamente cresciuta in mezzo ad una strada? Per non essere mai stata ascoltata? Per non aver mai avuto voce in capitolo? No, dico davvero! Per cosa dovrei essere grata? Io non riesco seriamente a capirlo.» Alla fine del discorso sto ormai urlando con la voce rotta, le lacrime che mi scorrono sulle guance a loro volta arrossate per la rabbia e il rancore che provo. Sophia mi guarda con gli occhi sgranati, ammutolita dalla mia improvvisa esplosione emotiva. «Tua sorella ha ragione, sei unicamente un'ingrata.» Nonostante tutto ciò che ho detto, mia madre interviene unicamente per difendere mia sorella maggiore. La frustrazione che provo scalda il mio animo di rabbia. «Va bene, io sarò anche un'ingrata, non mi importa, ma tu sei una bugiarda del cazzo!» La indico con il dito e gli occhi rossi dalle lacrime. La donna si limita ad incrociare le braccia al petto. «Su cosa ti avrei mentito? Sentiamo.» Con la sua affermazione non fa altro che lanciare benzina su un incendio che ormai divampa violento ed incontrollabile. «So che Sebastian non è morto, l'ho visto vivo e vegeto con i miei occhi! Ti dirò di più! Ora che so che è ancora in vita, niente e nessuno potrà fermarmi dal cercarlo, nemmeno tu Camila.» pronuncio con disprezzo il nome di mia madre, non riuscendo nemmeno a riconoscerle il titolo che ha nella mia vita. Mi volto pronta ad andarmene. «Buona fortuna.» afferma Sophia. Mi fermo sui miei stessi passi. La fisso con la rabbia e il disgusto negli occhi. «Perché mai questa affermazione?» Resta in silenzio. «Perché?» insisto muovendo un passo verso di lei. «Il suo cadavere è sepolto piuttosto in profondità.» Il sorriso carico di cattiveria che mi rivolge mi fa stringere i denti dalla rabbia. «Bugiarda.» mormoro con rancore, trattenendomi dall'urlarle di nuovo in faccia. Sophia fa per ribattere e provocarmi ulteriormente, ma mia madre si frappone fisicamente tra di noi zittendola. «Basta! Va bene Kalea, non ha più senso mentire arrivate a questo punto. Hai ragione, Sebastian è ancora vivo.» Il sangue mi si fredda nelle vene, facendomi sbiancare di colpo. Avverto il mondo crollarmi addosso. Quello che per me era sempre stato un sospetto, ora si stava rivelando la cruda realtà. La parte peggiore di tutta la storia è che loro lo avevano sempre saputo, ma non avevano mai neanche provato a dirmelo, mi avevano lasciato credere che lui fosse morto per tutto questo tempo. Vorrei urlare fino a ritrovarmi senza aria nei polmoni; distruggere tutto ciò che mi circonda fino ad avere le nocche rotte; piangere fino a non avere più lacrime da consumare. Resto invece in un profondo silenzio, gli occhi lucidi dalle lacrime che rischiano di scavarmi le guance. La mia espressione si svuota di colpo di qualsiasi emozione. «Perché non me lo avete mai detto?» mormoro piano, delusa profondamente dal loro comportamento. Lascio scorrere in maniera lenta lo sguardo sulle due donne fin troppo simili, sia esteticamente che caratterialmente. «Perché meritavi di essere felice!» pronuncia con stizza la più giovane delle due. A malapena riesco a guardarla in faccia. «Io ero felice!» ribatto con rabbia velata dalla sofferenza. «Tu eri cieca, è diverso.» continua ad insistere Sophia. Spalanco le braccia con incredulità. «Cosa non avrei visto? Sentiamo!» la provoco. «Ti stava trascinando in un mondo fatto di corruzione!» scoppio a ridere di fronte alle sue supposizioni. «Stronzate.» La mia arroganza la fa alterare al punto tale da costringere mia madre a prendere parola al posto suo. «Sappiamo del cadavere che avete dovuto nascondere tu e Sebastian.» la freddezza nella sua voce mi fa venire i brividi. La scruto attentamente, cercando