Capitolo 37

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Ho trascorso tre giorni in casa, trascinandomi dal letto alla cucina, con il vano tentativo di mangiare qualcosa ogni tanto. Non faccio altro che pensare a Lui e a piangermi a dosso, così dato che la ferita è migliorata molto, ho deciso che oggi si torna  all’università per seguire almeno le due ultime settimane dei corsi. Verrà a predermi Vittorio. In questi giorni mi è stato molto vicino. È l’unico di cui mi fidi abbastanza per avergli raccontato cosa è accaduto la sera del compleanno di Riccardo.
Indosso un semplice jeans e una maglietta a maniche corte, e lego i capelli in una crocchia disordinata. In questo momento non mi interessa il mio aspetto, quindi non mi preoccupo di passarmi la piastra o truccarmi. Infilo le scarpe, afferro lo zaino e scendo per aspettare Vittorio.
Quando mi vede gli leggo la preoccupazione negli occhi, e senza dire nulla mi sorride e mi abbraccia forte a se. Poi inizia a parlare a raffica di qualsiasi cosa, tentando di distrarmi.
Una volta arrivati all’università il fatto che Riccardo e Gianluca non ci siano non mi stupisce. Me lo aveva detto che sarebbero spariti per un po’, e anche se muoio dalla voglia di vederlo è meglio così. Non sopporterei la sua presenza senza poter stare con lui.
Appena Michele mi vede mi viene in contro, e anche nei suoi occhi leggo la preoccupazione <<Fede, che fine avevi fatto? Stai bene? Sembri un fantasma.>> gli sorrido debolmente e annuisco <<Ho avuto una sorte di incidente, ma adesso sto bene.>> gli dico scambiandomi uno sguardo complice con Vittorio.
<<Che incedente?>> mi chiede allarmato Michele. Gli poso una mano sul braccio e gli rispondo <<Scusa Michy, ma non mi va proprio di parlarne.>> lui annuisce comprensivo e inizia a informarmi su tutto quello che mi sono persa riguardante i corsi.

I giorni seguenti mi sembra di vivere due vite parallele. All’università fingo che tutto sia tornato come prima, fingo sorrisi e cerco di essere partecipe alle conversazioni con i  ragazzi, mentre appena metto piede in casa crollo entrando in uno strato di trance pervaso da un dolore sordo.
All’università evito di passare davanti all’aula 12 come se fosse appestata, o peggio contenesse un mostro pronto a saltarmi a dosso per succhiarmi via l’ultimo briciolo di forza che mi è rimasto.
Vittorio mi ha sempre sorretto nei momenti di maggiore fragilità all’università, e glie ne sono infinitamente grata per questo.
Per quanto riguarda Michele, appena ha ripreso a provarci con me, l’ho preso da parte e gli ho spiegato che lo vedo solo come un amico e che io in realtà sono innamorata di un’altra persona (ma non gli ho detto di chi). Lui è stato molto comprensivo, da buon amico qual è, accettando il rifiuto e ritornando ad essere il mio vecchio amico Michy.

Spesso per non restare troppo tempo chiusa in casa da sola, il pomeriggio inizio a vagare per le strade di Roma senza una meta precisa. Camminare mi aiuta a mettere in ordine i pensieri nella testa, ad ogni passo un pensiero trova il suo giusto ordine, poi ritorno a casa e di nuovo la mia mente viene pervasa dal caos.
Sono appena tornata da una delle mie passeggiate e decido di infilarmi sotto la doccia, mi osservo la cicatrice ormai guarita del tutto e la accarezzo con la punta delle dita. A volte penso che se non avessi questa cicatrice potrei pensare che tutto quello che è successo me lo sono solo immaginato, che è stato tutto frutto della mia immaginazione. Ma il dolore che provo è troppo forte per qualcosa che mi sono solo immaginata.

