VI

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Capitolo 6

Dopo la lunga doccia, mi avvolsi una tovaglia attorno alla vita, sicuro che nessuno, se non Aslan, mi avrebbe visto.
Avevamo un bagno in camera, solo per noi, ma non era questo ciò che più mi attirava ma l'amore che forse, Angelina e Riccardo mi avrebbero dato.
Ripensando a mio padre però…non lo avrei mai sostituito con nessuno, nessuno avrebbe preso il suo posto.
Sento ancora la sua mano sulla mia testa mentre mi accarezza i capelli, il calore del suo corpo durante le giornate uggiose, che mi riscalda in un abbraccio, la sua voce, calma, che risuona nelle mie orecchie mentre mi consola e mi tranquillizza dopo un forte tuono.
Avere una nuova famiglia era uno dei miei sogni, ma tornare a quando ero un piccolo e spensierato bambino, era ciò che desideravo più di qualunque e qualsiasi altra cosa.

Non appena uscii dal bagno prese il mio posto Aslan.
Lasciò la porta socchiusa.
Come se mi stesse invitando ad entrare.
Involontariamente il mio occhio cadde proprio sullo spiraglio. 
Vidi le sue spalle, già abbronzate, larghe e possenti; riflesso nello specchio vidi una piccola parte del suo volto.
La mascella ben serrata e le labbra carnose.
Poi tolse l'asciugamano che da prima teneva sulla vita, lasciandolo cadere a terra.
Spalancai gli occhi e mi girai dall'altra parte, terribilmente a disagio per ciò che avevo visto. 

Mi vestii tranquillamente sapendo che Aslan era impegnato a fare altro e quindi non mi avrebbe visto. 
Misi una maglia a maniche corte, poi vidi le cicatrici e mi tirai indietro, mettendo una camicia azzurra. 
Feci dei risvolti nelle maniche, fino a dove non vi erano tracce delle cicatrici. 
Indossai dei pantaloncini scuri e le mie solite ed amate converse
Aslan uscì dal bagno e mi sorrise un attimo, poi anche lui si vestì, chiuso, questa volta bene, in bagno.

Andammo al piano di sotto, sistemati e profumati.
"Siete pronti ragazzi? Andiamo a mangiare fuori e mentre facciamo un giro…portiamo anche Sprite?" 
"Sprite?"chiesi io.
"Il cane." Mi diede una gomitata Aslan, poi si mise a ridere.

Alla fine Aslan tornò in camera e noi lo aspettammo, impazienti di uscire. 
Io, poggiato con la schiena contro il muro e con le braccia conserte pensai a cosa dire per interrompere il silenzio ma fortunatamente parlò prima Angelina, che mi chiese se preferivo il mare o la montagna.
Risposi "Il mare, amo davvero tanto il mare, credo che sia una delle cose che preferisco." 
"Ti va se domani ti mostro che strada fare per arrivarci più velocemente, a piedi?" 
Annuì e finalmente arrivò Aslan.
Allegro e carico saltò più gradini tutti in una volta. 
Andammo di nuovo in macchina.
Accompagnati da Sprite, seduto al nostro fianco, pronto a sporgersi fuori dal finestrino per sentire l'aria dritta in faccia.
Aslan sedeva accanto a me, vidi la sua testa inclinarsi all'indietro,  poggiandosi al sedile.
Vederlo così tranquillo, quasi mi preoccupava, perché quando finalmente anche lui riusciva a trovare un pò di pace, subito dopo succede qualcosa.

Passammo una serata tranquilla, Sprite si era già abituato alla nostra presenza, Angelina e Riccardo invece erano, non solo una coppia perfetta ma, anche due persone buone di cuore.
Eravamo andati a mangiare in un ristorante, non troppo elegante e con dei piatti buonissimi.

Quando arrivammo al locale, i camerieri salutarono Angelina come se la conoscessero da tempo, probabilmente andavano spesso a mangiare lì.
Io ed Aslan ci sedemmo vicini, io di fronte Riccardo e lui di fronte Angelina.
Parlammo del più e del meno, della nostra vita all'orfanotrofio,  anche se tralasciammo la parte brutta e triste.
Sprite sedeva sotto il tavolo ed ogni tanto mi dava la zampa, in cerca di cibo, tentai di dargli del pane ma me lo vietarono.
Non appena arrivammo al dolce, anche se sazi ci fecero provare dei dessert al cioccolato e all'arancia. 
Ovviamente li amai tutti.
Tornammo a casa molto tardi, (avevamo fatto una passeggiata per i vicoli di Lecce) tornai in camera, accompagnato da Aslan, che subito si gettò sul letto e in pochi istanti si addormentò. 

Io, diversamente da lui, decisi di mettere qualcosa di più comodo per dormire.

Non appena mi sdraiai sul letto un biglietto cadde a terra.
Lo presi.
"Ora mi conosci un pò meglio? Hai visto abbastanza?" 
Spalancai gli occhi e lo guardai, sperando non mi stesse guardando. 

