Capitolo XII: piccola stella

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Lakeview, Oregon

"Nonna ti aiuto io a salire le scale, appoggiati a me" le dissi apprensiva.

Era un po' di tempo che aveva bisogno di aggrapparsi al corrimano quando saliva o scendeva le scale, o che cercava qualsiasi tipo di appiglio mentre camminava per la casa.

"Grazie tesoro, ma ce la faccio" mi rispose porgendomi un braccio così che la sostenessi.

Arrivammo in casa a fatica, una volta richiusa la porta principale guardai mia nonna, la donna che mi aveva cresciuta. Ma non somigliava affatto a quell'immagine energica dei miei ricordi, questa era una versione più spenta, più sbiadita.

"Nonna devi fare qualche visita, andare dal dottore. Sapranno come aiutarti"

"Karina non ti preoccupare, me la cavo. Hai fame? Ho fatto la torta al cioccolato" disse con il suo solito sorriso capace di sciogliere anche il ghiaccio. Quando mi guardava così mi rassicurava, quindi non potei fare altro che sorriderle e gustarmi la sua deliziosa torta al cioccolato. Starà bene, pensai.


Una lacrima bagna la foto di nonna Mary che tengo sul comodino, accanto al letto. Con il pollice tiro via la lacrima e continuo a carezzare dolcemente la cornice di legno della foto. Vorrei che fosse qui, mi manca così tanto. Ma non so se sarebbe fiera della persona che sono diventata, sempre in fuga da un posto all'altro, senza mettere mai radici. Una fuga continua, dal mondo e da me stessa e dal mio senso di colpa. Non sarebbe felice a sapere che ho abbandonato la corsa, quella che una volta era la mia passione. Che adesso tiro avanti facendo lavoretti occasionali senza mai ottenere nulla di concreto.

Scusa

Mentre annego nei rimpianti guardo la tazza di the fumante davanti ai miei occhi e intanto si è già fatto tardi. Oggi è una giornata intensa, devo anche andare da Olivia e Noah oltre a tutto il lavoro che ho normalmente. Ma credo che mi farà bene andare da loro, farmi tirare su il morale dagli occhioni nocciola di Noah e dal tono divertente di Olivia.

*

Suono il campanello a casa di Olivia e lei mi accoglie bella come al solito e con il sorriso. Mi apre la porta e mi fa cenno di entrare con la mano. Non capisco come faccia a essere sempre così sorridente in qualsiasi momento della giornata.

"Ciao Karina, Noah è di là che ti aspetta, non vede l'ora di fare matematica, ma che gli hai fatto?" domanda con tono divertito scrollando lievemente la testa.

"Guarda Karina sono pronto!" grida Noah impaziente, seduto al tavolo con il quaderno di matematica aperto davanti.

"Lo vedo, iniziamo subito" gli sorrido timida.

Dopo trenta minuti, quando la lezione di matematica è ben avviata e Noah è impegnato a contare con le dita, sua madre si siede silenziosa di fianco a me. Mi sorride con fare complice e mi fissa, come per aspettare che io parli.

"Che c'è?" chiedo piano per non disturbare Noah.

"Non mi hai più parlato del tuo collega super figo" dice maliziosa alzando le sopracciglia.

"Perché non c'è niente da dire, siamo colleghi e basta"

"Certo, tutti i colleghi e basta si guardano in quel modo in cui fate voi"

Come ci guardiamo? Fino a ieri sera eravamo convinti che ognuno odiasse l'altro.

"Guarda Karina mi è venuto giusto" mi chiama Noah strattonandomi dolcemente per il braccio.

Guardo i numeri sul suo foglio e dico fiera: "Bravissimo, vedi che ci sei riuscito da solo! Ora prova a risolvere questo problema"

Mi volto verso Olivia con sguardo ansioso e dico: "A proposito di problemi, c'è n'è uno bello grosso: domani sera devo andare al Grand Canyon con Leo"

Tra la Neve e le StelleWhere stories live. Discover now