III

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Capitolo 3

Avevamo passato la serata tutti insieme intorno ad un falò, poi fortunatamente si mise a piovere e tutti entrarono dentro tranne noi.
Sotto la pioggia, con i vestiti ed i capelli bagnati io ed Aslan ci guardammo negli occhi e senza dire nulla riuscimmo a leggerci nel pensiero.
Ci venne la stessa idea.
Scavalcare il muro. 
Quale momento migliore di questo? 
Forse era un'idea di merda, si stava rivelando un'idea pessima, ma la paura e l'adrenalina mi portarono a fare il meglio pur di scappare.
Stavo aspettando quel momento da così tanto.
Avevo sempre avuto la risposta davanti agli occhi, ogni giorno, quando guardavo dalla finestra, i miei occhi cadevano proprio sul muro che circondava l'istituto e pensavo, pensavo a come andarmene, non sapendo che da lì a poco ce l'avrei fatta con uno dei metodi più scontati.
Se fossi stato solo però, probabilmente non ce l'avrei fatta, il muro era alto quasi due metri, insomma, non ci sarei riuscito.

Non appena i miei piedi toccarono il suolo, bagnato e ricoperto di foglie, dalla mia bocca uscirono due piccole parole che però mi fecero realizzare cosa effettivamente stesse accadendo in quel momento: "Porca puttana."
Risi, iniziai a saltare e a gesticolare verso Aslan.
L'angolo delle sue labbra si era sollevato.
Sembrava stesse osservando il figlio, felice di aver ricevuto il cagnolino che da tempo chiedeva.

"Sì, sì, ora andiamo" era preoccupato, ma cercava di nasconderlo con un tono gioioso e spensierato
Mi tirò con sé ed entrambi iniziammo a correre, sotto gli alberi, tra le foglie bagnate. 

Felice e libero, così come avevo sempre desiderato.
L'umidità anche se fastidiosa divenne l'ultimo dei miei pensieri.
L'aria fresca dritta sulla faccia e tra i capelli.
E dopo molto tempo, mi sentii realmente e finalmente felice. 

Ci trovammo davanti una grande strada, poche macchine passarono e nessuna di esse ci aiutò.
Iniziai a riflettere.
Dove saremmo andati? Samuel.
Samuel mi avrebbe aiutato, o almeno, questo era ciò che aveva scritto nel biglietto.
Il prima possibile lo avrei chiamato. 
Poi una macchina rallentò.
Un vecchio dalla barba grigia ci disse di salire.
Aslan salì davanti invece io mi accomodai dietro, un piccolo cane bianco mi leccò la faccia.

Vi erano dei sedili in pelle, scuri e sporchi, lattine di birra vuote sotto i sedili, polvere e peli ovunque.
Ma non gli diedi molta attenzione.
Mi scapparono un sorriso ed un sospiro di sollievo, ma non mi ero del tutto liberato dalla paura di essere trovato.
L'uomo, ancora con le mani ben serrate sul volante e lo sguardo fisso sull'asfalto non mi rassicurò molto. 
Un silenzio imbarazzante crollò tra di noi.
Il vecchio aprì il finestrino.

tic tic, pioveva, sempre più forte, l'acqua stava già invadendo l' auto, le gocce cadevano ininterrottamente sul vetro, i tergicristalli però lasciavano che la strada fosse ben visibile.
La voce rauca dell'uomo mi fece sobbalzare.
“Dove andate?”
Mi guardò dritto negli occhi attraverso lo specchietto. 
“Non lo sappiamo. ” dissi per poi cercare di alleggerire l'aria con una risatina.
“Vi piacerebbe essere miei amici? Dante è davvero solo, con due ragazzi come voi potrebbe divertirsi, riderete e giocherete." 
Pensavo si riferisse al cane poi capii, parlava di se stesso, Dante era il suo nome. 
Dallo specchietto vidi il volto di Aslan, impassibile e tranquillo infatti
con disinvoltura rispose.

“Ci servirebbe davvero un posto in cui andare…un posto caldo, ma soprattutto un nuovo amico, siamo soli da un bel pò.” 
“uhhhh” il vecchio dai capelli lunghi e bianchi trapanò i miei timpani con uno strano e stridente ululato.
Corrugai le sopracciglia, quasi mi venne da ridere nel vedere quell'uomo così anziano ululare.

Il cane continuò a leccarmi la mano e poco dopo si fece accarezzare.
Sulla piccola targhetta che portava al collo vi era scritto con grandi lettere il nome "Camillo" che , mugugnai vicino al suo piccolo muso.

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