Deglutii silenziosamente e mi misi a letto per poi sussurrare "cazzo!" 
Mi sentii in imbarazzo, un pò troppo, eccessivamente. 
Avevo visto troppo, forse però, persino lui voleva che io vedessi.
Perché lasciare la porta del bagno socchiusa? 
Non pareva essere così disattento o sbadato.
Ne avevo di domande, ma a nessuna di queste potevo rispondere. 
Quando lo vedevo fumare specialmente, mi chiedevo, come le sue labbra potevano poggiarsi su di me e lentamente consumarmi, così come una sigaretta, forse dopo mi avrebbe buttato via, ma almeno avrei risposto ad una delle mie domande.

La mattina seguente mi svegliai con un raggio di sole dritto in faccia, ma lui non c'era.
Andai al piano di sotto e trovai solo Angelina e Riccardo, impegnati a cucinare qualcosa di buono per la colazione.
Con voce rauca dissi "Buongiorno,  sapete dov'è Aslan?" 
"È fuori, si è offerto di raccogliere il melograno." 
"Torno subito." 
Mi sentivo a mio agio lì, come se effettivamente ci vivessi  da un bel pò, l'ambiente era accogliente, però per me era comunque difficile aprirmi con loro, per quanto bravi e premurosi fossero. 
Cercai di orientarmi nel grande giardino della casa, ombreggiato da alberi alti e ben curati.
Quando finalmente lo trovai lo vidi applicarsi nel raccogliere i grandi frutti. 
Gli toccai la spalle ma lui non si girò.
"Buongiorno." 
Mugugnò mentre osservava e sfiorava il frutto tra le sue mani.
"Buongiorno, senti.. riguardo quel biglietto." 
"Ci pensi ancora?" Rise girandosi verso di me.
 "Ne parliamo più tardi." 
Prese tutti i frutti raccolti, ne diede qualcuno a me e tornammo a casa.
Mi faceva aspettare e rosicare.
Avevo in mente di fargli sapere che non avevo guardato maliziosamente dallo spiraglio della porta.
Le sue continue risate ed il suo sguardo rivolto sempre verso di me, mi fecero pensare che forse, mi stava quasi prendendo in giro, non solo per quello che avevo fatto ma anche per il mio modo di affrontare la situazione.

Dopo la colazione a base di frutta, latte, pane tostato e marmellata, Angelina mi fece vedere la strada per arrivare al mare.
Dopo neppure 5 minuti arrivammo in riva al mare. 
Mi guardò soddisfatta per poi chiedere "Perchè ami il mare?" 

"Mio padre mi portava al mare durante l'estate e mi ripeteva -non sai mai cosa ti aspetta, è profondo, pieno di vita e imprevedibile, come te-" 
"Mi ricorda papà, credo che adesso lui non sia tra le stelle ma tra i coralli, pronto a scoprire tutto ciò che riguarda il mare, pronto a scoprire me…" 

Aspettai con ansia la sera per poter parlare con Aslan che quasi per tutto il giorno aveva riposato in camera. 
Alle 9 di sera, dopo aver cenato e aver aiutato Angelina e Riccardo a pulire e sparecchiare la tavola, andai al piano di sopra.
Mi feci una doccia fredda e non appena uscii dal bagno, con solo dei pantaloncini, trovai Aslan sdraiato comodamente sul letto, con una sigaretta spenta tra le labbra.
Vi era una porta in camera, che dava sul balcone.
Aslan si alzò dal letto, illuminato dalla luce della luna, con un accendino in mano, con una maglietta bianca addosso e dei box.
Lo guardai allontanarsi, per poi aprire la porta ed uscire in balcone. 
Un filo d'aria mi travolse, mi venne la pelle d'oca, così decisi di vestirmi di fretta. 
Misi una maglia, una delle tante che mi aveva messo a disposizione Angelina. 
Si mise a fumare la sua sigaretta.
"Ti conosco già da prima." Dissi rompendo il silenzio.
"Mi conoscevi anche prima?" Domandò lui.
"Si, assolutamente." 
"Se solo sapessi tutto…meglio conoscere questo che ciò che sono veramente."
"Lo hai fatto apposta?" Si girò verso di me e corrugò la fronte.
"A tenere la porta socchiusa, sapevi che ti avrei visto." 
"Buonanotte." Mugugnò lasciandomi la sua sigaretta in mano.

Si gettò sul letto e dopo poco parlò di nuovo "Ti prendo in giro, non mi importa cosa hai visto." 
Chissà quante ragazze avevano toccato Aslan e avevano già visto ciò che avevo visto io.
Dopo quelle parole capii che probabilmente era abituato a mostrare se stesso agli altri e così anche a me.
Finalmente però avevo avuto una risposta.
A lui non fregava un cazzo, né se avevo guardato né se non lo avevo fatto.

SimbiosiWhere stories live. Discover now