Capitolo 19

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Sono le 21:30. Vicky e Nani stanno dormendo profondamente. Decido di fare una sorpresa ad Arya, allestendo il nostro bagno di candele profumate e riempiendo la vasca. Oggi la mia amata si è presa una serata per se stessa: è andata ad un incontro per neo-mamme, con lo scopo di socializzare con altre ragazze per avere altri punti di vista e altre persone all' infuori della sua famiglia, dei colleghi nutrizionisti e delle mogli dei miei compagni. Ha lasciato a me i piccoli, raccomandandosi che Nadiem ricevesse il latte solo in caso di vera fame. Sono felice che la mia compagna si sia presa un momento per se: credo le possa fare bene in tutti i sensi, anche dal punto di vista psicologico: è diventata quasi maniacale nell' alimentazione, per via della fobia che possiede nei confronti di una recidiva del diabete in futuro. Io ho seriamente paura che possa sviluppare un disturbo del comportamento alimentare e, se devo essere sincero, basto già io con un rapporto altalenante con il cibo. Ho davvero paura per lei, ma spero che sappia cosa sta facendo. Anzi, ne sono sicuro: lei non agisce mai a caso.
Non appena rientra in casa, la abbraccio e ci scambiamo un bacio lunghissimo e appassionato. Mi tolgo la maglietta e gliela metto sul viso come una specie di benda per coprirle gli occhi. Le stringo la mano e la accompagno in bagno. La aiuto a scoprirsi gli occhi e le mostro ciò che ho preparato. "Ma i piccoli hanno bisogno di me" esclama a mente calda. "I bambini stanno dormendo. Ma stasera ho voglia di restare un po' solo con la mia futura moglie, che amo e che sosterrò per sempre" rispondo, cercando di farle capire che è bene ritagliarsi del tempo solo per noi due. Entriamo in vasca e l' atmosfera è molto romantica, ma il viso di Arya sembra un po' teso. Mi chiedo se il meeting di mamme sia andato male, ma specifica che non si tratta di questo. "Sai, quando i medici ci hanno dato la conferma che Nadiem sarebbe sopravvissuto ho capito che i miracoli possono avvenire e che sono molto fortunata." inizia lei. Io non capisco dove voglia andare a parare. Mi stringe entrambe le mani. "Io, quando avevo diciotto anni, sono rimasta incinta, ma i miei genitori non lo hanno mai scoperto perché ho subito un aborto spontaneo dopo un mese" e a quelle parole mi viene spontaneo guardarla negli occhi senza dire nulla. "La mia ginecologa e il medico di base che avevo a quel tempo mi avevano detto che non avrei mai potuto avere bambini per le mie fragilità congenite di salute" conclude con gli occhi lucidi. La invito a stringersi a me appoggiando la testa sulla mia spalla. "Abbiamo due creature stupende" le sussurro in un orecchio. "Sì, ma non so se io vorrò altri figli: io comunque ho un' alta probabilità di abortire o di averne con gravissimi problemi." mi spiega lei. Io comunque sostengo che non si debba arrendere per il semplice fatto che Nadiem è sopravvissuto e sta già ricevendo tutte le attenzioni che gli permettono una vita normale. Io sì, vorrei altri figli: il mio sogno sarebbero cinque o sei, ma se Arya non se la sentisse, potremmo sempre fermarci a due o valutare l' adozione, in modo che il suo corpo non sia sottoposto ad ulteriore stress.
A quel racconto, mi viene spontaneo abbracciarla e aiutarla a rilassarsi. Beh, anche io ho sempre avuto delle sentenze mediche: nessuno avrebbe mai scommesso che io diventassi un calciatore perché ero un bambino sovrappeso. Da adolescente ho seguito una dieta ferrea e mi sono impegnato duramente nei miei allenamenti per raggiungere i campionati professionistici. La verità è che, anche se ero dimagrito e avevo incrementato la massa muscolare, in me era sempre mancato qualcosa: non riuscivo a capire cosa, ma di sicuro fisicamente non mi sono mai piaciuto. E questo, sommato ad un vuoto interiore, mi ha sempre portato a mangiucchiare, soprattutto nei periodi più tristi della mia esistenza. Diciamo che con il cibo ho avuto rapporti sia compensativi, che di respinta proprio perché fisicamente non mi considero ne bello ne attraente. Ora le cose, per fortuna, sembrano andare per il verso giusto, ma io so che ho ancora molto da imparare.
Da quando abbiamo finito le nostre confessioni, io e Arya ci stiamo godendo il tepore dell' acqua calda che avvolge i nostri corpi. Toc toc toc, sentiamo alla porta. Dopo qualche minuto, la porta si apre: "Ciao mamma! Ciao papà!" esclama Viktoria con un sorrisone a 32 denti. Poi mi guarda, con il classico sguardo dei bambini quando vogliono giocare, indipendentemente da cosa sta facendo l' altra persona. "Papi! Lavo io i piedoni puzzoni!!" ride. Oh mio Dio: ho una figlia feticista. "Vicky ma non si gioca con i piedi delle persone" tenta di dirle Arya, nonostante ci avesse già provato a spiegarlo più volte. A quel punto, capiamo che è arrivata l' ora di uscire dalla vasca e di spegnere le candele. Ci mettiamo l' accappatoio, accendo le luci e spengo le tre candele profumate. Prendo in braccio mia figlia e uscendo, chiudo la porta del bagno in modo che Arya possa asciugarsi i capelli senza disturbare Nadiem che dorme ancora. Io e Vicky andiamo in cameretta e la appoggio sul letto. Per avere un anno e mezzo, è decisamente avanti con il vocabolario e vispa a livelli alti. "Papi nanna qui?" mi domanda con il suo solito sorriso. Dal momento che io ed Arya abbiamo optato per un letto di una piazza e mezza a misura di bimbo piccolo, io ci starei anche qua a dormire. La guardo e la accarezzo dietro la testa. "Sì piccolina, il papi resta qui a dormire" ma nemmeno il tempo di finire la frase che lei chiede anche che ci sia la sua mamma. Sembra che stia per scoppiare a piangere. "Vicky tesoro che succede?" le domando preoccupato. "Mami, papi... tanta paura" esclama lei quasi disperata. Ora penso di comprendere: giocare con i piedi è il suo modo di chiedere aiuto e di stare in contatto con noi per sentirsi protetta. Vicky ha paura del buio, ma un po' anche di sentirsi meno importante di Nadiem, per via delle cure in più che richiede. O almeno così credo per il modo in cui si è appena aggrappata a me. Arya in quel momento ci raggiunge e si siede sul letto con noi. "Vicky è un po' spaventata, ma noi siamo qui con lei pronti a farli capire che non ha nulla da temere" e, a quelle parole, la mia compagna mi propone, per stanotte, di portarla nel lettone e dormire con entrambi. Prima di dormire, nostra figlia ci dice che ci vuole tanto bene. Siamo molto emozionati perché lo ha detto con le sue parole ed è l' ennesima dimostrazione che sta già imparando a costruire delle frasi.
La mattina seguente, io mi sveglio prima perché devo andare al centro sportivo per i test fisici pre ritiro. Mi soffermo a guardare Arya, Vicky e Nani che continuano il loro sonno ristoratore. Che belli che sono: non mi ero mai accorto che Nadiem avesse la mia forma del viso. Sono fiero di me stesso, ogni giorno faccio un passo in avanti con mio figlio e, di conseguenza, è simbolo che contro la depressione post parto paterna sto vincendo io. E negli ultimi giorni, sto mangiando anche di più, anche grazie ai consigli alimentari della mia professionista preferita, che mi ha prescritto anche un paio di integratori, in base alle mie ultimissime analisi del sangue. Confesso che mangiare della buona carne senza che ti si chiuda lo stomaco è una sensazione più piacevole di quanto mi ricordassi. Se mi guardo indietro, capisco che forse sono più forte di quanto riconosco a me stesso e che ho superato cose che mi sono sempre sembrate tragedie insormontabili. E forse... è ora che impari a scendere in campo essendo cosciente di come si sono allargate e rafforzate le mie spalle. So che mi potrebbe giovare alla carriera e forse... essere più determinato e cazzuto è il modo che stavo cercando da tempo per superare i miei limiti...

Wide open eyes (family dream)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora