PROLOGO: Un inizio malinconico

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Vedere il mondo dall'alto del cielo mi fa sentire tanto grande ma anche tanto piccola. Guardo le distese di alberi e campi sotto di me, e sorrido all'idea di pardercimi dentro. Mi immagino vagare in lungo ed in largo, e fermarmi a contemplare paesaggi mozzafiato che non conosce nessuno...nel più totale silenzio.

Mi rilasso al solo pensiero, desiderando ardentemente di trovarmi a terra per sentire i fili d'erba tra le dita dei piedi, per sentire i profumi del bosco....per udire i suoi rumori. Ma tutto ciò che sento è l'uomo accanto a me che russa, con quella schifo di bavetta all'angolo della bocca che sembra voler cadere da un momento all'altro.

Alzo la musica in cuffia, cercando di isolarmi da quel luogo troppo affollato per i miei gusti. Cinguettii di uccelli e frusciare di foglie mi inondano le orecchie, l'acqua che scorre ha un effetto rilassante sui miei nervi e poi....il piano. Quanto mi manca sfiorare quei tasti bianchi e neri, ma tutte le volte che mi ci avvicino non faccio che ricordare ciò che ero...ciò che eravamo.

Tante volte mi sono avvicinata al piano che abbiamo in casa tante me ne sono allontanata, non riuscendo a sfiorare neanche un tasto.
Quel piano è di papà. Si è portato via tutto, tutto tranne quello "te lo lascio, fanne buon uso" aveva detto, inutile dire che ora è nel soggiorno di casa mia, scordato sotto una coperta di polvere.

È ironico pensare che ora sto andando dall'uomo che mi ha rovinato l'idea della musica, al tempo mia unica passione.

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