Non è ancora troppo.
Qualche bacio da ubriachi, niente che non si possa superare.
Churchill avrà ancora Cyn, e io avrò ancora lui.
E un giorno, magari, quando avremo dimenticato tutto questo, potrò ancora parlargli di Oxford senza il terrore di vederlo sparire per sempre.
O potrei non parlargliene mai, perché una cauta distanza di sicurezza è comunque preferibile alla sua assenza.
Andrà bene, mi farò andare bene qualsiasi cosa.
Mi infilo in bagno, superando in punta di piedi il divano letto su cui dormono Shiva e Phineas.
Nell'accendere la luce, mi attardo per qualche secondo sulla porta, studiando i volti dei due.
Phineas dorme così come vive: tentando di non arrecare fastidio.
È raggomitolato su se stesso, nello sforzo di occupare la minore porzione possibile di letto, ma il suo corpo è privo della strana tensione che contraddistingue il sonno di Churchill.
Shiva, invece, dorme a pancia in su, gli arti scomposti e divaricati, e tutto in lui parla della sua assoluta fiducia nell'umanità.
Non si difende, non tenta di proteggersi dagli attacchi esterni.
I suoi organi vitali restano esposti: la sua gola, il suo cuore, il suo stomaco offerti a chiunque voglia ferirlo.
Ha il braccio destro teso in una posa innaturale, per consentire a Phineas di stringergli la mano, una posizione probabilmente dolorosa.
Studio quel piccolo ponte, dita che si mischiano alle dita, e lo riconosco simile ed estraneo allo stesso tempo.
Non ricordo come sia, dormire tanto serenamente.
Forse non ho mai dormito così.
Le strette, tra me e Mike prima, e adesso tra me e Churchill, sono sempre state disperate.
Io e Church non sappiamo riposare con questo abbandono, non conosciamo la benedizione di una notte sgombra dagli incubi, e probabilmente nessuno dei due si è mai steso a letto senza il terrore di svegliarsi, d'improvviso, con il cuore in gola.
Non so per quanto tempo rimango a fissarli, colto da un sentimento che è in parte tenerezza e in parte invidia, ma il tempo scorre senza che io me ne accorga.
Shiva si agita un po', nel sonno, borbotta qualcosa, ed è questo a riscuotermi.
Mi chiudo la porta alle spalle, nel timore di svegliarli, e sollevo la maniglia del rubinetto quanto basta per assicurarmi un silenzioso filo d'acqua.
Lavo i denti e sciacquo il viso, sospirando contro il tessuto morbido dell'asciugamani.
Non ho il coraggio di rientrare in camera.
Aspetto per un po', le mani strette attorno al bordo del lavandino e i miei occhi che studiano con aria scontenta il riflesso nello specchio.
La vista del mio stesso viso mi provoca una nausea tale che mi forzo a distogliere lo sguardo, raccapricciato.
Codardo.
"Non puoi stare qui tutta la fottuta notte, no?" sussurro alla mia immagine riflessa, scrutandola di sottecchi. "Prima o poi dovrai pur uscire"
Il me nello specchio ricambia lo sguardo, disgustato.
Esco dal bagno solo per rifuggire quel volto, il giudizio insito nella sua espressione; sto fottutamente impazzendo.
DU LIEST GERADE
𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennon
FanfictionQuando Paul arriva all'Università di Cambridge, il suo obiettivo è quello di far scorrere tutto liscio fino alla laurea. Il suo insopportabile compagno di stanza, Churchill, è ben deciso a rendergli le cose più difficili. E più divertenti.
53. The Unfamiliar Familiarity
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