La Casa rossa

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L'ambiente continuava a pullulare di clienti allegri e brilli che si lasciavano andare in manifestazioni smisurate, eppure non sapevano che poco lontani da loro- in una camera occupata da un gruppo a cui non appartenevo- una voce melodiosa veniva corrotta da una collera inconsolabile, ed era tutta rivolta al signor Darroch.
«Ti ho inviato tantissime lettere, almeno una cinquantina! E mai una volta ti sei degnato di rispondere da quando sono venuta a sapere che non ti trovavi più in Francia. Sei tornato senza avvertirci né visitare!»
«Avevo delle faccende urgenti da sbrigare, Arabel. Te l'ho detto» tagliò corto Axel nella sua ennesima risposta vaga.
Il suo tono non era duro come mi sarei potuta aspettare, trasmetteva soltanto una certa urgenza di accantonare il discorso.
E la sua amica non era l'unica a essere in procinto di sbraitare contro di lui in preda a una crisi isterica, anch'io sentivo un enorme malessere ad assistere a una faccenda tanto intima.
Lui ed Ewan mi avevano fatto strada dietro ai loro compagni fino alla soglia di un salotto.
Erano così tanti che stentavo a discernere nella luce di qualche candela quattro poltrone e un piccolo divano dal tessuto violaceo.
Nella carta da parati ricca di motivi ondeggianti si proiettavano le ombre delle braccia impetuose della ragazza, sul legno del parquet echeggiavano i suoi passi convulsi.
Desideravo soltanto che uno di loro avesse il buon senso di chiudere la porta e nascondermi dietro di essa, poiché io per prima non avrei sopportato la presenza di una sconosciuta in uno stato simile.
«Vorresti liquidarci in questo modo? Mi chiedo perché tu ti sia disturbato a tornare, allora» il tremore che comprometteva le sue parole rendeva chiaro che non lo pensava affatto, eppure non accennava a distendere i muscoli e a sciogliere le braccia che stringeva al petto con tutta la sua forza. «Un amico non sparisce in questo modo, hai idea di quanto siamo stati in pensiero? Tu, tra tutti, con la tua condizione...»
Non bastarono che pochi attimi a farle spalancare gli occhi azzurri, come se si fosse pentita subito di ciò che aveva detto e l'orgoglio della situazione le rendesse impossibile rimediare allo stesso tempo.
«La mia condizione?», soffiò il signor Darroch con una risata forzata che cominciava ad avvicinarlo alla versione ostile con cui avevo avuto modo di scontrarmi parecchie volte.
Ognuno dei presenti parve incupirsi e scuotere la testa per impedire a quella giovane di dire una parola di più a riguardo.
«Dannazione, Axel, mi preoccupo per te. Lo facciamo tutti» sospirò lei in risposta, le sopracciglia curvate verso il basso e lo sguardo dritto sul suo interlocutore. «Continueremmo a farlo anche se dovessi sparire per interi anni, ma così ci farai esasperare...»
«Sono desolato» l'evidente natura di quelle scuse, tuttavia, era tagliente. «Credevo che per voi non fossi che un imbecille, dal momento che non avete fatto altro che sottolineare quale errore avrei commesso se fossi tornato in Francia».
«Non abbiamo detto nulla del genere, Axel. Abbiamo molto rispetto delle tue scelte» si affrettò a dire la terza ragazza ad aver cantato durante l'esibizione, una mano fremette- così come le labbra piene e tinte di rosso- all'altezza del cuore. «Temevamo che avrebbe peggiorato la situazione e che ti avrebbe fatto solo più male».
«Non siete voi a dover decidere cos'è meglio per me» sbottò lui di rimando, compiendo un ampio gesto della mano. «Quante volte ancora dovrò ripetervelo? Se lo accettaste sul serio non lo riterreste un peso così grande».
«Non è quello a turbarci, lo sai» rimbeccò la prima con ancor più amarezza a incupirle il volto. «Lo è, invece, sapere che preferisci svanire nella solitudine piuttosto che accettare l'aiuto di chi ti vuol bene, la gente con cui sei cresciuto!»
Quella critica, specie alla luce del discorso che avevamo affrontato poche ore prima, ebbe su di me un effetto violento e insopportabile.
La faccenda a cui stavo assistendo sembrava così complicata che decisi di non accusarlo della mia stessa ingratitudine, eppure mi risultava impossibile non pensare di assomigliargli più di quanto avesse lasciato intendere.
E dal momento che avevo capito a mie spese quanto poteva essere frustrante essere i carnefici di un tale dispiacere, non lo avrei criticato nemmeno se si fosse rivelato vero.
Mi trovai a credere, infatti, che non avesse parlato da una posizione di giudizio ma di comprensione, per affrettarmi subito dopo di rimproverare quella sciocca riflessione.
«Avanti, Arabel, non sprechiamo questi momenti a litigare» Ewan le mise una mano su una spalla e le fece una piccola carezza. «D'altronde siamo venuti qui proprio per questo, abbiamo bisogno d'aiuto. Si tratta degli estremisti».
I loro volti si illuminarono e si contrassero al suo preavviso.
«Quelle carogne?», intervenne un ragazzo snello, dalla carnagione chiara, i capelli mossi e scuri e gli occhi del medesimo colore. «E cos'è successo?»
«Sembrano persino più folli di quanto non lo fossero già, William. Sono pronti a qualsiasi cosa» percorse in fretta l'intera pianta della stanza, sembrava non avere pace. «Non potevo credere a ciò che stava accadendo e tuttora non posso, la signorina Scott si è trovata a...»
«Di chi stai parlando, Ewan?», lo arrestò il giovane corrucciando la fronte.
Quando gli rispose, indicandomi, percepii ognuna delle loro pupille bruciarmi sulla pelle, tanto che desiderai soltanto di potermela strappare via.
Avrei voluto dire loro che origliare non era affatto una mia intenzione, eppure niente era in grado di uscire dalla mia bocca.
«Sarebbe stato, forse, più opportuno presentarvela prima...» si lasciò andare in una risata nervosa prima di indirizzarmi un cenno di scuse.
Da piccola mi chiedevo spesso come potessero sentirsi gli animali che in gabbia venivano osservati in uno zoo, e se il loro disagio era scomodo anche solo la metà di quanto lo era quello che mi aveva attanagliata in quel frangente allora li avrei compatiti con un rincrescimento ancora maggiore.
«Ma insomma, Ewan, porti un'amica alla taverna e ce la fai conoscere in questo modo?», lo riprese il ragazzo biondo che aveva accompagnato le cantanti con il suo strumento.
«Lui l'ha incontrata solo in un secondo momento» intervenne a denti stretti il signor Darroch accaparrandosi delle occhiate incredule. Il picco più alto del loro stupore, tuttavia, si presentò alla sua frase successiva: «Lei è con me».

Sentieri NascostiWhere stories live. Discover now