11. Samir

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La casa di Filo è gigante. Abita poco fuori dal centro, in una zona lussuosa e in una villa moderna con arredamenti altrettanto moderni e, soprattutto, genitori moderni. Se chiedessi io ai miei di lasciarmi l'intera casa per festeggiare il compleanno, probabilmente sarebbe il mio ultimo compleanno. Cioè, non arriverei nemmeno a festeggiarlo perché mi ammazzerebbero prima.

Non per niente, per venire qui stasera ho dovuto sudarmi ogni concessione: pulire tutta casa per farmi dire di sì, prendere non meno di sei all'interrogazione per restare oltre le dieci e aiutare i miei cugini con i compiti per dormire dalla mia migliore amica.

Sembrava impossibile, ma alla fine ci sono riuscito e ho anche avuto il tempo di farmi bello, da vero Cenerentolo che si rispetti. La mia fata madrina, Alice, mi ha obbligato a sciogliere la bandana e lasciare i riccioli liberi sulla fronte. Non mi ha comunque tolto la possibilità di usarla in un altro modo e l'ha fatta diventare una simpatica cintura. Ora indosso un paio di pantaloni color pergamena stretti attorno alla vita e una camicia che si chiude sul collo con bordo ricamato in oro. Era di mio papà, ma mamma l'ha passata nel mio armadio quando ha iniziato ad andargli stretta. Il mio look è per metà etnico e per metà sexy: sono contento di sembrare un gran pascià persiano con un culo apprezzato a livello internazionale. Non per tirarmela, però è incredibile quello che un paio di pantaloni giusti possono fare.

«Mamma mia, quanto sei figo» commenta Alice, dandomi uno schiaffo sul sedere e facendo ridere Filo.

«Troppo, Samir» commenta il mio amico, forse oltremodo sincero a causa delle birre che suo fratello, già maggiorenne, gli ha procurato. In un moto di cameratismo, infatti, sblocca il telefono, circonda me ed Alice con un braccio e ci avvicina per fare un selfie. «Non vi hanno insegnato che non si deve far sfigurare il festeggiato?»

«Ma che dici? Anche tu sei da urlo» commenta Alice mentre ammira la foto su cui Filo inserisce i tag, pronti per la condivisione sui social. «Mi sento l'intrusa, qui.»

Lancio uno sguardo ad Alice, nascondendo un rimprovero tra le ciglia. Non mi piace quando inizia con queste frasi: a volte sono solo modi per attirare l'attenzione, altre il vero e proprio preludio di qualche crisi esistenziale. Più grande è l'evento, più alto il rischio che per lei finisca male; ma stasera mi sono raccomandato affinché se la vivesse con serenità.

Alla fine ci conosciamo tutti, siamo a casa di un nostro amico e non ha invitato nessun personaggio scomodo. So che non si può scegliere quando farsi venire gli attacchi di panico, ma Alice deve uscirne, un po' alla volta, e ricominciare a sentirsi bella, libera e sicura di sé.

Non avrebbe motivo, tra l'altro, di non reputarsi tale: stasera ha i capelli luminosi e profumati, un vestito che le si gonfia sulle spalle e un sacco di occhi addosso. Se aprisse i suoi, si renderebbe conto di tutto quello che si sta perdendo.

Quando Filo sparisce per fare altre foto ricordo, io mi volto verso di lei con cipiglio minaccioso: «Niente vittimismo. Voglio vederti ballare, divertire e possibilmente limonare il tipo che ti sta fissando».

Accenno ad un punto vicino al camino e lei setaccia l'area fino a localizzare l'obiettivo.

«Uh, un dieci e lode! Ma chi è? Non l'ho mai visto a scuola.»

I miei occhi fanno spola tra l'aria comoda del tizio e la sua estrema somiglianza con Filo: «Credo un altro capolavoro della stirpe Prosdocimi. Bello, ricco e possibilmente meno gay di suo fratello, vista l'acquolina con cui fissa il tuo culo».

Alice mi spinge con un fianco: «Smettila! Mi starà guardando perché ha riconosciuto la famosa meretrice del tecnico e gli dà fastidio averla in casa».

Prendo un profondo respiro, ma non serve a calmarmi: «Alice, per favore, resta nella tua testa e finiscila di cercare di entrare a tutti i costi in quella altrui».

Credo nei miraggiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora