Cap 17 pt 2

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Il mattino dopo mi sveglio e guardo il telefono.
Nessuna notifica. Cioè, nessuna notifica che valga la pena leggere.
E così il giorno dopo e quello dopo ancora. Passano circa dieci giorni e nell'ultima settimana ho avuto a che fare con Louis Tomlinson si e no due o tre volte.
Martedì, al cambio dell'ora, lo rivedo nei corridoi. Sta uscendo con i suoi compagni dall'aula di informatica.
Ride. Sembra felice. E a me fa male vederlo così. Fa male vederlo ridere e stare bene sapendo che non sono io la ragione di tutto. Ma lo amo, per cui va bene. Voglio che sia felice e che stia bene anche se non grazie a me.
Mentre si dirige verso le scale tento di raggiungerlo.
Lo chiamo e anche se mi da la schiena sono quasi certo mi abbia sentito.
Si girano tutti a fissarmi, compreso un suo amico che gli dà una pacca sul braccio e mi indica, come per dirgli che lo sto chiamando.
-Lou aspetta 
Ma lui non aspetta, continua ad andare avanti. Vado avanti anche io. Finalmente lo raggiungo, quasi. Allungo un braccio e gli afferro il polso, ma non tanto forte. Sono troppo lontano per avere una presa salda e a lui basta niente per scappare e infilare le mani in tasca. 
-Lou
Lo richiamo e questa volta si gira, ma continua a non fermarsi.
-Ciao
-Ciao, senti io vorrei…
Ma non faccio in tempo a finire la frase che parla lui
-Scusa, ora devo andare.
E così lo vedo scivolare giù per le scale mischiandosi con gli altri studenti.
La stessa cosa è successa venerdì quando in corridoio è passato vicino al mio armadietto. Lo vedo avvicinarsi sempre con i suoi soliti amici. A quel punto penso che non abbia molta scelta. Mi piazzo proprio davanti a loro, deve parlarmi ora. Non può scappare.
Invece mi sbaglio. Non faccio nemmeno in tempo a parlare che lui già mi supera
-Adesso ho lezione.
Mi giro e lo perdo tra gli altri mentre varca la porta della classe.
Gli altri giorni non è proprio presente. 
Gli altri giorni sarebbero i giorni in cui le probabilità di vederlo potrebbero essere un po' più alte visto che abbiamo alcune materie insieme.
Noto con curiosità che i prof non ci fanno nemmeno caso però. Di solito, quando manca qualcuno, si interessano e chiedono se abbiamo notizie o sappiamo il motivo, ma questa volta no. È come se non avessero bisogno di chiedere perchè lo sanno già.
A non saperlo sono io e questa cosa non la sopporto. A quest’ora io dovrei sapere tutto di lui. Non "niente". 
Vorrei capire cosa è cambiato da un giorno all’altro. Vorrei capire perchè d’improvviso ha smesso di considerarmi. Vorrei capire cosa sta succedendo.
Ho bisogno di risposte, e se non è lui a darmele, sarò io ad andarmele a prendere.
È per questa ragione che ora, appena finito il turno serale di sabato 12 gennaio, mi trovo in macchina, con i finestrini puntellati dalle gocce di pioggia e le nocche bianche mentre stringo con tutta la mia forza le mani attorno al volante.
Sto andando al parco dove lui va in skate. Sono sicuro di trovarlo lì, oggi ho sentito uno dei suoi amici chiedere all’altro per che ora si sarebbero trovati questa sera, e l’unico posto in cui Lou e i suoi amici si incontrano è questo.
Trovo parcheggio non tanto lontano. 
Mi dirigo verso di loro senza sapere ancora cosa dire.
Vorrei dirgli tutto. Ogni singola cosa. Cosa è successo il giorno dopo del bar, come sono stato in questi giorni. Non so se sa che ho lasciato Camille. Gli ho lasciato diversi messaggi, un po’ scritti e un po’ in segreteria, in cui lo facevo intendere. per cui, anche se non gliel’ho detto esplicitamente, se ha ascoltato o letto dovrebbe saperlo.
Trovo il coraggio di scendere dall’auto e andare da lui.
Sento il cuore che batte forte. Le gambe che sembrano poter cedere da un momento all’altro. Ho la gola secca e la testa che scoppia. 
Appena mi vedono i suoi amici hanno il buon senso di lasciarci soli
-Noi andiamo a prendere da bere. A dopo.
Lou si ferma un attimo soltanto per guardare cosa sta succedendo. Quando mi vede torna a fare le sue acrobazie con lo skate.
Questa volta sono più svelto dell’altro giorno in corridoio e riesco a prendergli il polso.
Quasi cade dallo skate, ma non sembra infastidito.
-Scusa. Non volevo farti cadere, vorrei solo parlarti un attimo. 
Divincola il braccio e io lascio la presa. 
Si mette il cappuccio e infila le mani in tasca.
Che fa? Si protegge? Da me? Io dovrei essere la persona che lo protegge. La persona da cui va quando ha paura. Io dovrei essere il suo posto sicuro. 
Per la prima volta non riesco a capire cosa sta dicendo il suo sguardo.
Per la prima volta, i suoi occhioni blu sono spenti, come la luna che veglia su di noi in questo momento, coperta dalle nuvole sbiadite di un temporale che si sta allontanando. 
Lui si sta allontanando. Nel momento in cui ho iniziato ad averlo, ho iniziato a perderlo.
Per la prima volta, è lui a non essere in grado di reggere il contatto visivo. Non riesce a guardarmi negli occhi. Guarda oltre di me, perso. 
-Lou
Non dice nulla. Abbassa lo sguardo sulle sue vans allacciate larghe.
-Lou?
Questa volta alza lo sguardo.
Mi guarda dritto negli occhi. Non saprei dire che cosa leggo nei suoi. Sembrano disperati.
Sembra che voglia nascondere qualcosa e fa un'espressione infastidita. Come se gli desse fastidio vedermi. 
Sto per chiamarlo una terza volta quando parla lui. Dice solo una parola. Una parola che mi ferisce più del silenzio.
-Harry

PER I TUOI OCCHI SOLTANTO (for your eyes only) || Larry story Where stories live. Discover now