così di cogliere ogni singolo dettaglio. «Come fai a saperlo?» domando mostrandomi indifferente ad ogni emozione. La donna incrocia le braccia al petto con superiorità. «Me l'ha detto un uccellino.» sbuffo infastidita. «Ancora questi giochini per bambini, Mamà?» sollevo un sopracciglio come a chiederle se stia scherzando o meno. «Un uccellino di nome Papi.» la sua specificazione non fa che aumentare il fuoco della collera che mi divampa nel petto. «Lui ha fatto cosa?!» avverto le mani fremere per l'irritazione. «Strano vero? Eppure, per una volta, tuo padre si è degnato di fare la cosa giusta.» per poco non rischio di scoppiarle a ridere in faccia. «Secondo te perché mi sono ritrovata a nascondere un cadavere con mio fratello?» le domando con profonda arroganza. «Fratellastro.» mi corregge Sophia. La fulmino con lo sguardo. «Intanto lui non mi avrebbe mai trattata come invece hai fatto tu.» Le punto contro un dito. «Non so come tu ci sia finita in quella situazione, ma sono felice che ora tu non faccia più parte di quel mondo.» Io e mia madre ci fissiamo intensamente negli occhi, senza mai distogliere lo sguardo. Se solo sapesse quanto la sua affermazione sia invece così lontana dalla realtà. «Te lo dico io come ci sono finita in quel casino: per colpa sua!» esplodo sempre più di rabbia ogni secondo che passa. Non le lascio nemmeno il tempo di ribattere. «Di certo non sono stata io a scegliere di fare dei figli con lui.» L'espressione di mia madre muta di colpo, diventando quella fredda calcolatrice che è sempre stata. «No, infatti, ho fatto io un grosso errore. In particolare la seconda volta.» La sua cattiveria coglie nel segno. Stringo le mani in due pugni. «Avevo sempre sospettato anche questo.» rispondo di conseguenza, senza però mentirle. «Ora, ditemi per quale motivo Sebastian non è mai venuto a cercarmi.» proseguo in maniera ferma. «Non voleva più vederti.» insiste Sophia. «Stronzate. Non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Era pronto a sacrificare tutto pur di sapermi al sicuro.» alla mia stessa affermazione, una piccola lampadina si accende nel mio cervello, mettendo in moto diversi ingranaggi. Alterno lo sguardo fra le due donne. «Tutta la storia del rapimento era una messa in scena...per ricattarlo!» Sbatto con violenza la mano sul tavolo della cucina. «Siete state voi due!» Sophia inizia a sogghignare fra sé e sé. «Buongiorno principessa.» mi deride. Le indico entrambe con l'indice. «In che modo? Perché?» Le domande che mi frullano nella testa in questo preciso istante in realtà sono ben di più. Camila inizia a picchiettare le dita sul tavolo della cucina. «Non ti è tenuto saperlo.» Di fronte alla sua indifferenza il mio cuore inizia a scucire quelle piccole parti che avevano trovato il loro posto grazie alla conoscenza degli Scorpions. «Non mi è tenuto saperlo, o semplicemente non sei in grado di ammettere che l'hai fatto solo per egoismo?» Inizio a giocare al suo stesso gioco fatto di crudeltà e freddezza. «Io l'ho fatto per proteggerti!» Si porta una mano al petto con indignazione. Roteo gli occhi al cielo. «Risparmiati queste mosse, non ci credo minimamente. So che hai sempre odiato Sebastian, come so che ancor di più odiavi il rapporto che c'era fra me e lui. Non hai mai sopportato che il tuo errore più grande fosse a contatto con l'errore più grande della persona che amavi. Vuoi sapere un'altra cosa che so? Sei sempre stata gelosa, sapevi che Lui  ha sempre preferito me a voi due.» Le gote di Sophia si colorano di una dolce sfumatura di ira. «Noi gelose di te?! Tu hai tutto da invidiarci!» Mi scruta dalla testa ai piedi con aria di superiorità. Mi limito ad incrociare le braccia tese sotto al seno. «Ah sì? Cosa esattamente? Il saper dipendere unicamente da un uomo nella vita?» La mia voce è carica di sarcasmo fin troppo pungente. Dall'espressione delle due donne capisco immediatamente di aver colto nel vivo in entrambi i casi. «No grazie, passo. Essere sfruttata, manipolata, presa in giro e delusa da un uomo non è ciò che cerco nella mia vita. Di questo posso esservi grata: mi avete fatto capire come non ho mai intenzione di diventare.» Mia madre mi scruta con attenzione. «In realtà, sei nella nostra stessa situazione. Sebastian ti ha presa in giro per tutto questo tempo, e non ha fatto assolutamente niente per cambiare le cose. Dici che avrebbe messo a rischio la sua stessa vita per salvarti, eppure mi chiedo perché a questo punto non abbia mai provato a cercarti. Perché adesso non è qui? Hai detto di averlo visto con i tuoi stessi occhi, quindi deduco che anche lui abbia visto te...ma lui dov'è ora? Non mi sembra di vederlo con noi in questa stanza. - Si guarda attorno con perfidia. - Tu lo vedi Sophia?» Mia sorella le fa cenno di no con la testa, avvalorando la sua tesi maligna. Stringo i denti cercando di non far vedere quanto il mio cuore stia sanguinando in questo momento. Non pronuncio parola, mantenendo il mento alto e lo sguardo fisso negli occhi di mia madre. «Non ha esitato neanche per un secondo quando gli abbiamo detto di andarsene e lasciarti nel suo passato. Non ha nemmeno provato a contraddirci con una singola parola. Abbiamo messo in scena tutto, la festa, le macchine, il rapimento.» Ogni parola della donna di fronte a me è una stilettata nel petto. «Anche l'incidente nelle favelas?» domando, speranzosa che non notino il debole tremore della mia voce. «No, quello non era previsto, ma ammetto che ci è stato tanto d'aiuto. Almeno nel caso tu fossi venuta al funerale avremmo avuto una scusa plausibile del perché non avessimo il corpo, d'altronde chi mai avrebbe trovato nulla fra tutte quelle macerie. Fortuna vuole che non ti sei nemmeno degnata di presenziare alla cerimonia, e questo non ha fatto che rendere il tutto ancora più semplice.» La sua glacialità mi tormenta e fa esplodere di rabbia ogni singola terminazione nervosa del mio corpo. Vorrei strapparle di bocca la lingua, nella speranza che così non sia più in grado di sputare un tale veleno. I suoi occhi verdi, fin troppo simili ai miei, non fanno altro che criticarmi silenziosamente. Scoppio a ridere dalla disperazione. «Cosa sei venuta a fare qui?» le domando con le braccia spalancate. «Sophia mi aveva avvertita della possibilità che tu e Sebastian vi incontraste.» Dallo sguardo che mia sorella maggiore le rivolge comprendo che mia madre si è lasciata sfuggire qualcosa che sarebbe dovuto rimanere solo fra loro due. «Cosa?» Le mie orecchie sono ovattate dalla rabbia cieca che mi monta dentro. «Lei cosa potrebbe mai saperne?» domando con aria sospettosa. Sophia pare titubante, ma in fine decide di sbattermi la verità in faccia come il peggiore degli schiaffi esistenti. «Io e Sebastian ci siamo sempre tenuti in contatto affinché tu e lui non vi incontraste mai.» Il mondo mi crolla addosso. «Voi cosa?!» La collera inizia ad annebbiarmi la mente. Le mani iniziano a tremare dalla tensione che trattengo nei pugni chiusi. «Era per il tuo bene!» spiega con finta innocenza cercando di togliersi di dosso una colpa che in realtà è unicamente sua e di mia madre. «Lui era il mio bene!» urlo in risposta a squarciagola, finendo per tirare un pugno alla credenza di vetro alla mia destra senza essere in grado di mantenere il controllo. Il dolore mi fa pulsare la pelle, ma non abbastanza da riuscire ad alleviare ciò che sento all'altezza del cuore. «Lui mi ha aiutata quando voi giravate la faccia dall'altra parte!» continuo ad urlare, iniziando poi a lanciare a terra i bicchieri di cristallo presenti sulle varie mensole. Le due donne fanno un salto indietro quando rischio di colpire loro i piedi con i frammenti taglienti. «Kalea! Devi calmarti!» mi rimprovera mia madre con tono autoritario. «Rischi di farci male!» prosegue Sophia. Mi fermo con il vaso di cristallo a mezz'aria. «Farvi male? Quando voi facevate male a me chi vi fermava? Nessuno!» Lascio che l'oggetto si infranga contro la parete alle loro spalle dopo averlo lanciato con tutta la rabbia che ancora ho in corpo. I loro piccoli urli spaventati non fanno che darmi soddisfazione, a tal punto da spingermi a continuare. Devo frantumare ogni cosa, così come loro hanno frantumato ogni singolo pezzo del mio cuore. Sophia prova a farsi avanti e togliermi di mano il fiore di vetro che fungeva da centro tavola del servizio. Prima che possa fare un ulteriore passo avanti stacco la testa del fiore e mi punto lo stelo tagliente alla gola. «Non fare un altro passo avanti.» La minaccio mentre la parte tagliente del vetro mi punge la pelle delicata e fa scorrere alcune gocce di sangue fino alla scollatura. «Fallo. Tanto so che sei troppo codarda per riuscirci.» mi istiga mia madre, incrociando le braccia al petto. «Istigala di nuovo e puoi dire addio alla figlia prediletta.» L'urlo strozzato di mia sorella viene sovrastato dalla voce risoluta e minacciosa di Eris. Il mio sguardo saetta sulla ragazza dai capelli bianchi comparsa dal nulla nel mio salotto. In un pugno stringe i capelli di mia sorella esponendole il collo, mentre con l'altra mano le punta un coltello da cucina alla giugulare. La donna che mi ha partorito la osserva con occhi totalmente sbigottiti. «Tu chi saresti?!» il suo tono è pura incredulità. Eris ammicca un sorriso malizioso. «Il tuo peggior incubo.» le risponde facendole l'occhiolino, senza però mollare mai la presa su Sophia. Camila prova a fare un passo verso di lei, la ragazza però si lecca le labbra in maniera provocatoria facendole segno di no con la testa. La lama inizia a tagliare leggermente la superficie tesa del collo di mia sorella maggiore; il sangue le cola in rivoli fino ad essere assorbito dalla maglietta bianca che indossa e che velocemente si tinge di cremisi. «Io ora la lascio andare, ma Kalea viene con me. E voi non fate assolutamente domande, ne chiamate la polizia. Chiaro?» Nessuna delle due risponde. «Chiaro?» insiste Eris, aumentando la pressione sulla lama. Camila annuisce velocemente e Sophia mugugna un sì con aria soffocata. La ragazza dai capelli bianchi mi fa segno di uscire dalla porta di casa e così lascio ricadere a terra lo stelo di vetro del fiore e faccio come mi dice. Una volta fuori anche lei mi raggiunge richiudendosi la porta alle spalle. Cammina fino alla fine del vialetto raggiungendo la sua moto nera opaca. «Non so se ringraziarti o chiederti cosa tu ci facessi in casa mia.» confesso guardandola con occhi curiosi. «Per ora non dire nulla. Mettiti questo.» Mi passa un casco dello stesso colore della moto mentre lei ne indossa un altro identico. La vedo montare in sella e, senza farmi troppe domande, l'assecondo salendo esattamente dietro di lei. In lontananza si inizia ad avvertire il suono di alcune sirene. La sento sorridere dentro il casco. Con la mano destra inizia a dare gas e a sgasare sul vialetto di casa mia. Prima di abbassare la visiera del casco, pronuncia solo due parole: «Tieniti forte.»

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