CAPITOLO 1

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Gridavo. Mentre sprofondavo nell'oblio, gridavo. Dovunque guardassi, c'era buio e tristezza ed il freddo pungente penetrava nella mia pelle come centinaia di aghi aguzzi.
Un dolore lancinante mi colpì lo stomaco e mi trovai all'istante steso nel mio letto, sudato, con il fiato mozzato e gli occhi spalancati.
Era sempre lo stesso incubo, ogni notte, da ormai tre mesi, precisamente, dal giorno del mio diciottesimo compleanno. Non riuscivo a spiegarmene il motivo,o il significato, eppure succedeva così.
Mi alzai lentamente, quando un senso di vertigini mi pervase dalla testa ai piedi e mi dovetti appoggiare alla scrivania per non finire con la faccia a terra. Barcollai fino al bagno e mi infilai sotto la doccia, staccandomi dalla fronte i capelli appiccicati per via del sudore. Sentii i muscoli rilassarsi sotto l'acqua bollente e mi affrettai a strofinare con decisione lo shampoo sui capelli, pettinandoli con le dita. Finita la doccia uscii dalla stanza, aprendo prima la finestra per fare uscire tutto di vapore che si era formato per l'acqua troppo calda, e mi avvolsi in vita un asciugamano, soffice come zucchero filato, che mi arrivava fino alla caviglia. Mi avviai frettolosamente verso la mia camera e mi infilai i vestiti che avevo riposto sulla sedia la sera prima: una maglietta nera a maniche corte con la scritta "STAR WARS" bianca, jeans blu, più stretti alle caviglie, ed un paio di Vans nere. Preparai lo zaino , infilandoci solo un quaderno e l'astuccio; di solito il sabato non andavo a scuola ma purtroppo tutta la classe doveva scontare un giorno di punizione.
Uscii di casa, assicurandomi di chiudere la porta a chiave, e mi incamminai lungo il vialetto che dava sul marciapiede.
Percorsi due isolati e mezzo prima di arrivare all'imponente entrata principale della mia scuola, color oro e rosso. Entrai, aspettandomi di essere travolto dalla solita enorme ressa di studenti in procinto di entrare nelle proprie aule, ma invece non successe, e mi sembrò quasi innaturale.
Mi diressi verso la mia classe, subito dopo aver preso un caffè alla macchinetta, e, appena arrivato, mi sedetti al mio solito banco, nell'angolo destro, in ultima fila.
Mi era sempre piaciuto quel posto: nessuno mi notava, nemmeno i professori, e potevo dare libero sfogo alla mia fantasia disegnando personaggi di alcuni manga, o scrivendo qualsiasi cosa mi passasse per la mente: poesie, brevi racconti, canzoni, tutto. L'insegnante era già seduto alla cattedra così mi lasciai scivolare lo zaino sotto le gambe e presi il quaderno, una matita ed una gomma, poi iniziai ad abbozzare un viso. Cominciai col disegnare metà del volto di un ragazzo, in primo piano, i capelli che gli incorniciavano le guance, senza occhi e naso, ma con la bocca rivolta in un sorriso. L'altra parte era lo stesso viso, ma circondato da fiamme, con la bocca semiaperta in una espressione rabbiosa. La mia mano si mosse da sola, incontrollata, raffigurando esattamente l'immagine che mi si era impressa nella mente, e io non riuscii a fermarla. Alla fine, a risvegliarmi da quello stato di "trance", furono una violenta scossa e le grida dei miei compagni. Chinai il capo verso l'alto e vidi la causa di tutto quello sgomento: gran parte del tetto era stato distrutto e, da un elicottero, si stavano calando due uomini.
Non riuscii a vederli bene fino al momento in cui toccarono il suolo. Indossavano delle tuniche nere, che coprivano addirittura i piedi, e dei grandi occhiali scuri, stile agente segreto. Erano alti e grossi, con delle spalle da nuotatori, i muscoli da lottatori di wrestling, e i volti freddi che non lasciavano trasparire emozioni. Si diressero verso la cattedra, uno si sedette sulla sedia libera, più a lato, mentre l'altro si avvicinò minaccioso dal professore, e lo spinse, per occupare il posto dove prima sedeva, al centro del tavolo.
- salve ragazzi - disse uno dei due - vi starete sicuramente chiedendo perché abbiamo fatto tutto questo - indicò il soffitto e poi l'intera aula - beh, non c'è un vero e proprio motivo; potevamo tranquillamente passare dall'ingresso principale, ma un'entrata in scena come questa è sicuramente più spettacolare e divertente - si fermò per respirare, poi ricominciò - siamo giunti fin qui, perché il nostro capo sta cercando dei custodi di demoni, e si da il caso che uno di voi...abbia questa caratteristica, ma ne è ancora all'oscuro - prima di riprendere il discorso guardò tutti gli studenti - non siamo stati informati dell'identità di costui, o costei, che stiamo cercando; il capo ritiene sia meglio non scoprirlo subito, ma lentamente, guardando questo custode all'opera - prese dalla tasca una ricetrasmittente, che si portò alla bocca, e premette il pulsante per la comunicazione - scendi pure, è ora ! - rimise l'aggeggio a posto e si levò gli occhiali, appendendoli all'orlo della tunica. I suoi occhi erano neri, come il petrolio, e grandi - ci è stato fornito un indizio per rintracciare il custode, ovvero, una delle persone alla quale tiene di più, e non vediamo l'ora di usufruirne -
Usufruirne? Cosa intendeva dire ?
Dall'elicottero stava calandosi un altro uomo, vestito uguale, che stringeva a se, un'altra persona, le mani legate dietro la schiena ed il volto coperto da un cappuccio nero.
- Jeremy, ben arrivato! Metti il ragazzo al centro - indicò un punto della classe, davanti alla cattedra
- Grazie John. Lukas - fece un cenno con il capo all'altro uomo, probabilmente come saluto - non vedo l'ora di assistere all'opera di questo custode! Il capo dice che è molto potente -
Spinse il ragazzo incappucciato fino al centro dell'aula poi gli si disposero affianco
- Bene ragazzi, che abbiano inizio.... - disse John mettendo la mano sulla punta del cappuccio -....le danze! -
Scoprì il volto del ragazzo ed io mi pietrificai non appena ne riconobbi l'identità: era Josh, il mio migliore amico, la persona alla quale IO tenevo di più.

Into the darknessWhere stories live. Discover now