47 - Diario di Sarah

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19 Ottobre 1992

Mattia non fa altro che singhiozzare per tutto il tempo.

Mi si spezza il cuore a vederlo in questo stato e mi sento davvero inutile a non poter far nulla per cambiare questa orribile situazione.

Stasera si è addormentato tra le lacrime, con la testa sulle mie ginocchia mentre io gli accarezzavo i capelli nel tentativo di farlo calmare.

Era quello che faceva sempre mamma, quando ero soltanto una bambina. "Laviamo mani, faccia e denti e diamo una bella spazzolata ai capelli." Me lo ripeteva ogni sera, prima di andare a dormire. A spazzolarmi i capelli era proprio lei, che si sedeva sul bordo del letto accanto a me e con le dita divideva la mia chioma in diverse ciocche e poi cominciava a passarci sopra un colpo di spazzola o due, sempre con estrema cura. Subito dopo, mi faceva poggiare la testa sulle sue ginocchia e continuava a passare le sue mani tra i miei capelli mentre sottovoce mi cantava una ninnananna fino a farmi addormentare.

Mentre io passavo le mie di dita, tra le ciocche dei capelli di Mattia, sono riuscita a percepire tutta la sua sofferenza e fragilità. Dopo alcuni minuti passati respirando tra gli affanni, è completamente crollato. Si è addormentato di colpo ed io sono potuta sgattaiolare via senza fare troppo rumore.

Credo che per tutti, ma sopratutto per Mattia, sia stata una pessima giornata.

Da quando Giselle gli ha consegnato quella lettera, i suoi occhi non hanno smesso di lacrimare nemmeno per un secondo.

Quelle parole, scritte nero su bianco su un foglio ripiegato in quattro parti, non sono altro che un tristissimo addio che Daniel gli ha lasciato prima di entrare in sala operatoria e rimanere sotto i ferri per tutta la notte.

Giselle ci ha spiegato che era quello il motivo per cui a casa Fox,  la scorsa notte, non c'era nessuno. Anche lei aveva deciso di restare in ospedale nell'attesa che l'intervento fosse terminato. Ci ha anche detto che Daniel le ha consegnato quella lettera dopo averle raccontato della loro storia, e che le ha chiesto di potergliela spedire prima di andare a ritirare per conto suo quelle di Mattia, che era sicuro si fossero ormai accumulate da settimane alla London Books. È stata un' incredibile coincidenza quella di essere riusciti ad incontrarla.

Arrivati in ospedale e dopo essere entrati nel reparto oncologico, abbiamo trovato Robert seduto fuori dalla stanza di Daniel. Aveva gli occhi arrossati e gonfi e lo sguardo fermo, a fissare il vuoto sulla parete bianca che si trovava accanto a lui. Seduta vicino, c'era anche Caren che con entrambe le mani stringeva la sua così forte da farsi ingiallire la pelle attorno alle nocche.

Erano più che sbalorditi, quando in compagnia di Giselle ci hanno visto arrivare. Sembravano più che sorpresi di vederci lì, proprio come se nessuno, a parte loro, fosse mai venuto a fargli visita prima.

L'accesso alla stanza di Daniel è permesso unicamente ad alcuni medici e infermieri, che possono entrarci soltanto dopo aver indossato un lungo camice che li copre dalla testa ai piedi, facendoli sembrare dei veri e propri astronauti. Dicono che in questo stato, il suo sistema immunitario è troppo debole e compromesso, e che sarebbe molto rischioso esporlo a potenziali batteri o virus. Per questo motivo a noi è possibile vedere Daniel soltanto attraverso una finestrella che si apre sul corridoio e che ci permette di guardare l'interno della stanza.

Proprio lì, Mattia ci ha passato tutta la giornata, con le mani e la fronte appiccicate a quel vetro e con le urla soffocate tra i singhiozzi. Lo abbiamo guardato mentre dormiva e respirava a fatica, coperto fino alle spalle da un lenzuolo bianco.

Dentro a quel camice azzurro, Daniel mi è sembrato quasi un'altra persona. Ricordo come fosse ieri il modo in cui passeggiava spavaldo per i corridoi della scuola, il suo sguardo arrogante coperto appena dal suo lungo ciuffo color nocciola, le sue spalle larghe e i suoi fianchi stretti che mi avevano portato a seguire ossessivamente ogni gara di nuoto in cui prendeva parte senza mancarne neanche una.

Ora, invece, mi pareva decisamente cambiato. È più magro, pallido e gracile. La pelle del suo viso è cosi chiara che quasi si confondeva con il colore delle lenzuola. I suoi respiri erano lenti, affaticati e impercettibili.

Non ho avuto la forza di restare lì ad osservarlo per più di qualche minuto.

Assistere alle urla di Mattia e alla vista di Daniel in quelle condizioni è stato un vero e proprio strazio. Mi sono sentita prendere a calci lo stomaco.

Perché, perché, perché la vita deve essere così crudele? Perché Daniel rischia di morire? Perché nessuno sa quando si sveglierà?

"Non ci resta che attendere, e sperare per il meglio..." sono le parole che ha usato il medico che ha operato Daniel e che nel pomeriggio è andato a parlare con Robert.

È questa fottuta impotenza a farmi male. La crudeltà della vita che ti viene sbattuta in faccia ricordandoti di quanto sia unica e preziosa, e di quanto, troppo spesso, diamo per scontato il semplice fatto di respirare.

Ho passato l'intera giornata facendo su e giù dal reparto di oncologia. Il momento peggiore è stato quando l'orario delle visite è terminato e Mattia si è accasciato per terra e ha cominciato a tremare come una foglia, con le lacrime sugli angoli degli occhi, pronte a venire giù.

Non ne voleva sapere di andare via.

Voglio restare il più vicino possibile a Daniel diceva, non voglio lasciarlo solo urlava, piangeva, si dimenava, io ti amo non puoi morire, svegliati Daniel ti prego, la voce graffiata e rotta dal pianto.

Robert e Caren non hanno battuto ciglio. Sono andati via abbracciati l'un l'altro senza dire niente. Io e Giselle siamo state costrette a trascinarlo fuori contro la sua volontà.

Resterà a casa mia per un pò. Dice di voler rimanere a Londra finché lui non si riprenderà, guarirà e starà bene. Io spero con tutto il mio cuore la stessa cosa, e mi unisco alle parole di Mattia, Daniel.

Ti prego svegliati!

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