5. Amici vivi e amici morti

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La prima settimana a Witchwood Manor passò con una lentezza esasperante.

Le giornate si snodavano una dopo l'altra come immerse nella nebbia, tutte perfettamente identiche, una successione di ore formate da minuti infiniti. Non riuscivo a trovare nulla di eccitante da fare, né tantomeno la voglia di farlo. Di iniziare a studiare non se ne parlava proprio: l'estate era appena cominciata e non avevo intenzione di accovacciarmi subito sui libri. Tuttavia, arrivata al quarto giorno, valutai persino quell'opzione.

Il quinto giorno invitai Lee a passare un po' di tempo insieme, ma lui rifiutò con un'espressione da cane bastonato e un'eterna serie di mi dispiace. A quanto pare suo padre aveva deciso di rimettere in piedi il vecchio capanno degli attrezzi e necessitava dell'aiuto del figlio.

Al sesto giorno ero ormai al limite della noia. Avrei davvero fatto qualsiasi cosa pur di non sprofondare nella noia, e capii di aver toccato il fondo quando mi ritrovai a supplicare Billy di fare un giro in città con me. Ci vollero un paio di ore e diverse offerte di gelati e caramelle gommose in regalo per convincerlo, ma alla fine ottenni quello che volevo. Mai avrei creduto di dover arrivare al punto di pregare in ginocchio il mio fastidiosissimo fratellino, ma quella era una situazione davvero disperata.

L'unico lato positivo era che essere annoiata significava anche non avere a che fare con i fantasmi che infestavano quel luogo infernale. Per qualche motivo non avevo visto più nessuno di loro dopo quel famoso pranzo, ma nonostante ciò continuavo ad aggirarmi per i corridoi della casa con circospezione. Più di ogni altra cosa temevo incontrare Jessica o, ancor peggio, il signor Hall.

Serrando le palpebre potevo ancora vedere quello sguardo glaciale, come se i suoi occhi fossero diventati un prolungamento dei miei. Lo sognai per fino, una notte. Sognai quelle pupille piccole come puntaspilli a fissarmi dall'altro lato del tavolo, e mi svegliai di soprassalto con il collo grondante di sudore.

Non avevo idea di dove fossero finiti, ma non potevo dirmi triste al riguardo. Si respirava un'aria molto più leggera senza di loro in giro, tuttavia sapevo di dover tenere gli occhi bene aperti nel caso si fossero ripresentati di punto in bianco.

Il settimo giorno decisi di passare il pomeriggio a prendere il sole nel giardino sul retro. Era una splendida giornata e si respirava a pieni polmoni l'odore dolce dei fiori e degli alberi. Mi armai di asciugamano e crema solare e andai a rovistare nel vecchio capanno degli attrezzi alla ricerca di qualcosa su cui appoggiarmi. Rimasi piuttosto sorpresa nel trovare un lettino di plastica sgangherato, e per un istante mi balenò in testa l'idea che avesse potuto appartenere alla famiglia Hall tanti anni prima. Poi però mi resi conto che era troppo ben messo per avere oltre vent'anni, quindi lo trascinai al centro del giardino e mi ci distesi sopra.

La mia pelle iniziò subito a formicolare sotto al sole. Spalmai un altro stato di crema sul mio corpo seminudo e pallido, giusto per sicurezza, poi afferrai il libro comprato il giorno prima in città e cominciai a leggere.

Almost DeadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora