29. Fallen Angel

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Émer controllò di nuovo la macchina fotografica, cambiò la scheda di memoria e ricontrollò la seconda batteria. Tutto pronto.
"Ehi Em... Da questa parte"
Marco si sbracciava sopra di lui dagli spalti.
Émer bofonchiò ricordarmosi di avere in bocca il pass. Gli fece cenno di saluto e si avviò dentro il palazzetto.

Marco lo aspettava seduto scomposto, Émer gli sorrise imbarazzato. Non era ancora a suo agio con quel ragazzone, ma era felice che i loro attriti si fossero appianati.
Dopotutto si preoccupava davvero per Garvin, e una volta che avevano chiarito che entrambi volevano che Garvin non rinunciasse ai propri sogni ogni problema era scomparso.

Émer prese il bottone di Cáel e se lo rigirò tra le dita.
"Ti capisco sono dannatamente nervoso pure io... Ma la gara precedente è andata alla grande e i suoi programmi sono stupendi, andrà bene"
Émer strinse il bottone e sorrise a Marco, era stato bello conoscerlo e scoprire quanto l'aspetto potesse ingannare. Dai suoi due metri di muscoli e tatuaggi, con il suo sguardo torvo e il passato da giocatore di calcio di serie A, non si sarebbe mai detto che potesse apprezzare sinceramente tanto il pattinaggio artistico e Garvin, ma era così.
E Émer si era ritrovato un inaspettato amico. Con lui aveva condiviso in parte le sue esperienze con Cáel. Parlarne lo faceva stare bene, ma non alleviava la mancanza.
Spesso intravedeva il filo rosso, ma la speranza di ritrovare l'amore si stava sgretolando.

Garvin fu annunciato per il riscaldamento e Émer saltò in piedi per fotografarlo.
Fu un attimo, il bottone gli scivolò di mano e rimbalzò sparendo tra i sedili sottostanti.
Émer si lasciò sfuggine un gemito, dette a Marco la macchina fotografica con tutta furia e si precipitò giù.
Non notò che il filo rosso al suo dito si fosse illuminato e avesse iniziato a vibrare. Era troppo concentrato sul cercare tra le persone sedute il bottone scomparso.
Si scusò e cercò con disperazione finché non lo intravide.
Si infilò tra le persone poi una mano lo afferrò.
Émer intravide degli scarponi neri, dei jeans una felpa a cui erano appeso una miriade di carelli STAFF, SECURITY... e quando Émer sollevò lo sguardo sul volto la voce gli morì in gola. Il grazie rimase cristallizzato sulle sue labbra. La mano che gli porgeva il bottone, due enormi occhi scuri coperti da un ciuffo ribelle che prontamente l'uomo si portò dietro la testa. Émer rimase a fissare quel volto, privo di segni ma indubbiamente il suo, un neo sotto all'occhio destro, un sorriso sornione, ma soprattutto fdue inconfondibili occhi di tenebra.

"Il prossimo programma libero è dedicato a un amico che spero possa ritrovare la fiducia, che ha perso ma che non deve smettere di sperare, per te Émer!"
Garvin restituì il microfono e lanciò un bacio nella direzione dell'amico che si sentì avvampare, avrebbe voluto sparire, soprattutto perché l'altro lo stava fissando.
"Immagino che sia tu..."
Émer abbassò lo sguardo, non riusciva a credere alla vice che sentiva, tremante allungò la mano per prendere il bottone. E inciampò sul gradino alle sue spalle.
L'altro lo afferrò prontamente e lo trasse a sé. Quando Émer lo guardò di nuovo sentì il suo cuore vibrare, erano davvero gli occhi di Cáel quelli che stava osservando?
"Strano..." sussurrò l'altro stringendogli la mano "perché hai un filo stretto al dito?"
"Cáel..." ansimò Émer incredulo.
"Cam, mi chiamo Cam..." rispose l'altro con un sorriso sempre più grande.
Émer sentiva il cuore martellargli in gola, il caldo corpo del suo soldato stretto al suo, il mondo svaniva, l'uno era perso negli occhi dell'altro mentre il filo si stringeva attorno alle loro anime finalmente riunite nello stesso tempo e luogo.





#WritOber2021 #fanwriterit Day29. Spokon!AU


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