Capitolo 7

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Sono passati un paio di giorni dalla cena a casa mia, Simone ha ancora la febbre e l'ho portato a fare una visita ma pensano che sia un'influenza presa a scuola, tra bambini è normale.
Ciro quella sera è arrivato dieci minuti dopo la mia chiamata, ha portato dei fiori per me e un regalo al piccolo, sembra davvero intenzionato a recuperare questi anni ma io sono ancora un po' poco convinta.
Inoltre ho operato la direttrice, l'operazione fortunatamente è andata bene e lei ora sta benissimo, tra qualche giorno la dimettiamo e potrà tornare a dirigere l'IPM.

Dato che devo lavorare ho lasciato Simone con Rosa e Carmela, hanno portato anche Ciruzzo e Futura così stanno tutti insieme.
Mentre sto esaminando un caso sento il telefono squillare così rispondo.

Io: Pronto?
R.R: Margherita ti prego corri, Simone è svenuto e non sappiamo cosa fare!

Attacco senza nemmeno rispondere e corro a casa mia senza dare spiegazioni a nessuno, non è il momento di perdere tempo.

Io:"Ragazze cos'è successo?" Chiedo subito allarmata.
Carmela:"Non lo sappiamo Marghe, stava giocando tranquillamente ma ad un certo punto, dal nulla, è svenuto! Ti abbiamo chiamato subito." Annuisco grata e subito carico Simone in macchina andando in ospedale, con le mie amiche al seguito.
Appena arriviamo in ospedale i medici lo mettono su una barella e poi non me lo fanno più vedere, non importa se sono un medico, in questa situazione sono solo la madre di un paziente.
Mi accascio a terra piangendo disperata, non so cosa sta succedendo là dentro e non poterlo sapere mi distrugge ulteriormente.

Le ragazze cercano di consolarmi ma in questo momento ho bisogno di una sola persona, l'unica persona di cui ho sempre bisogno quando mi succede qualcosa, così lo chiamo sperando risponda.

C.R: Margherita? Dimmi
Io: Ciro per favore, vieni in ospedale, nostro figlio sta male.

Lui nemmeno mi risponde ma lo sento prendere le chiavi e uscire di casa, successivamente chiude la chiamata.
Rosa e Carmela mi guardano orgogliose, finalmente ho confessato a Ciro che Simone è nostro figlio.

Dopo circa una decina di minuti il pronto soccorso si riempie dei nostri amici, non vedo Ciro finché non vedo Gianni cadere come un pesce lesso e così capisco che come al solito non sanno stare senza fare danni.
Mi alzo e gli vado incontro.
Io:"Perdonami Ciro, sono stata una stronza, perdonami!" Piango disperata non solo per il mio bambino ma perché forse per la prima volta mi rendo conto che gli ho privato di viversi suo figlio.
C.R:"Va tutto bene, abbiamo un sacco di anni avanti a noi, recupererò gli anni persi, non ti preoccupare. Non vi lascio più Margherita, mai più."
Annuisco debolmente e mi stringo sempre di più tra le sue braccia.

Non ci si libera facilmente di uno come lui. Lui era un'ossessione, era adrenalina, era il bene e il male. La luna e il sole, era la gioia e la tristezza, era la mia quiete e la mia agitazione. Era ciò che mi procurava caldo e freddo insieme. Era un tipo di quelli che non li capisci subito eppure dopo un po', se aveva qualcosa che non andava, me ne accorgevo immediatamente. Lo imparai a conoscere e c'era sempre qualcosa da scoprire. Era un po' come un libro. Magari tutti si limitano a guardare la copertina ma lui no, lui si doveva leggere e io dopo qualche tempo avevo imparato a leggerlo. Aveva una corazza, voleva sembrare tanto forte ma in realtà era fragile e insicuro. Quando lo vedevo piangere quelle poche volte, era davvero successo qualcosa di grave e a posargli le mani sulle guance, mi sembrava la creatura più indifesa del mondo. Era bello, bello da morire o come gli ho sempre detto io, era bello da vivere. L'ho aiutato, mi ha aiutato, gli ho sorriso, mi ha sorriso, gli ho tenuto la mano e lui mi ha teso la sua. Mi ha amato e l'ho amato anche io, tanto. E ci amiamo ancora, ci aiutiamo, ci teniamo la mano, ci guardiamo ogni volta come se fosse la prima, ci sorridiamo, ci urliamo contro e poi facciamo l'amore ancora. Perché non ci si libera facilmente di uno come lui, ed io probabilmente non me ne vorrò mai liberare. Forse vi sembrerà assurdo, ma ci sono alcune persone che si perdono e poi non fanno altro che vivere per ritrovarsi, per innamorarsi ancora l’uno dell’altro. Succede, sai? A volte l’abitudine, a volte il tempo. A volte la paura, l’orgoglio, il passato. A volte i soldi, a volte i sogni.  Succede, semplicemente, che ci si perda. Non avresti mai voluto, ma succede. Vai in giro e pensi che ti passerà, che è stato meglio così. Esci con gli amici, esci con altre persone, mangi troppo, mangi troppo poco, poi decidi che è il momento di rimettersi in forma. Così ti iscrivi in palestra, inizi a correre, oppure semplicemente inizi a prenderti cura della tua mente: leggi di più, ascolti buona musica e di notte dormi. E’ fantastico, quando rinasci. Solo che ci sono alcune persone che, pur rinascendo, si sentono ancora attratte da quello che avevano prima. Ricominciano, stanno bene, ma continuano a vagare come anime in pena cercando chi gli aveva cambiato la vita, i pensieri, i modi di fare e di sentire. Dicono che tutto sommato sia semplice, basta un po’ di tempo, un po’ di birra, qualche amico, qualche svago. Tutto sommato sì, ma ci sono persone che sentono di aver perso qualcosa che non si ritrova in nessun bar del centro, in nessuna discoteca, durante nessun viaggio all’estero, durante nessuna pausa pranzo, a nessun compleanno o matrimonio. Ci sono persone che non riescono a smettere di pensarsi nonostante gli anni, i baci, altri occhi, altre braccia, altri odori, altre passioni, nonostante la vita continui e tutto passi. Tornano lì, tornano a prendersi per mano, stanno lontani per potersi amare di nuovo, un po’ meglio. Cercano di diventare migliori per poter tornare indietro, e non lo ammetteranno mai, ma ogni volta che vanno a tagliarsi i capelli pensano “gli piacerò?” e ogni volta che si comprano una maglietta nuova pensano “le piacerebbe?” e ogni piccolo cambiamento che introducono nella loro vita non è un modo per allontanarsi, è un modo per ritornare ed è questo quello che ci è successo, ci siamo allontanati solo per amarci di più.

Dopo un'ora che a me è sembrata un'eternità, esce un'infermiera.
Io:"Mi dica, sono la madre." Stringo forte la mano di Ciro, ma ciò che esce dalla bocca dell'infermiera mi fa morire sul posto.

Infermiera:"Mi dispiace signora, il piccolo non ce l'ha fatta, ha avuto una leucemia fulminante."

Le forme dell'amore 2/Ciro RicciWhere stories live. Discover now