29. The Drunk Calling

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Non so come appaia la situazione agli occhi altrui.

Probabilmente qualcuno (più di qualcuno) mi starà invidiando, vedendomi seduto al tavolo con questa ragazza bellissima e chiaramente al di sopra della mia portata.

Qualcun altro starà notando il mio sguardo vuoto e indicibilmente distante, forse, ritenendomi un pazzo nelle migliori delle ipotesi, un fottuto ingrato in quelle più tiepide.

Molti di più staranno invece credendo ai sorrisi finti che mi sforzo di mettere su ogni tanto, fingendo di seguire il discorso che Jane ha iniziato e che, per quanto mi riguarda, potrebbe riguardare l'università così come il rinoceronte bianco.

Non so come appaia agli occhi altrui. Ma, ai miei, questa serata è un gigantesco, immenso, imbarazzante fallimento.

Faccio oscillare le due dita di liquido rimaste nel boccale, sovrappensiero.

Sono alla settima o ottava birra, a giudicare dall'offuscamento della mia vista e dai forti capogiri, ma annuisco comunque al cameriere che mi chiede se ne desideri un'altra.

Churchill ha iniziato a guardarmi male a partire dalla terza, ma non osa richiamarmi di fronte alle ragazze.

È un comportamento da amico, questo: non vuole rovinare le mie possibilità con la bella Jane Asher, che nonostante il mio mutismo e la mia espressione annoiata continua a cercare di intrattenermi.

Tenere la bocca occupata col bere mi dà una buona scusa per non prendere parte alla conversazione, senza tuttavia farmi sembrare del tutto fuori posto.

Era un trucco che ad Oxford funzionava sempre, e se non era una birra, allora era una sigaretta: i miei migliori alleati nel fingere di essere parte di qualcosa.

"Scusate" biascico, alzandomi in piedi a fatica, "Devo assentarmi per un attimo"

Cyn fa scattare gli occhi su di me.

"Stai bene?"

La domanda mi strappa una smorfia infastidita, che cerco subito di stemperare con una risata.

"Dio, Cyn. Devo solo pisciare" la rassicuro, ma il mio tono è più tagliente del solito, quasi derisorio.

Lei non insiste, ma rivolge a Churchill uno sguardo eloquente, quella sorta di muto "Dagli un'occhiata, per favore" che detestavo persino in mia madre, figuriamoci su una tizia che conosco da due fottuti mesi.

Così rivolgo un vago gesto di congedo ai presenti, e prendo la strada verso il bagno prima di poter iniziare a inveire contro entrambi.

Ci impiego circa trenta secondi a capire che forse è il caso di provare a spingere la maniglia, invece che continuare a tirarla con insistenza.

Trenta secondi e il richiamo di un cameriere divertito, per la precisione.

Sbottonarmi i pantaloni si rivela più difficile del previsto, e le pareti del bagno così strette che continuo a sbattervi contro mentre cerco di tenermi in piedi.

Sono praticamente certo che a fine serata qualcuno mi detesterà, lavando via da terra l'urina che non riesco a far entrare nella tazza. Ma, fanculo, se proprio non volete che pisci su tutto il vostro maledetto pavimento, allora forse dovreste smetterla di servirmi la maledetta birra.

𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonWhere stories live. Discover now