«E ve ne siete presi molto, ultimamente, per quel che mi pare di capire.»
La smorfia di Julius assunse una sfumatura stanca, nostalgica. I suoi occhi si posarono sul manico argento del bastone da passeggio che si portava appresso da due giorni. Le dita vi si strinsero sopra, lambendo minacciose quella che sembrava essere la testa di un cervo. Era la prima volta che Katarina si soffermava su quel dettaglio, fino a quel momento non si era accorta della maestria con cui quell'oggetto era stato lavorato da... corrugò le sopracciglia, notando d'un tratto una minuzia: un gancio. Piccolo e raffinato, un prolungamento innocente del pelo della bestia che andava a mutare completamente il senso di quell'arnese. L'impugnatura all'improvviso divenne ai suoi occhi un'elsa e lo spesso cilindro di noce un feretro - e senza alcuna attinenza col discorso le sfuggì: «È davvero un'arma incantevole.»
L'uomo sussultò. Le dita strinsero con più forza, gelose, ed in totale contrasto con quel gesto poi, sul suo volto, si sforzò d'appollaiarsi un sorriso che Miss Bahun non seppe interpretare. Era forse fastidio?
«Invero» tagliò corto allontanando lo sguardo e confermando così le supposizioni di Katarina che, come un gatto che scorge la coda del topo, si fiondò sulla questione con rinnovato interesse.
«È di puro argento? La lama non sembra essere molto... spessa. Ha la dimensione di un fioretto se non erro» Miss Bahun sapeva di star pizzicando una corda tesa, lo poteva vedere in ogni piccola contrazione sul viso del collega, dal modo in cui le sue spalle si andavano irrigidendo e le nocche spuntavano sotto il cotone dei guanti, eppure non si fermò. Era curiosa, non poteva negarlo. «Chi l'ha realizzata deve avere eseguito un lavoro di fino. L'avete commissionata voi, vero? Sembra relativ-» ed esattamente come ci si sarebbe aspettato, Lord Terry finalmente perse la pazienza. Picchiando il bastone sul fondo della carrozza mise a tacere la donna. Persino Suzu al suo fianco parve venir colto alla sprovvista, finendo col compiere un sussulto quasi impercettibile.
Nello sguardo di Julius, intanto, Miss Bahun colse la stessa luce rabbiosa che l'aveva stupita a casa dell'Exilati, facendole nuovamente chiedere quanto quell'uomo giocasse a far lo stupido e quanto, in realtà, lo fosse. Per un momento le sembrò di aver di fronte una persona completamente diversa da quella con cui aveva parlato sino a qualche minuto prima, eppure c'era qualcosa, nell'espressione del Lord, che la convinse trattarsi del medesimo vânător.
«Non siete mai stata tanto eloquente su questioni che non fossero il Caso o i Maligni da quando avete messo piede in questa città, mia cara, non capisco perché dobbiate esserlo adesso.» L'uomo si bagnò le labbra, le morse appena come a stemperare il proprio fastidio. Allontanò gli occhi da lei giusto qualche istante e poi si concesse un sbuffo dalle narici, quasi arrendendosi davanti a una constatazione fatta tra sé e sé: «Risponderò alle vostre domande perché sono pur sempre un gentiluomo, ma graziatemi con quel che resta della vostra educazione e rispettate la mia riservatezza.»
Ma Katarina non capì. Quella riluttanza, il fastidio nel parlarle di una stupida arma era per lei incomprensibile. Ad uno sguardo più attento quel bastone non sembrava in alcun modo essere un cimelio di famiglia; l'impugnatura era troppo lustra, immacolata, così come la gamba quasi completamente priva di segni d'usura. Doveva essere stato usato poco, se non mai, in situazioni pericolose, fossero queste state scontri o semplici inseguimenti. Per quel che poteva supporre, non doveva avere più di un paio d'anni - perché arrabbiarsi, quindi?

«Non vi facevo un uomo geloso, Julius,» si affrettò a dire poggiando il gomito sul bordo del finestrino e poi il viso sulle dita alla fine del braccio: «sono solo particolarmente appassionata d'armi. La mia è una curiosità giustificata.»
«E per ciò non vi colpevolizzo. Dubito vi sia un solo vânător che non sia interessato a queste cose» il suo sguardo restò altrove, così come l'espressione non si addolcì minimamente. Il suo turbamento permeava, era ovvio, ma dire su che piano si trovasse era difficile.
Lord Terry sospirò, soppesò con attenzione pensieri e parole. Dopo qualche secondo di silenzio che a Katarina fece storcere il naso e soffocare uno sbuffo, parve decidersi a parlare.
«È un'arma recente, avete ragione» la voce che riempì l'abitacolo però non fu quella del nobiluomo, bensì quella di Suzu sedutogli accanto. Nemmeno lui la stava guardando, quantomeno non all'inizio del discorso. Osservava fuori dal finestrino tenendo traccia di qualcosa, forse le strade, i volti o i pensieri che stava mettendo in fila nella mente: «È stata realizzata poco più di un anno fa da un orafo ormai in pensione, un caro amico della famiglia Terry.»
«Un orafo?» Miss Bahun scandì bene quel titolo, lo fece con estrema cura, confusa, subito prima di stringere tra le labbra una risata: «Per quanto poco possa conoscere la vostra lingua sono certa che si dica fabbro, o armaiolo, non orafo.»
Le dita di Julius allentarono la presa sull'elsa, carezzarono lente la testa del cervo privo di corna. Con la coda dell'occhio Katarina lo vide scivolare dal muso allungato dell'animale su lungo la fronte, il capo e le orecchie, fermandosi una volta raggiunta l'estremità più vicina a sé.
«No, intende proprio ciò che ha detto» sibilò: «Ho chiesto a un orafo in pensione di crearmi un'arma speciale, unica» forse mordendosi la lingua, l'uomo si volse nella stessa direzione dell'amico: «il poveretto si è rintanato un mese nell'officina di un fabbro e ha collaborato con lui, poi ha speso altri quindici giorni nella falegnameria di un fratello più giovane che sta a Whitechapel. Dopo due mesi mi ha portato questo gioiello. Un fioretto dalla lama più spessa, simile a uno stiletto ma resistente quanto una spada vera e propria, tutto argento. Non gli sarò mai grato a sufficienza» dichiarò infine, portando finalmente l'attenzione sull'interlocutrice che, seppur insoddisfatta dalla risposta, non pretese altro. C'era qualcosa, nella vacuità dell'espressione di Julius, che aveva il sapore della forzatura - e d'un tratto le fu impossibile insistere. Comprese da sé che la parte succosa riguardante l'origine di quell'arma era qualcosa di cui nessuno dei colleghi voleva parlare, una sorta di segreto tacitamente accordato.
«Spero che il pover'uomo si sia fatto pagare bene, viste le pretese» bofonchiò dopo qualche momento di riflessione prima di riportare lo sguardo fuori dell'abitacolo, esattamente come Suzu. Non aveva alcun senso insistere, non quel giorno quantomeno - e se la sua speranza di levarsi quei due di torno nel giro di poco si fosse rivelata reale, probabilmente mai. Potevano tranquillamente tenersi i loro segreti, lei ne aveva già abbastanza con cui fare i conti.

Miss Bahun: caccia ai vampiriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora