Rattlesnake

48 6 14
                                    

Capitolo XXI:

Rattlesnake – Serpente a sonagli

Una secchiata di acqua gelida la colpì in viso e Mreal si svegliò di soprassalto inspirando a pieno aria nei polmoni. Immediatamente, le sue narici furono inondante da un odore acre che si insinuò su per la sua gola lasciandovi un sapore metallico tanto insopportabile quanto inconfondibile.

Sangue. Stantio, secco, rappreso, marcescente.

La sferzata fu così intensa che, quando con sforzo aprì gli occhi e fu abbagliata dal bianco abbacinante di quella stanza immacolata, ebbe un momento di disorientamento. Quell'ambiente spoglio, arredato solo da un tavolo e una sedia, sembrava essere pulito ai limiti del paranoico; la pareti grigio chiaro lucide e senza una macchia, la grata metallica del canale di scolo che si trovava sul pavimento, al centro della sala, così lucida da riflettere il bagliore della luce sul soffitto. Eppure, nonostante l'aspetto, quella puzza era penetrante, insistente e Mreal realizzò con un brivido che la quantità di sangue che era stata versata in quella sala doveva essere tale che i detergenti che erano stati utilizzati non erano bastati a coprire il tanfo di morte.

La paura cominciò a farle pompare più velocemente il sangue nelle vene e il suo corpo si risvegliò lentamente, insieme alla consapevolezza del dolore lancinante ai polsi martoriati per i quali era tenuta appesa al soffitto con delle catene. Aveva capito subito dove si trovava e la cosa non l'aveva di certo sorpresa. Nel momento stesso in cui le guardie sul treno l'avevano messa alle strette, aveva realizzato che l'avrebbero portata nel complesso Bonharm e che, probabilmente, in quel buco dimenticato dal mondo ci sarebbe morta. Cercò di mettere a fuoco quello che la circondava e solo in quel momento si rese conto che, sullo sfondo chiaro della sala, si stagliava una figura, così pallida e scolorita da esserle sfuggita in una prima istanza, così come era perfettamente mimetizzata su quei colori sbiaditi. Divisa bianca delle USC, occhi celeste opaco, capelli biondo cenere; il comandante Sthal era impossibile da confondere.

Non appena si rese conto che lei lo aveva riconosciuto, le labbra anemiche dell'uomo si incrinarono in un sorriso che fece rizzare tutti i peli del corpo di Mreal.

«Così, tu devi essere la figlia di Katrina Donesten. Pare che il comandante abbia preferito mandare la sua stessa figlia a morire, piuttosto che venire di persona.»

Come conosceva la sua identità? Cosa gliene dava la certezza? Chiunque gli avesse dato le informazioni sul colpo gli aveva suggerito anche chi ne avrebbe preso parte?

Sua madre faceva parte dei Grandi Ricercati dei Roots, le poche personalità della resistenza che erano note al Governo e che davano quindi un volto ai terroristi che minacciavano lo Stato. Tra questi vi erano anche Ryker, Marcus Agens, Sartor e pochi altri membri, motivo per cui i suddetti personaggi non potevano intervenire di persona nelle faccende della capitale ma erano costretti a tirare le fila nascosti tra le mura dell'Antro. Ora Mreal era appena entrata a far parte di quella lista di persone ma dubitava che sarebbe sopravvissuta abbastanza a lungo perché la cosa potesse rappresentare un problema.

«Saltiamo tutta questa parte e facciamola finita Sthal. È solo un inutile perdita di tempo.»

Cercò di sembrare impavida ma in realtà tutto dentro di lei fremeva di terrore e, quando il comandante si mosse in avanti per scostarle il ciuffo incrostato di sudore e del sangue che era scaturito dal taglio sulla fronte che le avevano procurato quando l'avevano tramortita, lei si ritrasse d'istinto, come si fa dinanzi a un serpente a sonagli.

L'uomo completò quel gesto con una lentezza e una delicatezza fuori luogo, temporeggiando nel contatto con la sua pelle per qualche secondo di troppo, pienamente consapevole e compiaciuto dell'effetto che la sua sola presenza aveva sulle persone.

Rizomata - RisonanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora