50. The Pool Party

408 42 168
                                    

Churchill mi sfila il libro dalle dita, gocce d'acqua che dai suoi capelli vanno a costellare le pagine.

"Non toccarlo, sei tutto bagnato" sbotto, fulminandolo con lo sguardo.

"E tu sei noioso" mi rimbecca, gettando il libro su una sdraio vicina. "Siamo qui per divertirci"

"Ci stiamo divertendo" sottolineo, "Guardali"

Shiva e Phineas stanno giocando ad affogarsi a vicenda, felici come bambini, e le loro imprecazioni riempiono l'intera stanza.

Shiva, nonostante i capelli fradici che gli coprono gli occhi, tenta di difendersi dagli attacchi, con l'altro ben avvinghiato intorno alle spalle e ben deciso a spingerlo a fondo.

"Noi ci stiamo divertendo" mi corregge Churchill, sorridendo alla vista. "Tu, tesoro, stai rovinando la nostra giornata"

Siede sul bordo della sdraio, nello spazio lasciato libero dalle mie gambe, e mi infila in mano uno dei cocktail che abbiamo ordinato.

Non ha del tutto torto, credo, ma non mi va di spogliarmi davanti a loro.

La maglietta che Shiva ha comprato a ognuno di noi mi fascia ancora il petto, candida e perfettamente asciutta.

Il mio corpo non è un problema, solitamente, non sempre.

Non quando evito di pensarci troppo.

Non quando Jane vi avvolge intorno le sue gambe, nella luce soffusa della camera da letto, ad esempio. L'idea di fondermi con un'altra persona mi nobilita, mi dona nuove vesti.

A volte mi sento un ingrato.

Guardo il mio corpo e mi dico che dovrei amarlo di più, che dovrei essere meno severo.

Funziona a dovere, mi permette di passare un braccio intorno alle spalle di Phineas e di ridere con forza alle battute di Shiva. Mi permette di esplorare il mondo sulle mie gambe, di percepire il calore del sole e il freddo della sera.

Sa sperimentare il piacere e il dolore in egual modo, gustare a fondo il sapore dei suoi piatti preferiti e reagire alle malattie e alle ferite.

Le mie dita preservano l'abilità di chiudersi attorno ai fili d'erba e i miei occhi sono sempre pronti a ingabbiare nuova bellezza.

Il mio cervello funziona instancabilmente, lavora per tenere a mente i versi dei poeti di cui lo cibo, e la mia bocca ha presto imparato a baciare e a tendersi in un sorriso.

Dovrei essere grato.

Ma, a volte, quando mi spoglio di fronte allo specchio, quel corpo sembra non appartenermi più.

Lo guardo, lo sfioro con le dita. E non so cosa sto toccando.

Non sono io, questo.

È una marionetta in cui qualcuno ha iniettato la mia coscienza, un mio sogno delirante, una prigione da cui è impossibile liberarsi.

Ragionamenti del genere vanno oltre la semplice estetica: non mi interessa che i miei occhi siano grandi, o i miei lineamenti piacevoli.

Non importa che questo involucro sia bello.

Importa che sia mio, e il mio corpo è quanto di più estraneo io conosca.

"Non mi piace andare in piscina" mi giustifico, semplicemente, perché questi sono pensieri che non dovrebbero essere condivisi. "Hai idea di quanta gente ci piscia dentro?"

"Sei deliziosa, Harriet"

Sorrido, con la cannuccia ancora tra i denti.

"Solo la verità" rimarco, accompagnando le parole a un lungo sorso. "Ora, vuoi ridarmi il mio libro?"

𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonWhere stories live. Discover now