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Per ore, ero rimasto a fissare inutilmente la stessa pagina del libro di letteratura francese che mi trovavo davanti, aperto sulla scrivania della mia stanza. Per quanto provassi a metterci impegno non riuscivo a concentrarmi sulla lettura. La delusione dipinta negli occhi di Daniel quando mi aveva detto di lasciarlo in pace non faceva altro che riproporsi nella mia mente. Da quel momento tutto era diventato più difficile. Studiare, leggere. Persino respirare.

Resterò a Roma per un po'. La sua voce bassa e roca dentro la mia testa. Il rimpianto di averlo allontanato a causa delle mie bugie mi divorava assieme alla voglia di lui che ormai era diventata irrefrenabile.

All'improvviso sentii bussare alla porta di casa. Immaginai i suoi occhi chiari accompagnati dal suo sorriso, appena accennato.

Richiusi il libro e aprii la porta.

«Chr-Christian...» Balbettai con un filo di voce mista a delusione.

«Mattia!» Mi sorprese con un bacio sulla fronte. Entrò in casa, con un sacchetto di carta tra le mani. «So che hai tanto da studiare, ma ti ho portato la cena! Ho pensato che potresti fare una piccola pausa per dedicare un po' di tempo al sottoscritto, che ne dici?»

Quella sera mi sentivo più che turbato, ero di cattivo umore e l'ultima cosa che avrei voluto fare era quella di fingere di star bene e passare del tempo con Christian. I suoi occhi però chiedevano di me e mi convinsero del contrario. Così per cercare di non ferirlo cercai di sfoggiare il migliore dei miei sorrisi e lo ringraziai.

«Sei sicuro di stare bene, Mattia?» Mi chiese dopo essere entrato in casa e aver lasciato le buste sopra il tavolo della cucina.

«Diciamo che ultimamente ho qualche problema con lo studio.»

«Amore...» Posò la punta dell'indice sulla mia tempia e ogni volta che mi chiamava in quel modo per me era un pugno allo stomaco. «Il problema è solo qui dentro. Sono sicuro sia qualcosa di momentaneo e scommetto che riuscirai a farlo andare via.«

Non sarebbe successo.

Christian era ancora la persona di cui credevo di essermi innamorato. Continuava ad essere attento, premuroso e seppure in quel momento il mio comportamento insolito si palesava davanti ai suoi occhi lui riusciva a mantenere costante la gentilezza e la comprensione che lo contraddistinguevano. Abbassai lo sguardo cercando di nascondere gli occhi che lentamente si riempivano di lacrime.

«Non sembri più tu...» Non ero più io e aveva ragione. Ogni volta che mi trovavo in sua compagnia diventavo distante, silenzioso, freddo e sempre sovrappensiero.

«Chris...Io...» Mi passai una mano tra i capelli cercando di trovare le parole giuste. Le afferrai, stavo quasi per pronunciarle ma fui troppo codardo per tirarle fuori. E allora «Scusami. È soltanto un periodaccio.»

«Ed io voglio starti vicino. Non andrò via da questa casa se non mi dirai che succede.»

«Scusami. È tutto ok!» Mi asciugai con il polso una lacrima sulla guancia, poi sentii le dita della mano di Christian posarsi sotto al mento e la sua bocca avvicinarsi alla mia. Non appena le nostre labbra si sfiorarono ebbi una reazione che non riuscii a controllare. Così mi scansai, improvvisamente. 

«Che diavolo ti prende, Mattia?» Sentii un groppo alla gola e rimasi in silenzio. «Adesso basta! Sei così dal giorno del nostro anniversario. Durante la cena non hai spiccicato una parola, sei rimasto praticamente in silenzio per tutto il tempo e una volta arrivati a casa ti sei avvinghiato a me all'improvviso come se avessi bisogno soltanto di una scopata! Da quella sera sei diventato così strano! Mi eviti come non hai mai fatto, passi tutto il tempo a studiare e ogni volta che stiamo insieme rimani in silenzio a fissare una parete vuota! E adesso? Adesso ti dà fastidio anche se semplicemente ti tocco? C'è qualcosa che non va, e ti prego, non raccontarmi cazzate che riguardano lo studio perché non ti credo! Non sei mai stato così distante, triste e distaccato nei miei confronti per via di qualche stupido esame!» Balzò dalla sedia.

«Hai ragione. Scusami...»

«Mattia, non mi servono le tue scuse! Che succede? C'è... c'è un altro?»

Bisbigliai un «No» come se il volume della mia voce volesse rendere di proposito la mia risposta incerta e fragile. Come se volessi suggerire a Christian il contrario, come se volessi dirgli invece "vai via da me perché sono soltanto un disonesto figlio di puttana e non ti merito perché tu mi ami ma io no e non importa tutto quello che dirai io avrò occhi soltanto per qualcun altro."
Invece non riuscii a dire altro che "no" e cominciai a fare quello in cui ormai avevo imparato ad eccellere. Piangere e tremare.

«Mattia, Cristo santo! Sei stato con qualcuno?»Pugni sul tavolo e sul mio cuore. «Perché, perché, perché? Non ti ho fatto sentire abbastanza amato? Non ti ho dato abbastanza attenzioni? Mattia, per la miseria, puoi dire qualcosa? Potresti dirmi che mi sbaglio?» Altri pugni sul tavolo a cui il mio stomaco si era sostituito e ne percepiva tutta la forza, la rabbia e la frustrazione.

Restai immobile con le spalle al muro, i pugni serrati, gli occhi sbarrati e non dissi niente. Avvertivo soltanto il gusto salato delle lacrime e vedevo Christian soffrire e la nostra relazione che si sgretolava lacrima dopo lacrima, fino a non restare più nulla. Non gli detti una spiegazione, non gli dissi "non è come pensi", "è stato solo uno sbaglio", "non è successo nulla". Non provai nemmeno a fermarlo quando lo vidi andare via e sbattere la porta. Pensai che anche se non avevo tradito Christian (perlomeno non con le azioni) sarebbe stato più facile per lui odiarmi se avesse creduto il contrario.

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