62. The Mix Cd

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"Vuoi guidare tu?"

Non rispondo neanche. Mi limito a lanciare a Mike un'occhiata di fuoco.

Lui tossisce, imbarazzato, e si affretta a rimettere in tasca le chiavi che mi stava porgendo.

"Potremmo anche prendere il treno, sai?" butta lì, come niente fosse.

"Smettila"

"Di fare cosa?"

"Questo" sbotto, senza neanche guardarlo. "Non trattarmi come un bambino"

"Non ti tratto come un bambino"

"Come una bomba ad orologeria, allora"

Sospira, facendo dondolare le mani nelle tasche del cappotto.

L'aria è fredda intorno a noi, le strade ancora pressoché deserte.

Non ho salutato gli altri.

Non avrei potuto. Sarebbe stato come dire addio.

Mi sono alzato più volte, durante la notte. Con la stupida scusa di andare in bagno, li ho guardati dormire e ho cercato di scacciare quella stupida sensazione di nostalgia che mi assaliva e che continua a tormentarmi.

Li ho guardati dormire, tutti e tre stretti nello stesso letto.

Phineas schiacciato tra gli altri. Ovviamente. È l'unico che accetterebbe la scomodità del dormire al centro. Forse lo preferisce.

L'ultimo saluto è stato il più doloroso.

I capelli di Shiva gli oscuravano il viso, liberi dall'elastico con cui tenta pazientemente di domarli ogni singola notte, senza successo. Qualche ciocca era arrivata sulla guancia di Phineas, senza che questi ne sembrasse infastidito.

Ho tentato di non guardare Churchill. Ci sono quasi riuscito.

I miei occhi lo hanno sfiorato a malapena, e quasi con dolore. Ma questo non mi ha impedito di sentirmi stupidamente grato nel vederlo dormire con il corpo rivolto verso la porta, grato di poter scorgere il suo viso nel buio.

Non la ha avuta vinta sulle tende, stavolta. Tutto era ancora buio.

Ma Phineas aveva una mano gettata nella sua direzione, attentamente posata tra le sue scapole, e mi sono ritrovato a chiedermi, come sempre quando si tratta di Phin, se il gesto fosse frutto di un movimento casuale o di un'esplicita volontà di conforto.

Il viso di Churchill addolcito dal sonno, in un saluto involontario quanto prezioso, è l'ultima cosa che ho visto prima di chiudermi la porta alle spalle.

"Siamo rimasti in piedi per tutta la notte, Paul" tenta Mike, per l'ennesima volta. "È solo che non so se me la sento di mettermi alla guida"

"Lo stai facendo ancora" gli faccio notare, secco.

La nostra nottata è stata effettivamente difficile. Ore e ore passate a piangere (Mike), a gridare (io) e a stringerci disperatamente. Molte accuse e altrettante richieste di perdono. Poi, come quando eravamo bambini, ci eravamo addormentati abbracciati.

Ma è chiaro che non è il sonno, il suo problema.

"La smetto" promette, infatti. "Solo, dimmi se ti serve una pausa. Ok?"

"Ok" acconsento.

"So che ti chiedo uno sforzo, Paulie" commenta poi, lasciando roteare l'anello del portachiavi attorno all'indice. "Ma potresti non essere un cazzo di dito in culo per l'intera durata del viaggio?"

"Dipende" concedo, pacifico. "Dove cazzo hai parcheggiato? A Londra?"

Sorride, con un certo orgoglio, e punta le chiavi verso la strada. Un rumore di sblocco e mi balza davanti, a braccia aperte e fastidiosamente tronfio, con gli occhi che brillano.

𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonWhere stories live. Discover now