Capitolo 8 - Controversie

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«Sarà fatto» controbattei, laconico.

Osservai Elena e la signora Dorotea che si allontanavano nel traffico, dirette verso il ristorante.

«Papà, ti prometto che per il prossimo compito studierò di più ...» iniziò Davide.

«Non mi interessa nulla del compito, non adesso. Sai qualcosa di quel Giacomo?» chiesi, interrompendolo.

La mia domanda sembrò spiazzarlo. Evidentemente non se la aspettava, e non era preparato a quel tipo di interrogatorio.

«Cosa dovrei sapere? E' il nostro nuovo vicino» rispose.

Era ovvio che sapesse altro e che non fosse intenzionato a dire di più.

«E basta? Sai solo questo? Non avete proprio parlato, oggi pomeriggio?».

«Mamma mia, non ti sopporto quando fai così» esclamò mio figlio. «Manco fossi un membro dell'Inquisizione. So che vive con la nonna- la signora Dorotea - e che ha circa ventidue anni, basta».

«Ventidue anni ... e cosa fa nella vita? Studia? Lavora? Si fa mantenere dalla vecchietta?» domandai.

Era chiaro che fossi stato troppo insistente, perché Davide iniziò a sbuffare e fece per andarsene, scocciato.

«Ok, scusa. Ti credo. Vorrei che stesse alla larga da Melissa, non mi piace» dissi.

«E forse l'Alzheimer ti sta facendo brutti scherzi, papà. Mi spiace dirtelo, ma io non sono Melissa» concluse lui, aprendo la portiera e avviandosi verso il ristorante.

Bene, l'avevo fatto arrabbiare. Ovviamente le mie preoccupazioni non lo sfioravano nemmeno. Parcheggiai l'auto e mi diressi anche io verso l'interno del locale. Un locale semplice: una ventina di tavoli disposti in serie e qualche poltrona qua e là, vicino a dei camini spenti.

«Ce l'hai fatta, amore» mi accolse mia moglie.

«Scusami, non riuscivo a trovare parcheggio» mi giustificai io.

«Nell'attesa, abbiamo iniziato ad ordinare. Non le dispiace, vero?» chiese Dorotea.

«No, si figuri. Avete fatto bene».

Il resto della serata procedette tranquillo, con Elena e la vicina impegnate in discussioni perlopiù sulla politica, intercalate a riflessioni sul tempo (che non mancano mai) e ad inevitabili e dettagliate - fin troppo - descrizioni dei malori dell'anziana.

« ... e lo scorso mese sono andata al centro osteoporosi. Sa, con l'età si rischia sempre. Il medico mi ha prescritto una cura a base di vitamina D e bifosfonati, raccomandandosi di prendere abbastanza sole. Ma dove dovrei prenderlo il sole, qui da noi? Piove trecentosessanta giorni all'anno!» esclamò, ridendo di gusto. Bevve un sorso d'acqua, giusto il tempo di riprendere fiato, e ricominciò.

«Poi sembra che tutte le malattie ce le abbia io. Osteoporosi, ipertensione, diabete ... All'ultimo controllo, il medico di famiglia dice di avermi sentito un soffio al cuore. Chissà, probabilmente anche quello non funziona più come una volta ...».

Avrei voluto interromperla e dirle che sì, è normale ad ottantuno anni che niente funzioni più come una volta, ma non lo feci. Mi limitai a scambiarmi occhiate divertite con mia moglie, che, dal canto suo, sembrava ascoltare i racconti istrionici della vicina con profondo interesse.

Avrebbe dovuto fare l'attrice. Persino quando si mise a parlare del fatto che le sembrava, quella mattina, di aver "sputato nero", Elena rimase seria e finse sincero coinvolgimento.

«Mio marito conosce una bravissima dottoressa, magari può parlare a lei del colore del suo espettorato» esclamò a un tratto, interrompendo Dorotea.

«Sul serio? Ne terrò conto» disse la donna, visibilmente interessata.

