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"Palazzo San Luca" era uno degli alberghi più lussuosi e all'avanguardia di tutta Roma, e di certo non avrei mai immaginato che la prima volta che avrei messo piede lì dentro sarebbe stata in un'occasione così sfortunata.

Non appena entrati nell'enorme hall dell'hotel cominciai a guardarmi intorno con il terrore di imbattermi contro i suoi tatuaggi e contro le sue folte e scura ciglia. Forse stavo esagerando. Probabilmente Daniel stava già dormendo chiuso nella sua stanza ed io sarei riuscito a sopravvivere a quella serata senza intoppo alcuno. O almeno era quello che speravo.

Christian si allontanò da me per un istante e si avvicinò alla reception mentre io rimasi tachicardico sotto il gigantesco lampadario di cristallo ad attenderlo, desiderando con tutte le mie forze che potesse venir giù dal soffitto su di me e porre fine a quella notte che si annunciava già più che tormentata.

Dopo un po' lo vidi farmi cenno di raggiungerlo mentre il receptionist si preoccupò di accompagnarci sul terrazzo panoramico che si trovava all'ultimo piano dell'edificio. Le porte automatiche dell'ascensore in vetro si aprirono su un incantevole corridoio di edera che terminava su un grande bersò dove erano stati predisposti diversi divanetti e tavoli su cui era possibile poter godere della meravigliosa vista di Fontana di Trevi.

L'uomo ci condusse fino al nostro tavolo, e durante il breve tragitto mi assicurai di studiare ogni viso e sagoma che ci erano intorno per escludere qualsiasi tipo di sfortunato evento.

Se soltanto avessi mai raccontato a Christian di lui, adesso sarebbe stato tutto più semplice. «Sai, Christian, ti ricordi della mia cotta adolescenziale di cui ti parlai tempo fa? Sembra assurdo ma si trova proprio qui, magari ti va anche di conoscerlo.» Avremo poi bevuto del buon vino, e riso dei vecchi ricordi. Già. Era un estrema utopia che non si sarebbe mai realizzata. Forse perché non era stata soltanto una cotta adolescenziale.

Christian non conosceva nulla di Daniel. Nè Daniel di Christian. E a me sarebbe andata bene così, se non fosse stata per l'alta probabilità di un incontro fortuito e quindi di svelare parti di me che non volevo mostrare a nessuno dei due.

«Allora? Che te ne pare?» Mi aveva chiesto non appena prendemmo posto. Ero talmente concentrato su Daniel che non riuscivo a preoccuparmi della compagnia di Christian, del nostro anniversario, del panorama e delle buone maniere, dato il fatto che dal nostro arrivo non avevo spiccicato alcuna parola di apprezzamento. Il mio comportamento, senz'alcun dubbio, doveva risultare ai suoi occhi alquanto insolito.

«Sei sicuro di stare bene?» Continuò ad interrogarmi, quasi certamente a causa dell'angoscia che avevo disegnata in volto.

«È bellissimo. Grazie per avermi portato qui.» Sorrisi e strinsi le sue dita dentro la mia mano.

Cercai lo stesso calore che avevo avvertito quando quella di Daniel fermò i miei tremori di panico al ristorante.

Stappammo un Dom Pérignon del 61', una bottiglia che Christian aveva fatto ordinare direttamente dalla Francia per la nostra occasione. Ne buttai giù in un sorso mezzo calice, nella speranza che l'alcol mi avrebbe aiutato a sciogliermi. Subito dopo, il cameriere, che indossava un abito più elegante e sicuramente più costoso del mio, portò al tavolo un vassoio con diverse pietanze agli ingredienti di cui fino a quel giorno ne ignoravo l'esistenza. Quando iniziò a presentare i piatti, la mia attenzione si fermò a "caviale Beluga" a cui si susseguì una lunga sfilza di termini culinari francesi.

Durante la degustazione, Christian cominciò nuovamente ad illustrarmi le portate e a spiegarmi i diversi modi d'uso di quegli ingredienti nella cucina moderna. Io, fingendo interesse, non facevo altro che annuire mentre nel frattempo passavo ai raggi infrarossi delle mie iridi ogni uomo che vedevo arrivare dal corridoio di edere fino alla sala.

Fu lì che percepii la crudele dualità del mio inconscio, lo Yin e lo Yang della mia anima, la lotta che stava avendo atto dentro al mio corpo, tra razionalità e bramosia.

Tanta era la paura di poter incontrarlo in presenza di Christian, quanto lo era il desiderio di vederlo arrivare in tutta la sua dannata bellezza, irrompere alla nostra cena con la sua innata sfrontataggine e regalarmi un po' di caos.

Perché Daniel Fox era caos allo stato puro ed io ne ero dipendente.

Non riuscivo ancora a credere a come soltanto un suo tocco era stato abbastanza per riuscire a trasformarmi in un adolescente stupido. Ed eccitato.

Deluso dalle mie vere aspettative e complice il terzo calice di champagne, mi congedai scusandomi con Christian e mi recai al bagno, che si trovava a tre piani inferiori dalla sala.

La mia destinazione però, fu il corridoio in moquette rossa in cui tutte le camere presentano un 3 come inizio numero.

322,324,326...328!

Smisi di respirare.

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