Capitolo 7

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Avevamo passato tutta la sera a parlare del musical, di mio padre, della mia ambita parte da protagonista e soprattutto di Riccardo. Le mie amiche mi presero in giro per tutto il tempo, Rebe aveva abbracciato un cuscino iniziando a baciarlo come se fossi io dicendo:

<<Oh quanto sei bello Riccardo, vieni che conto i tuoi bellissimi riccioli.>>

<<Ragazze, sono in panico ho bisogno di voi>> risposi guardandole con gli occhi lucidi.

Ridevano a crepapelle fino a che Elena mi guardò con i suoi occhioni azzurri e disse, con voce molto alta: <<Ma come fai a stare così male per una persona che neanche conosci? Io ti voglio bene e sei la mia migliore amica, ma tu credi che questo tizio, bello come il sole non abbia una ragazza?>>

I miei occhi si riempirono di lacrime ma sapevo che non diceva quelle cose per farmi stare male; pur di vedermi felice avrebbe fatto qualsiasi cosa. Mi stava riportando con i piedi per terra.

<<Le favole esistono e ti auguro di viverne una>> aggiunse

<<ma magari non con lui, oppure si, chi lo sa, ma ti prego non stare male. Ti ho vista piangere troppe volte per degli stronzi che non ti meritavano, e non voglio che succeda di nuovo.>> Volevo risponderle, ma lei continuava:

<<Ti ha salutata, ti ha chiamato "ragazzina", ma non vuol dire che tu sia il centro dei suoi pensieri. Forse si sente solo in colpa perché avrebbe potuto ucciderti.>> Rebe la guardava impietrita mentre io piangevo a dirotto. Nessuna delle due aveva avuto il coraggio di risponderle.

<<Hai ragione non succederà>> risposi con la voce tremante.

Elena con i suoi modi crudi sapeva di avermi ferita ma aveva visto già Christian ferirmi e probabilmente era troppo anche per lei, quindi sapevo che tutto quello che aveva detto era per il mio bene, solo per la mia felicità.

Asciugate le lacrime mi alzai in piedi e con la birra in mano dissi:

<<Un brindisi a Riccardo e tutti gli stronzi del mondo che non ci meritano.>> Non pensavo che fosse davvero una persona cattiva, ma non volevo fissarmi con dei pensieri che mi avrebbero torturato.

Quella notte le mie amiche erano rimaste a dormire sapevano quando avevo bisogno dei loro abbracci.

La scusa di Rebe era stata:

<<Pensi che ti lasciamo con la sindrome di Stoccolma a piangere tutta la notte?>> Stavo per dire qualcosa, quando Rebe aggiunse scocciata:

<<Si lo so che non si dice così, ma restiamo ugualmente>> mi fece l'occhiolino e restammo tutte e tre abbracciate in un lettino ad una piazza e mezza.

La mattina seguente ci eravamo svegliate tardi non riuscendo a sentire la sveglia per la scuola, così dissi a mia madre con le mani giunte in segno di supplica:

<<Mami ti prego puoi chiamare le mamme di Elena e Rebe per dirgli che oggi non andiamo a scuola? Ti prego, ti prego.>>

<<La patata bollente sempre a me eh?>> disse mamma sorridendo.

<<Grazie sei la migliore>> risposi abbracciandola.

Dopo aver avvertito le famiglie delle mie amiche, eravamo andate a fare una passeggiata al mare; è il posto che preferisco quando non riesco a mettere insieme le idee. Arrivate e distese su dei teli sulla sabbia Elena mi disse:

<<Scusa per quello che ti ho detto ieri sera, so che in questo momento ti stanno succedendo tante cose, e non dovevo sicuramente aggredirti in quel modo.>>

<<Fa niente. So che tutto ciò che mi dite è solo per il mio bene>> risposi.

<<Però, è anche giusto che, se questo ragazzo ti piace, tu approfondisca questo sentimento, io non ho ancora avuto la fortuna di avere un fidanzato che non provasse ad usarmi, quindi, fai ciò che senti>> mi disse ancora Elena con lo sguardo basso.

<<Ascolterò sempre i vostri consigli anche se sono delle parole forti. Credo che dopo l'inaspettato ritorno di mio padre io sia solo scossa ed ogni cosa mi sembra più grande di quanto realmente sia, quindi basta pensare a Riccardo o mio padre o qualsiasi altra cosa>> risposi.

<<Quanta dolcezza! Basta! Possiamo solo rilassarci un po'?>> disse Rebe guardandoci con le braccia incrociate.

Quella mattina era volata tra chiacchiere e confidenze, così verso pranzo eravamo tornate a casa.

Mi sentivo molto meglio: avevo chiarito con la mia amica e tutto sembrava essere tornato come prima. Volevo sentire mio padre, anche se non ero pronta ad incontrarlo.

<<Ciao Andrea, non mi aspettavo una tua chiamata>> mi disse sorpreso.

<<Come stai?>> gli risposi sentendo un nodo alla gola.

<<Sono stato meglio, ma adesso che ti ho sentita sto bene>> mi disse con la voce instabile, sembrava che da un momento all'altro sarebbe scoppiato in lacrime.

<<Voglio solo che tu sappia che le parole dette l'altra volta non erano per ferirti, ma solo perché è tutto così strano per adesso. Di certo non mi aspettavo il tuo ritorno>> continuai.

<<Io ci sono e aspetterò tutto il tempo che vuoi>> mi rispose.

<<Grazie, ciao papà.>>

<<Ciao tesoro, riguardati>> mi disse, e dopo qualche secondo chiuse la chiamata.

Era stato bello parlare con lui anche se per poco, mi aveva confermato che non intendeva abbandonarmi una seconda volta e che aspettava soltanto una mia parola per provare seriamente a costruire un rapporto con me.

Ripassai le battute del musical per distrarmi un po' e ci riuscii, stavo davvero meglio, anche grazie a quella chiamata.

Adesso dovevo solo concentrarmi con le prove del musical e con i compiti in classe, dovevo impegnare i miei pensieri per qualcosa che amavo fare: il teatro. 

Ti Ho Già Incontrato &quot; La Realtà Dentro Di Me&quot;Where stories live. Discover now