Davide, nel frattempo, un po' ridacchiava un po' chattava con l'amico Giovanni.

«Si è fatto un po' tardi» esordii.

Erano quasi le ventitré.

«Hai ragione, Edo. Direi di tornare a casa, se lei è d'accordo» propose mia moglie, rivolta alla vicina.

«Certo, avete ragione. Io tra l'altro dovrei fare l'iniezione di insulina, prima di andare a letto. Giacomo mi starà aspettando in piedi» dichiarò Dorotea.

«Non ha scuola, domani?» chiesi io, fingendo di non conoscere l'età del nipote.

«No, è già da un po' che l'ha finita. Però lavora, fa il fotografo».

«Affascinante, come attività» sostenne Elena, incuriosita. «Anche a Melissa piace la fotografia».

«Sembra proprio che abbiano molto in comune» disse la vicina, indossando la pelliccia.

Il fotografo. Ci mancava solo che avessero anche questa passione in comune.

«A proposito, vorrei ringraziarla nuovamente per oggi pomeriggio» ribadì mia moglie. «Se non fossi riuscita a contattarla, probabilmente avrei pensato il peggio».

«Si figuri. Ma come ha fatto a trovare il mio numero di cellulare? Non mi sembrava di averglielo lasciato» chiese Dorotea.

«Sono passata da suo figlio».

La risposta sembrò atterrire l'anziana, che per poco non ebbe un mancamento. Anche Davide sembrava agitato. Quei due mi nascondevano decisamente qualcosa.

«Signora Dorotea, tutto bene?».

Elena si avvicinò alla donna per sorreggerla.

«Sì, tutto bene. Probabilmente mi si è abbassata troppo la glicemia. L'avevo detto al dottore che la nuova pillola era troppo forte per me» si affrettò a rispondere lei.

Stava mentendo.

Solo pochi minuti prima aveva detto di dover tornare a casa a fare l'insulina, e adesso sosteneva di aver preso una pillola prima di cena; come se non mi fossi accorto che non aveva assunto nessun farmaco.

«D'accordo, l'importante è che stia meglio» disse mia moglie. «La riaccompagniamo subito a casa».

Passai anche il viaggio di ritorno immerso nei miei pensieri. Perché quella donna aveva mentito sulla pillola? E, soprattutto, perché aveva avuto quella reazione quando mia moglie le aveva parlato del figlio? Una cosa era certa: meglio tenerla alla larga, certa gente. Sentivo che non avrebbe portato altro che guai.

Al rientro a casa mi spogliai in fretta e mi misi a letto: l'indomani mattina mi sarei dovuto svegliare presto, come ogni santa mattina.

«Perché ti sei comportato così?» chiese mia moglie.

Anche lei si era subito messa a letto, senza neppure struccarsi.

«Così come?» chiesi, confuso.

«Stasera hai parlato poco o niente al ristorante».

«Forse perché per quasi tutto il tempo ci ha pensato Dorotea a parlare, facendoci una descrizione dettagliata di tutte le sue malattie?».

Ero stato troppo aggressivo.

«E' un'anziana, Edo. Tutti gli anziani sono così».

«Comunque quella donna non mi piace. Ha mentito sulla glicemia e sulla pillola. Nasconde qualcosa» dissi, stringato.

«E perché avrebbe dovuto farlo? Edoardo, prima non volevi trasferirti qui, adesso parli male dei vicini. E poi ... da quando tu sei un dottore?» infierì Elena.

A quel punto sbottai.

«Avrei potuto esserlo» dissi, pentendomene subito dopo.

Ero stato davvero uno stupido, ma non volevo ammetterlo subito. Elena mi diede le spalle e iniziò a dormire.

Che bella giornata. Prima la preoccupazione per Melissa e Davide, poi il litigio con mio figlio, infine il battibecco con mia moglie.

Iniziai a dubitare di aver fatto la scelta giusta.

Il mistero della casaWhere stories live. Discover now