Capitolo 13. Sussurro del diavolo I

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Il mattino seguente trovai le dita affusolate di Logan affondate in una morsa delicata nella fodera del mio cuscino, le ciglia folte e nere immobili che facevano da cornice alle palpebre abbassate. Durante la notte la sua canottiera si era alzata fino a rivelare una parte della pelle pallida dello stomaco, la brezza del vento continuava a farlo rabbrividire mentre dormiva beatamente come un bambino.

Sperai solamente che mia madre non sarebbe tornata prima dal lavoro, cosa improbabile, ma meglio non allontanare del tutto quel pensiero.

Sistemai silenziosamente la bretella dello zaino sulla mia spalla e chiusi la finestra mordendomi il labbro inferiore tentando in alcuni modo di non emettere nessun suono che avrebbe potuto disturbare il Logan dormiente sul mio letto, poi uscì dalla mia stanza salutando mio padre con un veloce bacio sulla guancia intento a guardare la tv in salotto.

Arricciai le labbra restando qualche secondo sullo stipite della porta, osservai l'uomo che più amavo davanti a me scuotendo lentamente la testa.

«Credo sia meglio leggere un libro, restare tutto questo tempo davanti alla tv non ti fa bene come sostiene la mamma,» dissi di punto in bianco afferrando il telecomando sul tavolino in vetro. Come già immaginavo non vi fu nessuna replica. Porsi un libro di medicina a mio padre, il primo di una lunga serie sullo scaffale, e poi uscì di casa con in mano il mio skateboard.

Ci misi poco a raggiungere la scuola, per fortuna non era poi così tanto distante, e cercai Blake con lo sguardo tra la folla di studenti che sembravano ancora più numerosi del solito. Tutto lì dentro sembrava essere più grigio del solito, le cheerleader non alzavano i loro pon pon colorati da settimane, i giocatori di football non urlavano per i corridoi facendosi riconoscere, i giocatori di basket e pallanuoto sembravano non ricordare più nemmeno come far tornare l'allegria ai propri compagni.

Sembrava tutto così spento.

Blake compreso.

I suoi capelli neri scompigliati non erano tenuti fermi dal gel come al solito, portava vestiti larghi e continuava a guizzare i muscoli del braccio faticando a sorreggere il dizionario di latino; lo raggiunsi da dietro posando una mano sotto la sua in modo da aiutarlo e lui volse il viso nella mia direzione facendomi sentire immediatamente inghiottita da un buco nero. Le sue labbra violacee e la pelle pallida gridavano stanchezza da tutti i lati, scrutai gli occhi castani spenti cercando qualcosa che avrebbe potuto ricordarmi il mio solito Blake sorridente e carico di vita, ma non trovai nulla.

Il labbro inferiore mi tremò. «Blake...» sussurrai «che ti è successo?»

Lo guardai con attenzione cercando di non farmi sfuggire nessun dettaglio dei suoi gesti, alzò un braccio a fatica passandolo con fare naturale sui capelli e stirò le labbra in un sorriso che tradiva la sofferenza palpabile nei suoi movimenti.

«Mi piacerebbe dirti che sono in ottima forma»

«Stai cadendo a pezzi.»

«Esatto tesoro, questo non posso nasconderlo..» rise facendo comparire la sua unica fossetta sulla guancia sinistra, ma notando il mio sguardo preoccupato si fece serio di colpo. «Stanno cospirando qualcosa, la non uman corporation e tutti i suoi dipendenti. Lo so, lo so Gwen che sembra strano, ma guardami... mi hanno iniettato qualcosa e sto cadendo a pezzi, ora dopo ora. Mi hanno fatto qualcosa, non riesco neanche a pensare con lucidità senza provare un fottuto mal di testa!»

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