VII

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Capitolo 7

La settimana dopo, io ed Aslan decidemmo di andare al mare.
Portammo con noi delle tovaglie che gentilmente ci aveva dato Angelina.
Era tardo pomeriggio quindi il sole stava già andando via inondando il cielo di colori, arancione e rosso, perfetti.
Dopo esserci distesi, uno accanto all'altro, Aslan mi chiese com'era vivere da solo in un posto come l'orfanotrofio.
Allora decisi di dire qualcosa. 

"Samuel era andato via da circa una settimana, forse meno, ma sembrava fossero passati mesi, le mie giornate erano tristi e deprimenti, dopo le lezioni, passate ad essere insultato dai ragazzi più grandi, andavo al corso di pittura, l'insegnante non si presentava quasi mai, quindi ci mandano a lavare i piatti.
Così ho iniziato a riflettere su come andare via, ma credevo potessero scoprirmi.
Uscire di notte, dal seminterrato, era la mia idea migliore. 
Una volta mi avevano fatto trasportare delle bottiglie lì sotto, avevo intravisto una porta, poteva condurre ad un' uscita esterna.
Ho deciso di oppormi alle suore, per far sì che mi mandassero sotto a prendere qualcosa di pesante da trasportare, per scorciare la porta,è stato un fiasco, mi hanno solo punito, ovviamente.
Poi Simone e tutti i suoi 'amici' di solito cercavano di mettermi nei casini oppure volevano fare a botte, ma essendo solo, perdevo. 
Pensa che una volta, dopo avermi fatto cadere dalle scale, mi misero in punizione perché credevano avessi fatto a botte con qualcuno, vedendomi col sangue che usciva dal naso…beh si, me lo sarei aspettato anche io da uno come me." 

Poi sentimmo qualcuno.
Un ragazzo dai capelli biondi ma dalla ricrescita nera percorreva la spiaggia con un cartone di vino in mano, mentre cantava qualcosa di incomprensibile.
Cadde a terra.
Mi avvicinai a lui, vedendolo immobile, con la faccia immersa nella sabbia.
"Tutto ok?" 
"Da!" Rispose dopo poco.
Lo sollevai.
Mi toccò i capelli e li scompigliò.
"Tu non venire qui spesso!" 
"Io e lui siamo qui da ieri" 
"Capire! Va bene! I tornare casa." 
Lo lasciai andare.
Barcollante.
Cadde di nuovo ma subito si rialzò.
Aslan, alle mie spalle, rideva.
"Vuoi lasciarlo andare così?" 

Lo accompagnammo a casa, si rivelò nostro vicino.
Viveva in una casa di piccole dimensioni,  un pò sporca  ma accogliente. 
"Vivi da solo?" 
"Forse, mio padre andare via, 2 settimana fa." 
"Da dove vieni?" Chiese Aslan.
"Russo." 
"Senti…ti va se ti stendi un pò?" 
"Da!Grazie mille…" 
"Ares." Mi presentai. 
"Io sono Iuri." 
Un pò senza parole e un pò incuriosito mi guardai attorno.
Aveva la nostra età, aveva compiuto 16 anni qualche giorno prima, vi era un biglietto sul tavolo -Auguri Iuri. +16- 

"Andiamo?" Parlò Aslan. 
"Non voglio lasciarlo solo." 
"Non lo conosciamo" 
"Andiamo." 
"Vai da solo." 
Allora mi lasciò solo.
Rimasi con Iuri, seduto sul pavimento, accanto il divano, in cui lui stava già dormendo.
Decisi di aiutarlo ulteriormente.
Mi faceva pena.
Senza qualcuno con cui stare e abbandonato a se stesso.
Così rimasi con lui un altro pò.
Poi decisi di andare via, gli lasciai un biglietto, con il numero civico di casa "mia", potevamo fargli compagnia, se mai fosse venuto.

Mi incamminai per tornare a casa.
Aslan mi saltò addosso e mi fece cadere a terra.
Teneva una sigaretta tra le labbra.
La cenere volava lontana da noi mentre lui, proprio su di me, mi prendeva in giro.
"Ti sei cagato addosso eh?" 
"Coglione" mugugnai.
"Cosa?" Mi chiese lui.
"Ripeti."
Lo spinsi per cercare di rimettermi in piedi ma mi serrò i polsi e li fermò contro il suolo sabbioso.
"Coglione a chi?" Rise ancora cercando di non fare rumore.
"Tu, grandissimo pezzo di merda." 
"Ti sei spaventato, dillo." 
"Ma sta zitto." Cercai nuovamente di muovermi ma per la seconda volta mi tenne fermo. 
"Dillo."
Inspirò un pò di fumo dalla sigaretta.

"Va bene, si, mi sono spaventato, d'accordo?" 
Si alzò lasciandomi andare e mi aiutò a sollevarmi da terra, con una sola mano, quella libera dalla sigaretta già consumata.
Poi mi guardò un attimo, mi scompigliò i capelli e andò via di corsa.
"A chi arriva prima." Urlò, convinto di vincere.

Il giorno dopo, Iuri, si presentò davanti casa.
Riccardo e Angelina, lo conoscevano, infatti lo invitarono per fare colazione insieme.
Con un sorriso sul volto  e pieno di energia, dopo colazione, si offrì di portarci in un posto.

Si mise a ballare per strada.
Io ed Aslan ci guardammo in faccia, poi Iuri mi tirò per il braccio e mi invitò a ballare con lui.

Arrivammo davanti la sponda di un laghetto, lo attraversammo grazie ad un tronco.
Poi arrivammo a destinazione.
Sotto un salice piangente vi erano delle rocce e dei tronchi mozzati, ancora fissati al terreno grazie alle radici.
Al centro vi erano delle pietre in cerchio, probabilmente disposte così per accendere un fuoco.

Dopo esserci sistemati per bene, mi concentrai non più sull'accento di Iuri o ai capelli di Aslan, sempre scombinati, ma al momento  perfetto, il canto delle rondini nelle orecchie, il profumo degli alberi e della natura nelle narici, la soffice erba sotto il corpo, il sole sul volto e lo spettacolare sapore ancora in bocca del frutto mangiato la stessa mattina.  Non  mi sarei mai immaginato di vivere un momento così bello e genuino, anche se con un ragazzo appena conosciuto. 

Dopo tutti quegli anni passati all'orfanotrofio, avevo perso quasi le speranze, invece, ciò che sembrava essere sfiga si rivelò fortuna. 

Passammo tutta la mattina lì, poi Iuri decise di andare a casa, convinto che suo padre sarebbe tornato per pranzo.
Io ed Aslan restammo soli, decisi di alzarmi e andare verso il laghetto.
Toccai l'acqua con la mano, per sentire quanto fredda fosse.
Si rivelò ghiacciata.
Poi una mano mi toccò la spalla e mi ritrovai bagnato fradicio, proprio sotto gli occhi di Aslan.
"Vaffanculo!" Urlai.
"Sta calmo Ares…ora entro anche io." 
Alla fine entrambi restammo in acqua per un bel po ', fino a quando non sentii troppo freddo e decisi di uscire e stendermi al sole.
Lui fece lo stesso.

Quando tornammo a casa, ancora con i vestiti umidi, ci cambiammo e cercammo di aiutare Riccardo a cucinare ciò che lui chiamava "la mia specialità" però ci fece fare solo le cose secondarie, come apparecchiare. 
Angelina, invece, sedeva in giardino, occupata ad abbronzarsi. 
Quando finalmente il pranzo fu pronto pensai a Iuri, solo, a casa, senza suo padre probabilmente. 
"Che avete fatto questa mattina?" Chiese Riccardo.
"Niente di chè, abbiamo fatto un giro con Iuri." 
"Il padre lo ha abbandonato, crede che lui torni, invece, non si sa nulla di lui." Spiegò Angelina con calma mentre infilzava le foglie di lattuga con la forchetta. 
"Certe volte lo invitiamo qui, ma spesso rifiuta." 
"Prima è andato via, ha detto che doveva prepare da mangiare per suo padre."  

Dopo pranzo decisi di andare in giardino, da solo, per esplorare i dintorni, cosa che ancora non ero riuscito a fare.
Mi ritrovai immerso tra gli alberi. 
Ero andato oltre, un po ' troppo.
Davanti a me vi era il mare, forse il lato opposto da dove io ed Aslan avevamo incontrato Iuri. 
Dovetti scendere con prudenza la piccola montagnola di terra che divideva me ed il mare.
Mi guardai attorno e mi assicurai che non ci fosse nessuno.
Mi tolsi la camicia ed i pantaloni,  li poggia su una pietra.
E mi tuffai.
Non appena tornai a galla, mi asciugai la faccia con la mano e continuai a guardare ciò che mi circondava.
L'immenso e sconosciuto mare.
Mi presi un attimo di pace, solo per me, seguito dal dolce rumore delle onde e dal profumo di estate.
Guardai il cielo, azzurro e privo di nuvole.

Poi sentii un rumore lontano.
Aslan, immobile tra gli alberi, mi stava guardando.
Anche lui scese dalla piccola montagnola e si avvicinò a me.
"Perché sei qui?" 
"Angelina mi ha chiesto di cercarti." 
"Non è vero." Azzardai io.
"Ti ho visto andare via, quindi ho pensato di venire con te" 
Avevo fatto centro, ne ero felice, perché aveva deciso di venire con me, forse perché aveva bisogno di me, forse perché, così come me anche lui provava qualcosa. 

Dal momento in cui si era proposto di scappare dell'orfanotrofio con me, qualcosa aveva iniziato ad attirarmi, forse il suo carisma, la sua voglia di andare via ed essere libero, le sue passioni, il modo in cui la sera abbraccia il cuscino, il suo volto che la notte traspira un'intima bellezza che solo chi è al suo fianco può vedere, il modo in cui si prendeva cura di me, il modo in cui mi abbracciava e la delicatezza che ha usato per sfiorare le mie cicatrici.

Inconsciamente mi era sempre interessato, ma la nostra fuga, i problemi fuori e dentro l'orfanotrofio, Samuel e la mia nuova vita, mi hanno solo e sempre distratto. 

Solo quando capii che Aslan mi avrebbe seguito dappertutto, decisi di ammettere a me stesso che qualcosa per lui, effettivamente,  la provavo.

SimbiosiWhere stories live. Discover now