Capitolo 24. Il marchio di Gideon I

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Fino al giorno della morte, nessuno può essere sicuro del proprio coraggio.
Jean Anouilh

***

Il vento mi scorreva ovunque: viso, collo, tra i capelli. Avevo il fiato corto e le guance in fiamme, strinsi i pugni continuando a spingermi in avanti sforzando i muscoli delle gambe, i piedi mi inciamparono tra un ramo ma una mano mi afferrò in tempo impedendo un'ulteriore perdita di tempo che sarebbe stata catastrofica.

Leonore mi lanciò una veloce occhiata esortandomi a continuare nella nostra corsa frenetica, i suoi occhi saettarono alle mie spalle attirati da un rumore che non prometteva nulla di buono.

Si morse il labbro inferiore e poi si voltò ricominciando a correre tra gli alberi, cercai di starle dietro e seguire il colore rossastro dei suoi lunghi capelli, ma lei era una non umana e mi capitava facilmente di perderla di vista per qualche secondo così mi attenevo all'uso dell'udito per ascoltare il fruscio delle foglie che calpestava e dei rami che spezzava, per questo fu incoraggiata a non fermarsi. Emisi un grugnito quando il rumore alle mie spalle si fece sempre più vicino, mi aggrappai all'aria facendola con le mani come se questo potesse servirmi a dare forza al mio corpo ma l'essere alle mie spalle fu più veloce e in un attimo il mio viso fu contro il terriccio e i piedi stretti tra loro.

Merda. Mi sollevai sui gomiti con il respiro affannoso e osservai la corda con due palline alle estremità, era sulle mie caviglie ed era stata quella a farmi cadere; toglierla mi fece perdere del tempo prezioso e quando ci riuscì lui era già di fronte a me. Mi guardò dall'alto con superiorità mentre il petto faceva su e giù velocemente, anche lui era stanco proprio come me.

Tentai di rimettermi seduta ma il suo piede spinse contro il mio petto facendomi sdraiare completamente tra le foglie secche, la prima cosa che vidi furono i suoi capelli castani e gli occhi sottili e verdi come i cespugli non molto lontani da me, lo stemma placcato in oro della NUC brillò sotto la luce del sole e allora sentì i muscoli del viso contrarsi fino a farmi male.

All'improvviso le sue labbra sottili si distesero in un sorriso, una fossetta apparve sulla guancia sinistra; si passò una mano tra i capelli ridendo tra se e se senza mai distogliere lo sguardo da me, strinsi i pugni cercando di capire cosa ci fosse di così tanto divertente in quella situazione, strinsi la sua caviglia con la mano destra in modo da liberarmi, poi mi alzai indietreggiando guardando tra gli alberi se i miei compagni fossero ancora nei paraggi.

«Cavolo se sei veloce»

Mi voltai di scatto verso l'agente e rabbrividì quando vidi una pistola puntata nella mia direzione, deglutì mentre lui fece un passo nella mia direzione continuando a tenere saldamente l'arma.

«Stavi cercando i tuoi amici prima, non è vero?»

Non risposi seppure mi parlasse con un tono calmo che prometteva solo cose buone, lui sembrò capire che la strategia non funzionasse, i suoi occhi si accesero di una strana luce.

Abbassò l'arma continuando a sorridermi dolcemente. «Vuoi dirmi il tuo nome?»

Come se non lo conoscessi già.

Roteò gli occhi. «Posso dirti il mio in cambio.»

Strinsi le spalle pregando silenziosamente che sarebbe finito in fretta, quella scena era patetica, spero almeno che loro siano riusciti a scappare abbastanza lontano e che non siano stati raggiunti dagli altri tre agenti, riesco ancora a vedere gli occhi spaventati di Reed e lo sgomento di Logan. Mi passai una mano tra i capelli sospirando pesantemente, sapevo che lui mi stava ancora guardando.

«Lo trovi divertente?» gli domandai serrando la mascella.

Lui annuì mentre gettò con nonchalance l'arma sul terriccio, ignorò la mia occhiata confusa e si avvicinò fino ad avere il mio viso ad un centimetro dal suo, dalla sua gola uscì una risata bassa e prima che potessi ribattere ancora mi ritrovai con il viso contro il tronco di un albero e il suo letto schiacciato sulla mia schiena, le sue mani tennero saldamente stretti i miei polsi in alto sulla corteccia fino a farmi male.

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