Live by the Sword, die by the Sword

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Capitolo XXVIII:

Live by the Sword, die by the sword – Vivi di spada, muori di spada

Località sconosciuta, ore 11.40

Dovevano essere passati almeno due giorni da quando Mreal si era svegliata in quella stanza, eppure, non aveva ancora visto anima viva che non fosse la giovane ragazzina che di tanto in tanto le portava del cibo. Indossava una tunica chiara smanicata, non alzava mai gli occhi per guardarla, né tantomeno parlava o rispondeva alle sue domande, tanto che Mreal aveva ben presto rinunciato a porne.

Non riusciva a capire dove fosse.

Non si trattava di una cella di sicuro; a differenza dei suoi precedenti "alloggi" al complesso Bonharm quella in cui si trovava ora era una camera accogliente, finemente addobbata e con tutti i comfort che avrebbe faticato ad associare a un luogo di prigionia se non fosse stato per il fatto che dal suo lato della porta di uscita non c'erano maniglie e che era del tutto priva di finestre. Non appena aveva ripreso conoscenza, aveva persino timidamente sperato di essersi risvegliata in un luogo amico, che magari qualcuno fosse infine venuta a salvarla e che quella prigionia logorante fosse giunta al termine e il suo destino fosse mutato. Ma le ci era voluto poco per realizzare che a essere cambiata era solo la tipologia della sua cella e, presto avrebbe appreso, del suo carceriere. D'altronde, lei conosceva bene la politica della resistenza a riguardo e sarebbe stato sciocco aspettarsi diversamente.

Eppure, nonostante la sua condizione, non riusciva a evitare di domandarsi che fine potesse aver fatto Seth, che cosa gli fosse successo dopo l'incidente di quella notte. Ma soprattutto, cosa diamine era accaduto davvero quella sera?

Forse il congegno che stavano utilizzando era andato in cortocircuito, probabilmente era quella la cosa più plausibile. Ma Mreal non poteva far a meno di pensare a quanto fosse stato bizzarro quello che aveva provato quando, nella proiezione mnemonica, la sorellina di Seth l'aveva guardata, ammesso che non fosse già abbastanza strano che un ricordo avesse interagito con lei. Qualcosa si era agitato nel suo petto, un sussulto, un bisbiglio. Un calore bruciante l'aveva investita e lei aveva perso per un attimo coscienza di sé come se quello sguardo l'avesse staccata dal suo corpo e proiettata in una dimensione superiore facendole percepire la connessione con qualcosa che ora non comprendeva, ma che al momento le era sembrato certo e inequivocabile. Non ricordava di aver mai provato niente di simile, a eccezione della sera in cui era svenuta all'Erebiade, ovviamente. Ma se quell'episodio aveva cercato di dimenticarlo e metterlo da parte in un angolino della sua mente, questo sarebbe stato impossibile da ignorare.

Quando poi era tornata in lei quella sera, erano entrambi ormai già fuori dalla simulazione e Seth era piazzato davanti al suo corpo a farle scudo dalla cerchia di bianchi che avevano fatto irruzione nella stanza. Era a malapena riuscita a chiamare il suo nome e a incrociare lo sguardo dispiaciuto del sergente prima che le guardie lo silenziassero con un dispositivo afonico e lo portassero via davanti ai suoi occhi. Avrebbe dovuto essere lei quella dispiaciuta, era sicura che in un modo o in un altro fosse stata colpa sua che il macchinario fosse andato distrutto facendo attivare l'allarme, ma non aveva avuto neanche l'occasione di chiedergli scusa per come erano andate le cose.

Mreal cominciò a fare avanti e indietro per la piccola stanza come un animale in gabbia, tormentandosi le mani.

Si erano davvero sbarazzati di lui? Si chiese, lo stomaco che le si contorceva dalla disperazione.

Se lei non era ancora morta forse c'era una possibilità che avessero risparmiato anche il sergente, ma l'idea che potessero aver deciso di farlo e di cancellargli di nuovo la memoria la ferì almeno quanto il sapere che fosse stato ucciso. Avrebbe dimenticato di nuovo tutto, la sua identità, il suo passato, sua sorella e avrebbe dimenticato anche lei, quello che avevano affrontato insieme.

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