57. The Safe Haven

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"Vattene"

Shiva sembra essersi bloccato, come un disco rotto, su quest'unica parola.

"No, dobbiamo parlare" ripeto anch'io, per l'ennesima volta, tentando di mantenere la calma.

Lo rincorro da una parte all'altra del corridoio, senza lasciarmi scoraggiare dal suo tono e dai suoi ridicoli tentativi di seminarmi.

L'impresa è resa particolarmente complessa dalle infinite e pericolanti colonne di libri che ci circondano in ogni direzione, e che devo stare attento a schivare.

"Non tutti-"

"Hanno sempre e comunque voglia di parlare con me" completo, secco. È una storia che conosco già. "Ma ora noi parleremo, che tu ne abbia voglia o no"

I suoi occhi si assottigliano, la respirazione si fa più veloce: la rabbia di Shiva è discreta quanto lui, e altrettanto incisiva.

"Non c'è niente di cui parlare"

Lo afferro dal braccio prima che possa sfilarmi di fianco.

"Basta, Shiva" sbotto, infastidito a mia volta. "Ti stai comportando come un bambino"

"Io?" ribatte, con una piccola risata canzonatoria. "Dio, non prenderò lezioni di maturità da uno che di fronte al primo inconveniente decide di lasciare la città"

È un colpo maledettamente basso, questo. Del tutto non necessario.

"Cosa vuoi, esattamente?" chiedo, esasperato. La rabbia inizia a crescermi dentro come una colonna di fuoco. "Vuoi che ne parli con gli altri? Diciamolo, allora. Metterò dei fottuti manifesti, se è quello che desideri. Parla, Shiva. Che cazzo è che vuoi?"

"Levami le mani di dosso, Cass" sbotta, lottando per liberarsi dalla mia presa. "Non devi toccarmi"

"Ci sto provando. Va bene?" sussurro, con freddezza. "Sto provando ad essere perfetto come tu mi vorresti. Cazzo!"

Lo lascio andare, d'improvviso.

Mi passo le mani sul viso, più volte, tentando di scongiurare il rischio di piangere.

"Mi dispiace se ti ho ferito. Mi dispiace se non sono abbastanza. Mi dispiace se ho rovinato la vostra perfetta piccola oasi di felicità" elenco, la mia voce che si alza man mano che continuo a parlare. "Ma sono questo, cazzo! Sono paranoico e insicuro e, Dio santo, la maggior parte delle volte vorrei solo sparire. E mi dispiace se questo ti ferisce, Shiva. Ma ti assicuro che ferisce molto di più me"

Lui resta immobile, ad ascoltarmi, i suoi occhi che iniziano ad inumidirsi con i miei.

Ma non è disposto alla tregua.

"Tu lo sei, perfetto" sbotta, non appena finisco di parlare. "È il tuo fottuto problema. Cazzo, puoi comportarti da perfetto coglione, ogni volta in cui lo desideri, e nessuno smetterà di amarti per questo. Come ci si sente, Cass? Dimmelo, cazzo!"

Ed eccolo lì, velenoso e del tutto inaspettato: un accenno di gelosia nelle sue parole.

Non ho mai pensato che Shiva potesse invidiarmi.

Non ho mai davvero pensato che Shiva si sentisse in competizione con nessuno, a dir la verità.

"Io mi detesto" confesso, stancamente. "E vorrei che l'amore degli altri riuscisse a cancellare questo pensiero dalla mia testa. Lo vorrei davvero. Ma è sempre lì. Una zecca che mi si stringe intorno alle sinapsi. Ogni mio fottuto movimento, ogni singolo secondo che spendo su questa terra, tutto è macchiato dalla stessa consapevolezza: io mi detesto. Non posso fare un passo senza che questo pensiero mi avveleni il cervello. È questa, la tua idea di perfezione?"

𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora