Capitolo 16

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Sto facendo gli scatti nella spiaggia dietro casa con mia figlia di 14 mesi. Allenarmi sulla sabbia e in riva al mare lo considero liberatorio. "Vicky! Vicky!" mi viene spontaneo chiamare avvicinandomi, vedendo che la mia bambina è caduta. "Hihihihi" da sentire mi rassicura poiché comprendo che la mia bimba non si è fatta nulla. Mi squilla il cellulare. Rispondo subito perché è Arya. "LENNART VIENI SUBITO A CASA, STO MALE" urla quasi sbraitando e sembrando in affanno. Prendo in braccio la piccola e corro a casa il più velocemente possibile. Salgo in appartamento, metto Vicky nel box con i suoi giochi e le do il suo ciuccio e mi concentro su Arya che è stesa sul divano del salotto, in preda a dolori fortissimi. "Ti porto in ospedale!" propongo io cercando il telefono per chiamare l'ambulanza. Dopo circa una mezz' ora, la mia amata è ricoverata in codice rosso perché incinta. Le condizioni sono stabili, ma è necessario un cesareo d' urgenza perché il piccolo è in pericolo di vita e il fatto che il diabete gestazione sia stato purtroppo diagnosticato non aiuta. La accompagnano in sala operatoria. Io purtroppo non posso entrare e mi resta solo l' aggrapparsi alla speranza che Arya e Nadiem sopravvivano. Sto attendendo con Vicky addormentata nel passeggino. Trascorrono i minuti più lunghi della mia intera esistenza. Esce un medico. Tremo e sudo freddo. "L' intervento è andato bene e congratulazioni per la paternità. La sua compagna e il suo piccolo sono vivi, ma ancora non sappiamo cause di questo parto prematuro e quali conseguenze abbiano avuto su entrambi" e io, istintivamente, chiedo di poterli vedere. Il piccolo pesa 1,5 chili ed è un po' più grande rispetto alla sua età di gestazione. Arya invece sta ancora dormendo. La fisso intensamente. Le stringo la mano. "Amore mio mi senti? Sono Lennart" le sussurro. Ed ecco che Vicky si sveglia e vuole la mano di Arya. La stringe e dice: "mamma qui, mamma nanna" e scoppio a piangere come un bambino. Poi, l' attenzione di Viktoria si sposta sull' incubatrice in cui sta dormendo il suo fratellino, ma lo schermo a fianco al letto di Arya mostra un' alterazione dei segni vitali e chiamo l' infermiera che arriva subito. Mi dice di stare tranquillo che un dottore sta arrivando. Il mio respiro si fa affannoso. Mi devo sedere sulla poltrona perché ho un abbassamento di pressione. Arya si sveglia. "Dov' è mio figlio?" domanda spaesata e ancora stordita dall' anestesia. Io cerco di tranquillizzarla, ma lei sembra in preda ad un attacco di panico violento. Il medico mi suggerisce di allontanarmi, ma vedere la mia futura moglie in quello stato mi fa sentire impotente. Mi inizia a tremare la mano, poi il braccio. Non ho il coraggio di guardare Nadiem, anche se so che avrebbe bisogno del calore della sua famiglia. Ho paura di star male, di soffrire a mia volta. Chissà se è contento di essere stato trasportato fuori dal calore della pancia della sua mamma. Io onestamente non credo, temo sia un trauma per lui e spero non se ne ricordi in futuro. Cerco di trovare il coraggio per ammirarlo. Noto che è piccolissimo e sembra molto fragile. Non si muove e ancora non respira autonomamente. Mi si stringe il cuore a vederlo così. Vicky, però, non sembra dello stesso pensiero: alza le braccia per indicarmi di essere sollevata. "Nani" esclama indicando con il dito, non appena la prendo in braccio. "Cosa significa Nani, cucciola mia?" le domando incuriosito. "Nani" ripete lei. "Lui è Nadiem, il tuo fratellino" e lì, capisco che Nani è il suo modo per indicare Nadiem. Mi guarda dritto negli occhi e mi dice papà. Poi torna ad indicare il suo fratellino e lo chiama nuovamente nella stessa maniera. Io continuo a piangere ed ansimare. La mia amata si è calmata, per fortuna, ma non credo sia ancora completamente cosciente. Io e Vicky torniamo da lei. Lei le prende la mano nuovamente. "Mamma" esclama lei accarezzandole il palmo. Questo gesto, lascia positivamente sconvolta l' infermiera perché sembra calmare battito e respiro della sua mamma. "Piccolina vieni qui con me" la invita lei. Io la aiuto a salire sul letto. Arya abbraccia nostra figlia e le da un bacino dietro la testa.
Nel mentre, giungono le prime notizie sul piccolo: dai primi esami, risulta che l' udito sia completamente assente e che non uscirà dall' ospedale prima di un mese: i polmoni non sono sviluppati ancora del tutto e potrebbe dover subire un piccolo intervento al cervello. Non so chi di noi due stia sentendo la voragine più grande nel proprio cuore. La frase "Speriamo non sia troppo eccessivo il calo ponderale post nascita, in quel caso, il piccolo potrebbe ridurre ulteriormente le possibilità di sopravvivenza a lungo termine" scatena un vuoto pazzesco.
Nei giorni successivi, essere da solo a casa con Vicky mi mette in condizione di crisi. Lo scorso 21 aprile siamo stati destabilizzati completamente e non si sa se il nostro angioletto resterà a lungo con noi.
In questo istante, io e Vicky stiamo facendo una bella passeggiata al porto antico per distrarci un po', dopo essere stati a trovare la mamma e Nadiem in ospedale. La cosa buona è che in questa prima settimana le sue condizioni non sono peggiorate, ma probabilmente lui non sentirà mai senza l' ausilio di un apparecchio acustico. Arya è devastata, ma non tanto per la mancanza di uno dei cinque sensi, ma perché non riesce a proteggere a dovere il suo esserino fragile fragile. E io non sono da meno: non mangio un pasto intero da due giorni! Dopo un massimo di tre o quattro bocconi mi si chiude lo stomaco e sento il senso di vomito salire verso la mia bocca. Ci sediamo su una panchina perché io non ho energie proprio perché non mangio. Non mi sento un padre degno. Ho fecondato l' ovulo di Arya creando problemi ad una nuova vita. "Papà pappa" esclama felice la mia bimba. Beata lei che sembra stare benissimo ed è una splendida fonte di allegria ed ottimismo. Essendo ora di pranzo, la accompagno in un ristorantino qui vicino alla ruota panoramica in modo da farmi preparare un piattino di riso in bianco per tamponare l' acido e sedermi potendole dare la sua pappa a base di pollo, patate e carote, una delle sue abbinate preferite. Ma guarda che sorpresa: qui trovo Filippo, il mio compagno di squadra, che sta prendendo qualcosa da asporto. Mi abbraccia senza dire nulla e poi saluta Vicky. Mi ricorda di quanto siamo una famiglia forte ed unita e che supereremo anche questa insieme.
Eh sì, saremo anche una famiglia forte, ma per la prima volta ho compreso a pieno il significato dell' avere paura. Questo avvenimento ha già cambiato per sempre la concezione della vita ed ho capito che la vita può essere sia breve che brevissima. Per questa ragione, prometto di godermi ogni momento della mia carriera, con amici e famiglia e di cercare il lato positivo di ogni singolo minuto che passa. Sento di aver bisogno di aiuto e, non appena torno a casa, chiamo la mia psicologa fidata per un colloquio, magari lei mi aiuta a schiarire le idee, ma non mi risponde. Mi prometto di richiamarla più tardi, ma non prima di essermi seduto a giocare sul tappeto dei giochi con mia figlia. "Dai Vicky che suoniamo!" esclamo indicandole la tastierina giocattolo, che da qualche tempo è il suo gioco preferito. Dovete sapere che ha preso da me questa vocazione musicale: io adoro cantare da quando ero un bimbo come lei. E il fatto che mi somigli un po' nei tratti migliori della mia personalità mi rende fiero di essere il suo papi. Ma sono sicuro che i miei bambini avranno tanto da insegnarmi perché sapete una cosa? Ogni esperienza che vivi ed ogni persona con cui hai un legame ti aiuta a conoscere meglio te stesso nel bene e nel male...

Wide open eyes (family dream)Where stories live. Discover now