La comparsa di Eileen III

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Era ormai la terza volta che chiedevo al signor Reid di spiegarmi cosa stava accadendo e in cosa mi ero cacciata, tuttavia il raziocinio sembrava ostinato a non piegarsi a una tale assurdità.
«So che è molto da assimilare» sospirò appoggiandosi all'anta dell'armadio della camera in cui avevo trascorso la notte. Ci eravamo rintanati lì in un fremito di smarrimento, ripetendoci che vi saremmo rimasti soltanto fino alla partenza del gruppo che stava cercando me e Axel con una particolare sollecitudine.
Deglutii riportando l'attenzione sulle unghie ormai provate dall'agitazione. Era troppo, mi ripetevo scuotendo la testa, e non ero sicura di poterlo davvero comprendere.
Da quella discussione era emersa la realtà ineluttabile con cui la mia mente continuava a canzonarmi, e cioè che un gruppo di folli mi dava la caccia.
La sua spiegazione dispiaciuta, infatti, avrebbe potuto essere racchiusa in quelle semplici parole, eppure non riuscivo a capacitarmene.
Il mio era un rifiuto. Mi ostinavo a non accettare che al mondo esistesse qualcuno disposto a spingersi a tanto a causa di un mito. Una storia che, tuttavia, aveva un'influenza spaventosa sulle menti di parecchi uomini.
E io c'ero finita dentro con l'ultima persona con cui avrei voluto condividerne le conseguenze.
«Io non posso crederci» pronunciai con un filo di voce. «Non vedo come sia possibile, è soltanto una leggenda. Nessuno può essere tanto irrazionale da pensare che sia vera. Parla di un uomo avvolto da ombre, per l'amor del cielo».
«Ci si accontenta delle più stupide ragioni pur di dar sfogo alla propria cattiveria» esordì Axel dopo un lungo silenzio, le braccia incrociate al petto e la schiena poggiata al muro. «Anche il racconto più innocuo può diventare nocivo se corrotto dalle peggiori interpretazioni».
«Dovrei lasciarmi condizionare da qualche squilibrato e temere di venire trascinata in una specie di setta, dunque?», obiettai affondando d'istinto le unghie nei palmi. «È una situazione paradossale. Dobbiamo avvertire qualcuno, denunciarli e...»
«Non oserebbero intervenire neanche se accadesse sotto ai loro stessi occhi» un sorriso amaro e forzato affilò gli angoli della sua bocca.
Proprio quando stavo per ribattere e proporgli di raggiungere la città più vicina per farlo qui, troncò il mio discorso con una durezza ancora superiore: «Troverete ancora meno clemenza all'infuori della barriera. Tutti disprezzano e allontanano gli affamati nel resto della Scozia, voi dovreste saperlo meglio di chiunque altro».
La lamentela precedente mi morì in gola. Dove avevo trascorso la mia infanzia- utilizzando addirittura un nome diverso da quello che conoscevano- mai mi era stato concesso di comunicare le mie origini; era stato chiaro sin da quando ero così piccola che non avevo avuto modo di subire gli effetti di una possibile negligenza. E forse, il punto era proprio quello.
«Continuo a non capire perché vogliano me» constatai abbandonando il peso del corpo sul pilastro vicino l'entrata. «È sufficiente così poco per essere additata come una criminale? Basta essere vista da sola con voi?»
Notando come la sua figura si era irrigidita, avvertii una sensazione spiacevole assalirmi da cima affondo. Mi chiesi se avessi avuto poco tatto e mi pentii per una scelta tanto schietta delle parole.
Se fosse accaduto due giorni prima, forse, avrei dato sfogo a ognuno dei cocci di frustrazione che mi stavano trafiggendo lo stomaco e lo avrei accusato di non aver specificato a cosa andavo incontro fin dal momento in cui avevamo lasciato Sentieri Nascosti.
In quell'istante, tuttavia, non riuscivo ad assecondare quella voglia nemmeno se avevo l'impressione che mi spettasse di diritto.
«Chiaramente» sibilò tra i denti, il tono sempre più simile a quello con cui mi aveva abituata. «E a quanto pare non é stata sufficiente un'infinità di avvertimenti a farvelo evitare».
Mi scrutò mantenendo le distanze, i muscoli tesi come l'atmosfera di quella camera, e io non potei che fare lo stesso. C'era una particolarità nell'aria che lo attorniava, una nota che non era possibile discernere da nessun'altra parte.
Era come se guardasse il mondo con dei sentimenti così travolgenti da non consentire agli altri di identificarli, si rincorrevano tutti con una rapidità troppo feroce per individuarne anche solo uno.
Perché non è concesso a chiunque di conoscere il dolore di qualcuno, per rispettarlo occorre in principio aver sperimentato il proprio.
E tutto ciò che fui in grado di fare dopo la sua replica fu accantonarlo con un ennesimo dubbio: «Come hanno fatto ad arrivare fin qui? Credevo che non osassero oltrepassare l'altra parte», alcuni dei frammenti disordinati della spiegazione di Ewan si susseguirono nei miei pensieri; non fecero che aumentare il caos che vi albergava dall'inizio.
«È sempre stato così» confermò il signor Reid con le sopracciglia ravvicinate. «Non lo mai avevano mai fatto».
«Ebbene?», accompagnai quella domanda agitando le mani in un gesto plateale, a quel punto sentivo di poter impazzire proprio come loro. «Cosa sperano di ottenere?»
«Non siete ancora arrivata a questa parte della storia» adesso il signor Darroch mi dava le spalle, le sue dita stringevano con forza il libro tanto discusso. Lo sollevò e se lo portò accanto alla testa, poi riprese: «Alla fine Eileen si getta dalla torre più alta di Dreich perché sa che se la dovessero raggiungere la sacrificherebbero a Einar».
«Credevo che cercassero soltanto il Prigioniero dell'ombra» intervenni, la fronte corrucciata e la gola pregna d'irritazione. «Cosa c'entra Eileen, in fondo?»
«Sapevano che l'avrebbe riportato da loro» scrollò le spalle e tornò a osservarmi con uno sguardo che non ero in grado di comprendere. Un'emozione gli creava una piega sottile sul viso, tanto che cominciai a chiedermi quanto lo avessero tormentato con quel mito. «Pensavano che sarebbe venuto in cerca di vendetta, e invece fu lui stesso a consegnarsi al loro dio. Lo supplicò di prenderlo e riportarlo da lei, infine di riconsegnare a ogni cittadino la propria luce. Così, quando Einar scese dal cielo, scagliò una saetta nel suo cuore e lo uccise esaudendo ogni suo desiderio».
I ricordi mi rimandarono al disegno che avevo scorto sul balcone e mi imposi di non darlo a vedere.
«Anche se dovessero prenderci vedrebbero che nessuna divinità vi colpirebbe con i suoi fulmini» puntualizzai soffermandomi sulle sue iridi grigie. «Capirebbero quanto tutto questo è assurdo e che nessuno li assolverà dalla loro presunta maledizione».
Ma lui non condivideva il mio stesso ottimismo, si voltò di nuovo e ripose il racconto sul letto.
«Se anche fosse così, se ne accorgerebbero troppo tardi».
Lo guardai con un'aria confusa. Non avevo intenzione di buttarmi da quella torre, perciò non capivo perché mai dovesse essere troppo tardi.
«Non farò certo quel che ha fatto Eileen» farfugliai cercando un sostegno nello sguardo evitante del signor Reid.
«Temo che ciò non vi renda meno in pericolo, signorina Scott» la voce atona di Axel distrusse ogni mia aspettativa, «perché loro sono più che disposti a farlo per voi».

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