21. Pezzi di un puzzle perfetto

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Il sole stava ormai calando oltre le colline quando uscii in giardino.

La tazza di tè fumava tra le mie mani, il calore che si irradiava nella mia pelle dandomi un piacevole senso di tranquillità. Quasi non ricordavo più come fosse la vita in una grande città, andare a dormire con i clacson delle auto nelle orecchie.

Avevo imparato ad apprezzare la calma della campagna, e ora che mancavano solo un paio di settimane alla partenza provavo un anticipo di nostalgia.

Mi appoggiai contro il muro della casa e bevvi un sorso di tè. Billy stava giocando da solo con il suo pallone, e gli ultimi raggi del sole facevano brillare i ciuffi biondi sulla sua testa. Quando si accorse della mia presenza, fermò la palla sotto la scarpa e si aggiustò gli occhiali sul naso.

«Vuoi giocare con me?»

Avrei voluto rispondergli di sì, donargli un po' del mio tempo dopo tutti quei giorni passati a ignorarlo. Ma proprio in quel momento mi accorsi che non eravamo soli: Jessica era seduta accanto ad un cespuglio, le ginocchia premute contro il petto e lo sguardo fisso su un punto indefinito davanti a lei.

«Scusa, Billy. Magari più tardi?»

Lui non parve dispiaciuto dal mio rifiuto. Annuì con decisione e riprese a giocare, spingendo la palla verso l'altro lato del giardino.

Mi avvicinai a Jessica e mi misi a sedere accanto a lei. Per fortuna, da quella posizione Billy non poteva vedermi. Sarebbe stato difficile spiegargli perché di punto in bianco avevo iniziato a parlare da sola.

Se Jessica si accorse del mio arrivo, non lo diede a vedere.

«Ho parlato con Ryan.»

Solo a quelle parole i suoi occhi chiari schizzarono su di me. Era impressionante quanto fosse cambiata nel giro di poco tempo: non c'era più luce nel suo sguardo, e persino il ghigno che si portava dietro come una firma era scomparso dalle sue labbra.

Mandò giù la saliva e si morse l'interno della guancia. «Allora?»

«Lui non c'entra, o almeno non credo», la tazza si stava ormai raffreddando tra le mie mani, e bevvi un altro sorso. «Non posso avere la certezza, ma mi è sembrato sincero.»

Il volto di Jessica si rilassò, come se qualcuno avesse finalmente smesso di tirare i fili della sua marionetta.

«Che cosa ti ha detto?»

«Mentre veniva qui ha incontrato un suo amico, perciò ha fatto tardi. Quando è arrivato la casa era già in fiamme.»

Il ricordo di quella notte scatenò qualcosa in Jessica, che prese a giocherellare nervosamente con le dita. Era ancora strano per me vederla in quelle condizioni, una bambina intimorita e chiusa in se stessa.

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