Se possibile un ulteriore dolore mi investe il giorno successivo.
Entro in aula e mi siedo al mio solito posto vicino a Michele. All’improvviso sento Quella scarica alla base della schiena. Il mio corpo si paralizza, non avendo il coraggio di guardarmi intorno, ma con la coda dell’occhio vedo Vittorio girarsi verso di me e guardarmi preoccupato.
La scossa alla base della schiena continua a crescere così mi faccio forza e mi giro alla ricerca di un ragazzo con i capelli brizzolati e un  piercing sul sopracciglio. I nostri sguardi si incontrano e il mondo smette di girare. Tutto in torno a noi scompare.
È bellissimo come sempre, anche con le occhiaie scure sotto gli occhi come le mie. Michele al mio fianco mi da una gomitata nel fianco facendomi tornare alla realtà, mi giro verso di lui e mi accorgo che mi aveva detto qualcosa a cui non ho fatto attenzione. Mi giro in avanti e mi perdo nel vuoto davanti a me.
Le ore di lezione passano senza che io me ne renda conto. Quando mi alzo dal mio posto butto un occhio dove era seduto Riccardo, ma lui non c’è più. Non lo vedo nemmeno in cortile durante la pausa sigaretta con i ragazzi.
Durante la lezione del pomeriggio sento di nuovo la scossa alla base della schiena, ma non mi giro a cercarlo. A metà lezione non sopporto più la sua presenza della stessa stanza dove sono io senza nemmeno potergli parlare. Così raccolgo le mie cose, mi alzo e mi avvio all’uscita dell’aula. Lui è seduto tra gli ultimi posti. Quando gli passo davanti si accorge di me, mi guarda, e subito dopo distoglie lo sguardo. Una ventata del suo odore mi investe in pieno e senza che me accorga mi sfugge una lacrima.

Nemmeno ci torno a casa, inizio da subito a vagare per le strade di Roma. Non so per quale preciso motivo ma non fa altro che tornarmi alla mente il ricordo di quel giorno in cui Riccardo mi ha portato con se a farsi fare il tatuaggio da Gio’.
Penso e ripenso al modo in cui osservava me e non il tatuaggio, al fatto che se lo fece ripassare perché piaceva a me, al pizzicotto che mi diede sul sedere per farmi capire quanto facesse male farsi fare un tattoo.
Le lacrime continuano ad appannarmi la vista, e quando riesco a scacciarle via, mi rendo conto che i miei piedi mi hanno condotta nella zona di Garbatella davanti a uno specifico negozio.
Fisso l’insegna al neon e senza pensarci due volte entro.
Al suono del campanellino sulla porta una ragazza dai capelli viola mi si avvicina <<Ciao io sono Raissa. Hai appuntamento?>> io scuoto la testa <<Il proprietario c’è?>> le chiedo cercandolo nel locale <<Te lo vado a chiamare.>> mi dice incamminandosi verso il retro, mentre io mi siedo su una delle poltroncine.
<<Ehi dolcezza! Mi ricordo di te.>>  mi  dice Gio’ scrutandomi dalla testa ai piedi mentre mi alzo. <<Se stai cercando Riccardo non è qui.>>  a sentire il suo nome un brivido mi percorre tutta la schiena, ma cerco di ignorarlo. <<No, voglio che mi fai un tatuaggio.>> lui stupito mi risponde <<Ah!>>  poi mi scruta attentamente <<Sai già cosa vuoi?>> io annuisco. <<Sai dove?> annuisco di nuovo. Mi scruta ancora  e mi chiede <<Ne sei sicura?>> in risposta mi avvio ai lettini e chiedo << Su quale mi devo sdraiare?>> Gio’ mi fissa per un po’, fa una smorfia con la bocca come se si fosse arreso, e poi viene verso di me.

Il ronzio della macchinetta funge come una sorta di calmante.
Riccardo mi evava detto una cazzata, non è vero che fa male come un pizzicotto!
Alle prime lacrime che mi sono scese Gio’ si è fermato e mi ha chiesto se volessi che si fermasse per qualche minuto, ma io gli ho detto di continuare e che il dolore era sopportabile.
Non posso dirgli che piango per il dolore interiore e non per il tatuaggio.
Alla fine cos’è il dolore fisico paragonato a quello che mi stritola il cuore!

Tutta colpa degli Affari [COMPLETA]Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