Le prime conseguenze

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Tutto attorno a me sembrava scorrere a una lentezza asfissiante e rincorrersi nella mia mente allo stesso modo.
Lo facevano Axel ed Ewan mentre si sbracciavano per avvertire l'altro del pericolo, e così li imitava il numeroso gruppo di uomini che ci raggiungeva dai ritagli più reconditi di quel bosco.
Strepitavano e sputavano imprecazioni di ogni tipo, ma soprattutto esultavano, perché ormai avevano trovato ciò di cui erano alla ricerca.
«Sono lì», sentenziò un tono squillante in lontananza.
Venne subito seguita da molteplici altre, provocandomi una morsa al petto. Il fuoco delle loro torce investiva il buio e le loro sagome rendendole ai miei occhi ancora più minacciose.
Io ero immobile, attonita da quella visione pregna della consapevolezza di essere in pericolo e dall'impossibilità di agire in qualsiasi modo.
Avevo fatto un giuramento, una promessa che mi impediva di assecondare l'impulsività che mi aveva accompagnata durante quei giorni.
E dunque, sebbene non ne comprendessi neanch'io la ragione, avevo acconsentito anche a rinunciare ad agguantare l'arco che appesantiva la schiena del signor Reid.
La mia replica mi aggrediva i pensieri dall'esatto istante in cui aveva abbandonato le mie labbra, lasciandomi con una sensazione di smarrimento e di malessere.
«Dannazione», sbraitò Ewan al compagno, «Dobbiamo andarcene, Axel, dobbiamo andarcene subito!»
Il signor Darroch aggrottò la fronte, poi si voltò verso di me e mi scoccò un'occhiata rapida.
Il suo sguardo era mutato, scuoteva la testa in segno di dissenso.
Chiudendo gli occhi si lasciò andare in un lungo sospiro, infine accettò a denti stretti la sua proposta.
«Di qua» pronunciò con un cenno rivolto a sinistra; attese il nostro movimento, quindi ordinò al suo cavallo precipitarsi in quella direzione.
Nell'affanno del tragitto mi parve quasi di percepire i rami degli alberi richiudersi sopra di noi, la neve che li ricopriva precipitare per soffocarci.
Un gemito annunciò il mio dolore quando ne avvertì uno sfregiarmi un braccio.
«Credo», esordì il signor Reid con la voce provata dallo sforzo, «che ti abbiano riconosciuto, amico».
Nemmeno in una situazione tanto paradossale era disposto a liberarsi del suo peculiare umorismo.
«Dici davvero?», Axel assecondò il suo sarcasmo. «Speravo di essere riuscito a scamparli».
Percepii un certo disorientamento notando il divertimento genuino che gli distendeva i lineamenti.
Un'ulteriore offesa ci intimò di fermarci dietro di noi.
«La prossima volta impegnati di più».
Ewan ridacchiò e indicò ciò che accadeva alle sue spalle.
Il loro scambio fu quasi in grado di strapparmi un tenue sorriso, tuttavia guardare il corposo gruppo di uomini che ci inseguiva strappò via ogni sprazzo di leggerezza.
Sembrava che dai loro occhi fuoriuscisse una furia così forte da sconfiggere ogni ombra, non erano affatto disposti a desistere ed era tutto ciò che riuscivo a vedere con la chiarezza che mancava nell'urgenza di quella corsa.
Dunque tornai a concentrarmi sul percorso, deglutii stringendo la presa sulle redini e scossi la testa sperando di smuoverne anche l'angoscia.
Non riuscivo a credere che la mia vita fosse cambiata in modo così rapido e drastico, avevo la percezione che tutto scivolasse dalle mie mani prima di poterlo riacciuffare.
Di colpo, lo spostamento inaspettato del signor Darroch rianimò la mia attenzione e con essa anche il mio equilibrio.
Afferrò le mie redini e le tirò a sé con uno strattone, le nostre rispettive braccia si incontrarono in un urto vigoroso.
Quello in cui avevo da poco rimediato una ferita era appena sfuggito all'impatto con l'ennesima diramazione appuntita.
Realizzandolo, non potei che osservarlo ritrarre la mano poco prima di ammonirmi: «Fate attenzione» poco lontano da me.
«Andiamo a sinistra» la disposizione del signor Reid ci portò a imitarlo seduta stante.
Ciò nonostante, non fu sufficiente a fuggire dai tali che ci stavano cercando con così tanta foga.
«Destra» continuò Axel, ma loro continuavano a proseguire nella nostra stessa strada.
A quei comandi se ne aggiunsero pochi altri, ormai era evidente che intraprendere una rotta diversa non avrebbe in alcun modo giovato alla situazione.
