«Capisco la rabbia, Julius, ma questo non è il luogo per attaccar briga» sentì dire da Suzu in quello che probabilmente doveva essere un discorso privato, visto il tentativo di non farsi sentire: «persino la nostra ospite è-» si interruppe, dubbioso.
Katarina svoltò a destra, compiacendosi mentre seguiva le indicazioni date loro dall'agente strizzato nella divisa. Attese qualche secondo sperando di sentire il resto della frase, ma non udendo altro s'intromise: «Oh, ditelo pure, Whiteman! Amo i complimenti» fece una mezza piroetta, mettendosi così a camminare all'indietro. Il suo sguardo e il sorriso beffardo si puntarono in direzione dei colleghi, mentre gli occhi dei poliziotti si posavano con più tensione sulle loro figure. Li stavano osservando, studiando. Erano consci di non poterli aggredire in alcun modo fintanto che se ne stavano buoni a parlare tra di loro - e Miss Bahun si beò del fatto che la sua indifferenza suscitasse in quel branco di altezzosi tanto fastidio. Peccato che né Suzu né Julius riuscissero a levarsi di dosso quella sensazione di disagio; gliela si poteva vedere in viso, nel modo in cui scrutavano i dintorni.
«Non ve ne stavo rivolgendo, stavolta.»
Lei piegò il capo da un lato, lasciando che le poche ciocche sfuggite alla crocchia le solleticassero le guance: «Giurerei il contrario...» tese maggiormente gli angoli della bocca.

Il Maestro delle Polveri da sparo scrollò la testa, tentando di nascondere la lieve luce di divertimento nello sguardo.
«Pensatela come volete, Miss, ma non vi darò tale soddisfazione.» Le sue parole però suonarono come una conferma alle orecchie di lei che, con un'altra mezza piroetta, tornò a camminare correttamente. Le scale difronte ai loro nasi si facevano pian piano più vicine, così come la sensazione che presto si sarebbero liberati di tutti gli sguardi torvi degli agenti lì intorno.
Nel suo avanzare Katarina notò come ovunque vi fossero fogli appesi alle bacheche sulle pareti: annunci di animali e persone scomparse, articoli che lodavano l'operato di Scotland Yard, avvisi di eventi a cui sarebbe servita la presenza di qualche squadra per tenere controllata la zona. Era difficile distinguerli, solo i titoli potevano dare un'idea di cosa fosse scritto su quei pezzi di giornale. Ad intervalli regolari scrivanie di mogano spezzavano la monotonia del corridoio, accogliendo i sederi di uomini più o meno giovani - e ciò che subito le saltò all'attenzione fu l'assenza quasi assoluta di donne. Ce n'erano poche e quelle presenti non sembravano lavorar lì.

Un vero peccato, pensò. Dopo l'incontro con Sylvia quella mattina e la tensione procuratale dalla Zână il giorno prima avrebbe davvero voluto concedersi qualcosa con cui distrarsi - perché tutti quei gendarmi gonfi di cibo e vino scadente, per non parlare del proprio ego, le stavano facendo venire male agli occhi. Più li guardava, più l'idea di chiudersi nell'obitorio diventava allettante. Fu un sollievo poggiare le dita sul corrimano della rampa di scale che li avrebbe portati nel seminterrato.
Katarina fece i gradini a passo svelto e nonostante non fosse necessario sollevò l'orlo della gonna per evitare d'inciamparvi. Contò ogni falcata fino a raggiungere la porta su cui svettava, incisa su una targhetta, la scritta "Morgue" e a quel punto, sentendo una sorta di formicolio alle mani, appoggiò il palmo guantato sul legno pallido. Il grigio tenue con cui l'avevano dipinta ricordava l'incarnato smunto dei cadaveri, mentre la finestrella che permetteva di sbirciare all'interno era posizionata talmente in alto da far sorgere il dubbio che avesse una qualche utilità. Nemmeno spingendosi sulle punte Miss Bahun fu in grado di vedere cosa l'attendesse.

«Sembrate una bimba fuori da una pasticceria» Suzu si fermò a pochi passi da lei, le braccia conserte e un'evidente curiosità nello sguardo. Tutta la tensione accumulata dal momento in cui erano scesi dalla carrozza sembrava essersi dissolta, lasciando posto a un divertimento che le fece storcere il naso. Il tacco dei suoi stivaletti tornò quindi a toccare terra e con una scrollata di capo gli rispose: «Sono solo bramosa di progredire con le indagini, Whiteman. Voi no?» 
L'uomo si sporse appena, provando a sbirciare a sua volta: «Sì» sibilò, «un po' meno di mettere piede lì dentro.» La sua espressione si fece cupa, gli occhi calarono sul pavimento. Katarina avrebbe quasi voluto provare le sue medesime emozioni, capire lo struggimento che dovevano provare quei due entrando in un obitorio dove dovevano trovarsi anche i corpi di quelli che erano stati loro compagni. Le sarebbe davvero piaciuto, ma l'unica cosa che riuscì a provare fu noia mista a fastidio. Forse erano stati loro amici, un tempo, ma ora erano solo cadaveri utili alla risoluzione della missione che la Santa Sede le aveva affidato.

Miss Bahun: caccia ai vampiriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora