Cap 5. pt 2.

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Me ne pento a pochi passi da dove ero un attimo fa, cosi decido che gli do tempo fino alle 2:00 : se non risponde cancello il messaggio.
Alle 1:58 mi arriva un messaggio.
Mi sbrigo a guardare con le mani che, lo ammetto, mi tremano un po'.
James.

Che fai oggi

Non era a lui che avevo scritto, ma penso fosse chiaro.

Nulla.

Invio.
1:59

Andiamo al bowling?

Va bene. Non ho niente da fare

Ti passo a prendere alle sei. Pizza poi andiamo.

2:00

OK.

2:01
Guardo e la spunta non è nemmeno blu.
2:04.
2:08.
Faccio una doccia.
2:49
Ancora nulla.
3:02
3:17
3:51
Decido di lasciare il telefono in camera e andare a guardare un film con Katerine, Samuel e William.
Guardiamo Cars. So a memoria le battute ormai e loro ridono ogni volta che imito Cricchetto.
Alle 5:30 quando i piccoli fanno merenda risalgo in camera per preparami e guardo il telefono.
Quelle due ore passate senza sapere nulla erano diventate una tortura.
Ma a quanto pare ancora peggio è vedere che la situazione non è cambiata.
Nemmeno ha letto.
Decido che ormai di tempo ne ha avuto.
Cancello il messaggio, cosa che avrei dovuto fare alle 2:00 come avevo stabilito.
"Elimina?"
"Ok."
Eliminato.
Sono ancora coricato sul letto quando sento il clacson di James da sotto.
Mi affaccio alla finestra e lo vedo.
-Arrivo, mi infilo le scarpe e sono tutto tuo
Gli sorrido. Ci piace fare quella scenetta. È sempre la solita. A volte sono io, a volta è lui.
-Oh mia Giulietta, possibile che debba sempre aspettarti?
-Mio Romeo, sto per giungere tra le tue possenti braccia.
Ridiamo come due deficienti e mi sbrigo a trovare un paio di jeans, una maglietta pulita e una felpa.
Dopo pochi minuti siamo sulla sua macchina.
-Che hai fatto oggi?
-Nulla. Tu?
-Sono andato a salutare nonna e poi ho suonato un po'.
James ha sempre avuto la passione per la chitarra. È bravo, ma non crede in sé stesso abbastanza per rendere il suo hobby qualcosa di più. Ha anche una bella voce. Ogni tanto mi fa sentire quello che crea.
Arriviamo al bowling e mi accorgo che c'è davvero poca gente.
Finito di mangiare iniziamo a giocare.
Mentre lui tira io guardo il telefono.
Nulla.
Lo so, ho cancellato il messaggio ma ormai il guardare le notifiche è diventato un gesto involontario.
Come se non fosse solo più il cuore a decidere le mie mosse, ma anche la testa fosse curiosa e impaziente di sapere come quella storia andrà a finire.
-Tutto ok? È da quando sei salito in macchina che non fai altro che guardare quel dannato telefono. E con faccia preoccupata e arrabbiata se posso aggiungere.
-No nulla, davvero.
-Boh se lo dici tu. Sei strano comunque in sti giorni.
Ignoro quella sua ultima frase.
So che è così, è una delle persone che mi conosce meglio insieme alla mia famiglia. Sa quando qualcosa non va.
Verso le otto decidiamo di cambiare gioco e andiamo in un altra saletta di quel posto a giocare a ping pong.
Di solito a questo lo batto in pochi passaggi, ma, come potrete intuire, oggi no.
-Senti Harry. So che siamo migliori amici, e so che ci siamo sempre detti tutto. Ma se vuoi tenerti alcuni segreti non è un problema, ma dimmi solo se qualcosa non va. Non sei il solito Harry.
Mi guarda come se aspettasse la risposta. Qui. Ora.
Sto per dirglielo.
Sto per sputare tutto ciò che ormai da tempo mi stringe lo stomaco.
Ho voglia di buttare tutto fuori perché sto per impazzire.
E lo sto per fare, credetemi, ma poi il tavolo da gioco vibra. E poi ancora. E poi un'altra volta e ancora una.
James mi guarda dubbioso.
Sento le guance diventare rosse, il caldo mi sale per tutta la schiena. Mi sento sudare.
James va a raccogliere la pallina che nel frattempo aveva attraversato tutta la sala.
Non ho il coraggio di guardare. Se è lui potrei svenire. Se non lo è potrei crollare, ma non sapere è peggio.
Un cerotto è meglio toglierlo tutto in una volta. Veloce. Fa meno male.
Giro il telefono. Se prima ero rosso in faccia ora potrei essere bianco.
Le mani mi tremano e le gambe sembrano cedere da un momento all'altro.
Poi, sorrido.

Ho visto che hai cancellato...

Scusa ma eravamo all'acquario visto che Maya era da tanto che lo chiedeva

Non prendeva nulla

Come va?

Non uno. Non due. Non tre.
Quattro messaggi.
Non mi aveva ignorato.
Era all'acquario.
Con sua sorella.
Non so perché mi sembra strano. È normalissimo passare la domenica in famiglia. Non è normale passare la domenica come l'ho passata io.
Che dolce. Lui.
Che scemo. Io.

Ciao. , scusa, avevo sbagliato.

Invio.
Non voglio fare la figura del patetico.
Mi invento una balla.
Ormai la mia vita è un'intera bugia.
Lo so, non è bello. Ma è arrivato il momento di ammetterlo.
Nel frattempo arriva James che mi guarda con aria interrogativa.
-Tutto bene, giuro.
Ma non è vero.
Ora in tasca, il telefono vibra di nuovo. Due volte.

Ah.

Non so perché ma lo leggo con un tono deluso.
Come se fosse certo che a lui dispiacesse davvero.

Vabbe, come va comunque?

Come va? Non lo so. Oggi non bene. Per colpa tua. Per colpa mia. Non so. So che passo le giornate a pensarti, e a sentirmi in colpa. A cercare di capire come trovare il coraggio di affrontare tutto e cercare di essere libero ma ogni giorno che passa mi sento sempre più soffocare. A voler venire lì, da te, e dirti cosa sei per me ma quello che riesco a dire è soltanto "fai gli auguri a tuo padre." A imparare a non vivere in un mondo di sogni ma non voglio peggiorare tutto e rimango in una realtà dove ogni cosa è perfetta ma non riesco a darle il giusto valore. E mi sento uno schifo. Ecco come sto.
Ecco cosa vorrei scrivere ma non lo faccio. Naturalmente.

Tutto ok. Tu?

Ricomincio a giocare con James.
Finita la partita Lou non mi ha ancora risposto.
Decidiamo di fare due passi all'aria aperta. Parliamo di tante cose, anche se in realtà parla più lui che io.
Io non ci sono proprio oggi. Ma si era capito.
Arrivato a casa vado subito a letto anche se non è ancora nemmeno mezzanotte.
Faccio una videochiamata con Camille mentre lei è ancora sul pulmino che ritorna dalla partita. Hanno vinto. Come pensavo. Stiamo un po' a chiacchierare. Un po' in silenzio. Ogni tanto la vedo chiudere gli occhi. È così bella, dolce, ingenua, non si merita uno come me. Quando vedo che il sonno inizia ad avere la meglio su di lei, le do la buonanotte e chiudo la chiamata. Sto peggio di prima.
A un certo punto, mentre sto per raggiungere il mondo dei sogni anche io, il telefono sul comodino vibra.
Ammetto che per un attimo ho creduto di averlo sognato ma poi vivra ancora.

Bene. Io anche.

Senti, domani andiamo a festeggiare papà a casa dei nonni che abitano fuori città.  Per cui non verrò nemmeno a scuola. Dillo tu alla Blake se chiede, visto che si lamenta sempre che non faccio le sue ore.

Mannaggia oh, bel messaggio eh. Ok, sicuro più lungo dei miei. Ma a me di cosa pensa la Blake di lui frega ben poco.

Ok.

Lui risponde dopo poco.

Grazie Hazza. Notte.

Notte.

E di nuovo, per un'altra sera, grazie a lui scivolo nel sonno serenamente con un sorriso vero sul viso.
E rimango lì, con gli occhi chiusi, i riccioli che mi solleticano le palpebre e le coperte che mi coprono fin sopra la testa, come se mi proteggessero in un mondo sicuro, dove tutto va bene, dove quei bei momenti non andranno mai via. Lui che risponde. Lui che mi chiama Hazza. Lui che mi da la buona notte.
Lui.

PER I TUOI OCCHI SOLTANTO (for your eyes only) || Larry story Where stories live. Discover now