«Diamine», protestò il signor Reid accanto a lui, la sicurezza di poco prima si era ridotta in modo evidente. «Sono ovunque».
Persino il mio cavallo sembrò aver accusato il colpo; lo spavento lo portava a ignorare le mie indicazioni molto più spesso di quanto volessi ammettere facendolo scalciare, propendere per una direzione opposta a quella desiderata e causandomi quasi una caduta rovinosa.
Sentivo il cuore tuonare nella gola, eppure sapevo di dover accantonare ogni emozione e pensare soltanto a mitigare quelle di Keithen, che a quel punto mi aveva più volte dimostrato di dipendere dal mio stato d'animo.
Nella folle foga della situazione cercai di accarezzarlo come meglio mi era possibile e di celare l'agitazione nella mia conseguente rassicurazione.
«Ancora uno sforzo, coraggio, stai andando benissimo» mormorai sfidando l'equilibrio pur di non conformare l'inquietudine in altre strette delle redini.
Fu allora che, proprio quando credetti di aver riconquistato parte della sua fiducia, una freccia venne scagliata poco lontana dalla sua gamba facendoci sobbalzare.
«Andate più avanti» il signor Darroch indirizzò una rapida occhiata verso di me: «Spostatevi da lì».
Doveva essersi accorto delle condizioni del mio animale e della mia attuale difficoltà, poiché non mi lasciò nemmeno rispondere.
Guidò Dour dietro di me e ricompose l'attenzione dopo aver esaminato quella gente da quella prospettiva con la mandibola contratta e la postura irrigidita.
I suoi lineamenti non reagivano in alcun modo agli avvertimenti scurrili e vigorosi che quel gruppo continuava a propinarci, al contrario: un luccichio insolito attraversò i suoi occhi quando fu di nuovo rivolto nella mia direzione.
Un uomo appassionato di caccia e pugilato (e qualunque fossero gli interessi a cui avevano accennato le figlie della signora Robertson), d'altronde, doveva per indole amare il rischio e l'incertezza con cui esso attanagliava il ventre. Vi rividi di fatto la tenacia con cui mi aveva assicurato che non mi sarebbe accaduto nulla, e quel ricordo così lontano dalla sua stessa natura riprese a tormentarmi per un istante.
La terza svolta a sinistra fu quella decisiva.
Ovunque era possibile individuare degli occhi lucidi di trepidazione che continuavano a raggiungerci come fossimo la carne più prelibata con cui sfamare il proprio appetito insano.
Ma noi continuammo a proseguire alla maggiore velocità che ci era concessa e a guardarci intorno alla ricerca di una via di fuga per poter sfuggire alla loro esaltazione.
Di lì a poco cominciarono a scagliare numerose frecce verso i nostri cavalli, facendo fremere la mia rabbia e l'angoscia di vedere il mio ribellarsi a quel trattamento.
Prese a muoversi con affanno in modo spasmodico e a emettere dei versi di terrore che avvertii contorcersi attorno al cuore, appesantendo il mio respiro con la fatica dei vani tentativi di mantenere la sua reazione e una pena immane di vederlo patire a causa mia.
Due di esse arrivarono a trafiggergli il polpaccio sinistro, e a quel punto la situazione divenne ingestibile.
Keithen si sollevò ed emise un lamento terribile, aggrapparmi a lui con tutte le mie forze fu un istinto indomabile.
Infine fuggì. Corse oltre gli alberi e il dolore ignorando ogni mia iniziativa di controllarne il tragitto, fino a farmi arrendere alla stanchezza fisica e mentale che quella faccenda mi stava procurando.
Lo fece fino a quando il dolore non divenne insostenibile e lo indusse a sollevarsi di nuovo, stavolta in modo fatale.
Caddi all'indietro e avvertì l'impatto della mia schiena sul terreno così violentemente da non riuscire a respirare, la caviglia già provata dagli avvenimenti precedenti esplose in una fitta tremenda.
Non riuscii a emettere un suono, fui soltanto in grado di dissolvere ogni tensione del mio corpo e lasciare che si posasse sul suolo una seconda volta.
L'animale che mi aveva accompagnata fino a quel momento scappò via a fatica, e più la sua figura si allontanava da me più mi chiedevo cosa mi sarebbe accaduto.
Portai una mano sulla parte dolorante e l'altra, tremante, sulla fronte.
«È qui» una voce lontana e anonima si infranse nella mia sofferenza. «Bada che tutti sappiano che a trovarla siamo stati noi e non gli altri».

Sentieri NascostiWhere stories live. Discover now