quarto

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Uno dei tanti segreti indicibili di Chanyeol girava attorno al grande palazzo dentro il quale era entrato una mattina. Detestava anche la sola vista; troppo elegante, troppo lusso, nulla che si addicesse ai suoi gusti, eppure quella fu pur sempre casa sua nell'adolescenza. Nella sua vita ebbe la fortuna di poter rendere almeno la sua stanza diversa da tutte le altre della casa, estremamente curate e in ordine, dal colore bianco candido al colore oro che rivestiva quasi tutti gli oggetti presenti nell'abitazione. Le pareti che lo avevano avvolto fino ai diciotto anni erano blu, macchiate e rovinate dalle sue ragazzate, disordinata fino al tetto, irrecuperabile come chi ci aveva vissuto all'interno.

Quel giorno guardò dall'esterno la finestra della sua vecchia piccola dimora buia e desolata, perché era esattamente quella ciò che poteva chiamare casa, non l'intera villa in cui fino a quel momento abitava e lavorava il padre.
Seguì il percorso delineato da un lungo tappeto posto all'apertura del maestoso portone, e raggiunse le scale che portavano al piano superiore. Una mandria di domestiche si precipitarono ad accoglierlo e preoccupandosi di togliergli la giacca, ma Chanyeol con uno strattone le evitò e salì le scale, arrivando giusto dinanzi la porta dell'uomo. Le mura, o qualsiasi inutile oggetto presente in quella casa era testimone di ogni sua imprecazione e ogni insulto lasciato alla persona che avrebbe visto di lì a poco.
Bussò e uno dei segretari aprì gentilmente, facendogli cenno di accomodarsi.
La nauseante puzza di sigaro fu possibile avvertirla sin dal piano inferiore, ma mai quanto all'interno della sua stanza, o meglio, ufficio di lavoro. Teneva lo sguardo di un uomo che aveva appena complottato le sue prossime mosse, le più crudeli, e sapendo parzialmente i suoi piani, si preoccupò nell'immediato.

«Chanyeol, siediti pure. Come procede?»
Nemmeno un sorriso da parte del più giovane. La sua voce lo infastidiva, i suoi movimenti e modo di porsi, lo odiava a morte, e odiava quel posto che trasudava altrettanto odio.
Prese posto sulla poltrona davanti la scrivania, rivolgendogli un'occhiata acida in contrasto con la sua decisamente più calma.

«Non ... l'ho ancora trovato» L'uomo, che di nome faceva Park Do Young, incrociò le braccia al petto, sporgendosi solo di poco in modo da poggiare queste ultime sul tavolo. Sospirò, non si dava pace ma comprendeva la difficolta del figlio ancora principiante in un'impresa grande ed importante come quella.

«Peccato, pensavo di ricevere delle buone notizie. Dunque, se hai bisogno posso sempre affidarti qualcuno che possa aiutarti. Già che sei qui vuoi un tè?» Ma Chanyeol scosse la testa, per poi abbandonare il posto con tutta la fretta del mondo. Gli sembrava di far parte di un associazione criminale, di una banda di delinquenti, e in realtà, se ci pensava meglio, era proprio così. Non era la vita che voleva; non voleva dare la caccia a qualcuno, non voleva infiltrarsi in posti in cui non aveva mai pensato di andare, non voleva studiare all'accademia d'arte solo per conto di suo padre, nè tantomeno cercare l'anima buona di Byun Baekhyun e sacrificarla per una stupida vendetta.

Come se non ci avessero già provato.

Il ricordo di qualche anno prima, il più vivido tra tanti. La macchina che aveva investito Baekhyun apparteneva a suo padre, uno dei suoi uomini era alla guida, ma ciò fu strettamente negato, le prove insabbiate e un adolescente su un letto d'ospedale privo di memoria e abbandonato alla solitudine. Lui fu responsabile quanto quel mostro per la tragedia, e ciò, al tempo, gli portò un incolmabile vuoto e un persistente senso di colpa che lo incitò ad allontanarsi per evitare di arrecargli ulteriore sofferenza.
Pensieri che fecero una visita non desiderata nella sua testa, mentre scalciava dei sassolini lungo la strada quando voleva che qualcuno scalciasse lui stesso, pur di scappare dalla tremenda missione affidatagli e che, per ovvie ragioni, mai avrebbe mai portato a termine. Mai avrebbe dato Baekhyun in pasto a quei tremendi uomini assetati di soldi.
Chanyeol continuò per la sua via fino ad intravedere l'attuale abitazione che divideva con la sorella, al di fuori di essa una figura maschile abbastanza alta e riconoscibile da chilometri. Sehun, che non appena lo vide sventolò una mano per salutarlo. Lo raggiunse a passo veloce, lo salutò con una pacca sulla spalla rivolgendogli un sorriso. Dopo la visita in quel palazzo degli orrori aveva bisogno di distrarsi un po', e Sehun arrivò al momento giusto.

trigger of love ; chanbaekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora