Capitolo 7

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Il sole delle undici picchia forte sulle tempie. Il sudore scende lento sulla fronte puntando dritto verso l'incavo del collo.
Il respiro si trasforma presto in affanno e i piedi diventano gelatina a contatto con la sabbia dura della riva.
Abbiamo ,o meglio, Caleb ha iniziato a correre dieci minuti fa ed io mi sono sforzata di seguirlo, arrancando.
Come ora.
Lui, davanti a me con la schiena dritta, a passo spedito lungo la battigia.
Io cerco di stargli dietro.
Mai e poi mai gli darei la soddisfazione di vedermi arresa.
Percorriamo ancora un paio di chilometri, e l'acido lattico mi sta servendo il suo piatto migliore, cibandosi dei miei poveri muscoli.
La respirazione,ora, è assente o quasi. Ho praticamente finito la scorta di ossigeno nei polmoni e sto chiedendo aiuto alla mia gola buttando fuori gli ultimi bocconi di aria. Le mie ghiandole sudoripare stanno spruzzando gocce di sudore fino agli occhi, che ora bruciano e fanno fatica a rimanere aperti.
La salivazione si è completamente azzerata.
Basta. Mi arrendo.
Bandiera bianca.
Cerco disperatamente la voce in fondo la laringe,ma quando le mie labbra secche articolano il nome di Caleb, altro non esce che un anelito basso e senza suono.
Allungo un braccio verso di lui, e tento di toccare la sua schiena muscolosa, ma senza successo.
L'ultima cosa che riesco a percepire è il sole sulla fronte, e qualcosa di duro contro la mia schiena.
Poi, il buio.

"Cazzo Ros,apri gli occhi. Forza, dannazione".
La voce è ovattata, sembra lontanissima. Il mio corpo pare muoversi leggero come in balia delle onde.
Oddio! Sono morta davvero.
Stavo correndo fino a un attimo fa e ora dovrò condividere l'inferno con mio fratello. Perché la voce che arriva di nuovo su di me è proprio la sua. "Mi senti Ros? Cazzo,cazzo cazzo!"
Se non sapessi che mi odia, direi che sembra quasi preoccupato per la mia situazione.
Non è l'inferno dove sono precipitata a preoccuparmi, ma è doverlo condividere con lui che mi rende pazza.
Nonostante gli sforzi, non riesco ad aprire gli occhi,ma avverto la sua presenza su di me.
Mi stringe i polsi, bagnandoli con l' acqua salata e le sue gambe stringono i miei fianchi, cingendoli con le sue gambe forti.
È a cavalcioni su di me.
Tento con tutte le forze che ho di respingerlo, ma invano. Il suo peso è dieci volte il mio, inerme.
Non riesco a muovere nemmeno il mignolo del piede.
Forse sono morta e forse, dico forse... Questa sensazione di lui che mi stringe i fianchi con veemenza non mi dispiace poi così tanto.

Mi scuote varie volte con le mani sulle spalle quando  avverto le sue labbra umide toccare le mie secche e screpolate dalla disidratazione.
Sbarro immediatamente gli occhi, ed incontro i suoi, chiusi.
Con mia grande sorpresa trovo la forza da qualche parte dentro di me e  lo spingo via facendolo rotolore sulla spiaggia.
Spalanca gli occhi, sorpreso, anche lui del mio risveglio o della mia forza, prima di sbottare. "Sei impazzita, cazzo?"inveisce.
Non ci vedo più. La rabbia mi acceca del tutto.  " Ah, io sarei pazza?!" Gli punto il dito contro, prima di continuare. " Io quasi ci rimetto le zampe per colpa della tua cazzo di fissa da maratoneta e tu non perdi tempo per saltarmi addosso! Ed io sarei la pazza!?" urlo contro il suo petto.
Caleb assottiglia gli occhi e increspa le ciglia, poi d improvviso sorride amaro, il suo tono è serio e duro. " Ascoltami bene, ragazzina! Perché te lo ripeterò solo un ultima volta: io non ti scoperei nemmeno se fossi l'ultima donna rimasta sulla faccia della terra. E in quel caso preferirei comunque fare da solo. Ti è chiaro il concetto?" Conclude con disprezzo, puntando il dito contro di me.
Rimango di sasso perché le sue parole hanno un effetto boomerang sul mio stomaco.
Mi gira ancora la testa, mi sento debole, ma le sue parole mi hanno toccato ancora di più di quanto mi sarei mai immaginata.
Non so cosa mi abbia ferita di più, se il suo tono di spregio, o il fatto che non lo attiri nemmeno un po'.
Forse la seconda, è molto più umiliante.
Non gli rispondo. Semplicemente indietreggio e quando sono sicura di aver messo un buona distanza tra di noi, mi volto,gli do le spalle e mi incammino per tornare a casa.
Lo sento chiamarmi da lontano. Ripete il mio nome più volte,  ma non mi giro nemmeno una volta verso di lui.
Non voglio avere niente a che fare con lui. Porta solo guai e io ce ne ho già abbastanza per conto mio.
Quando sento i suoi passi avvicinarsi sulla spiaggia deserta, mi volto di scatto e lo fulmino con lo sguardo. Lui si blocca a pochi metri,vicino la riva.
Con  un gesto veloce,mi libero della sua maglietta e del suo odore così buono e la getto con rabbia nel mare.
Lui spalanca la bocca e inarca le sopracciglia, ancora una volta sorpreso del mio gesto.
Non me ne curò,ricambio il suo sorriso tirato di prima e torno suoi miei passi, verso casa.

Un desiderio da nascondereحيث تعيش القصص. اكتشف الآن