5. You Grip Me

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"Em stai fissando il vuoto da troppo, bevi il caffè o posa quella tazza..."
Émer carezzò la ceramica, scostando lo sguardo da Cáel, invisibile agli occhi dell'amico.
Lo spettro se ne stava in piedi a braccia conserte osservandolo con piglio offeso, Émer sorseggiò la bevanda ormai fredda, un caffè davvero pessimo. Garvin non sapeva preparare nemmeno quello, ma Émer voleva solo fingere di ignorare quello spettro.

Assurdo, si disse tra sé e sé, dopo averlo cercato per anni adesso fingeva che non esistesse. Ma dopotutto era solo curioso di conoscere la sua storia, non mescolare le sue esperienze con quelle di un estraneo.
Non era egoista se voleva chiudere quello spettro ricolmo di dolore fuori dal proprio cuore.

"Em devo lasciarti solo anche oggi..."
A quelle parole di Garvin Émer annuì e fu certo che lo spettro avesse sorriso.
"Devo andare da mia madre, sai... Ha bisogno che la aiuti in... Sai quella cosa..."
La risata dello spettro lo fece rabbrividire ma Émer cercò di dissimulare, concentrandosi sulle parole di Garvin.
"Garv... Non serve che tu menta, va tranquillo..."
L'amico sorrise imbarazzato e si congedò rapidamente.
Émer deglutì cercando di ignorare lo spettro che si avvicinava lentamente.
"Adesso smetterai di ignorarmi? Siamo soli... Nessuno potrà prenderti per pazzo... Quindi..." Cáel allungò la mano verso il vivente ma l'altro si ritrasse come scottato. Un'ombra di puro furore balenò negli occhi dello spettro. Voleva percepire la realtà e poteva farlo solo attraverso Émer e quello stupido ragazzino non poteva negarglielo. Il tavolo finì ribaltato, Cáel afferrò l'altro per il collo e lo trasse a sé d'istinto. Il tempo di realizzare cosa avesse fatto e i suoi grandi occhi scuri si dilatarono dalla sorpresa percependo la calda pelle dell'altro prima di scivolare nella sua mente.


Cáel si ritrovò  rannicchiato sul pavimento della sua stanza, nel corpo di Émer, Cáel  sorrise

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Cáel si ritrovò rannicchiato sul pavimento della sua stanza, nel corpo di Émer, Cáel sorrise. Poteva sentire tutto, il freddo pavimento premere contro di lui, l'aria gelida della notte entrargli nei polmoni. L'amaro e salato sapore delle lacrime solleticargli le labbra.
"Em apri..."
La voce di Garvin lo fece sobbalzare. L'altro non attese una sua risposta e sgattaiolò all'interno sgusciando al suo fianco. Aveva il labbro inferiore spaccato e Cáel percepì il profondo senso di vergogna di Émer nell'osservare la ferita sul volto dell'altro.
"Dovevo aiutarti... Sono un vigliacco..." Le lacrime premevano, ma Émer le frenava con tutto se steso.
Garvin gli sorrise "Io so chi sei, e non ti incolpo della stupidità degli altri, né ti chiederei mai di esporti più di quanto ti senta di fare..."

Cáel scivolò ancora più indietro, dei ragazzini lo stavano additando "Tu lo sapevi?"
Rimase bloccato, incapace di rispondere. Certo che sapeva, era il suo migliore amico.
E anche lui conosceva molte cose, segreti che a nessun altro avrebbe rivelato. Come il suo primo desiderio, qualcosa a malapena ricordato, ma che nel tempo si era radicato in profondità dentro di lui. Quegli occhi scuri che gli apparivano ogni notte, quello sguardo sofferente.

Cáel non riusciva a mettere a fuoco i volti degli assalitori, in compenso vedeva bene Garvin a terra, ferito ma con un sorriso ricco di sfida in volto. "Pensavi davvero che potessi essere interessato a un cervello di paramecio come te? Tranquillo... Sì mi piacciono gli uomini, ma non le amebe prive di cervello..." detto questo Garvin si rialzò pulendosi il sangue con la manica della maglia.
Le risate svanivano mentre la consapevolezza che gorgogliava in Cáel lo ridestava, riportandolo al presente. Per questo lo aveva ricercato? Mero desiderio? Ciò che aveva portato le loro anime a intrecciarsi?
Una rabbia gorgogliante lo pervase mentre gli occhi dorati del vivente si sgranavano e la stretta dello spettro sul suo collo si faceva più serrata.


...

Quando lo spettro lo afferrò Émer sentì le sue dita serrarglisi sul collo.
Il panico e l'incredulità avevano lasciato il passo al terrore, quando si era sentito scivolare nuovamente nei ricordi del soldato.

Émer si ritrovò seduto a terra, mentre si stringeva il braccio destro tremante.Sentiva dolore, ogni parte del suo corpo urlava. La porta si aprì all'improvviso facendolo sobbalzare e un uomo dai capelli striati di grigio entrò nella stanza, gli sorrise e Émer sentì un brivido lungo la schiena. Lo afferrò malamente per un braccio spingendolo sul letto.

La coscienza di Émer premette cercando di fuggire, ma era bloccato in quel giovane corpo fremente. Percepiva la tensione tendere ogni fibra del corpo di Cáel che lo imprigionava.
L'uomo lasciò scivolare la mano alla cintura rimuovendola. Il primo colpo arrivò rapido sferzandogli il volto. Quando quella mano rovente lo premette contro il letto.
"Scusa, non volevo ferire quel tuo bel faccino... Ma il messaggio deve essere ben chiaro..."
La mano gli corse lungo il collo, la coscienza di Émer urlava, voleva ribellarsi a quella invasione, chiudere gli occhi, fuggire via o lottare contro quella bestia, ma non poteva.
Quel corpo era solo quello di un ragazzo, denutrito e ferito, incapace di reagire a quel peso che gravava sempre di più su di lui, gemendo e ansimando. Una bambola di pezza in balia della tempesta.


Émer emerse  dalla coscienza del soldato tremando dallo sforzo, alla fine c'era  riuscito a strappare se stesso da quell'orribile ricordo

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Émer emerse dalla coscienza del soldato tremando dallo sforzo, alla fine c'era riuscito a strappare se stesso da quell'orribile ricordo. Poteva ancora sentire quel corpo premere, il sudore gocciolargli sulla pelle, la compressione sul torace, la presa di quelle mani callose.

Le mani dello spettro erano ancora serrate sulla sua gola, non era più un ragazzino indifeso e la sua rabbia prevaricava la morte stringendolo nella sua morsa.



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