20. Solo un ragazzo

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«E' un consiglio», rispose con un sorriso privo di divertimento. Solo a quel punto tornò ad alzare la voce, come se volesse che i miei genitori la sentissero. «Ora è meglio che torni dentro, il pranzo sarà pronto ormai.»

Poi si chinò verso di me, e percepii il suo respiro alla menta sulle guance. «Preferirei che tu stessi lontana da mio figlio. Mi sono spiegata?»

«Perfettamente.»

La guardai mentre si allontanava verso casa sua, e una volta che fu scomparsa dalla mia vista feci esattamente quello che mi aveva chiesto.

Chiamai Lee.

*

La conversazione con Elise Cooper mi aveva infuso una scarica di adrenalina, e mentre camminavo per le vie di Witchwood Hill sentivo quasi di star spiccando il volo. Lo avevo convinto a raggiungermi di nascosto dopo pranzo, dicendogli soltanto che avevo una missione da compiere e che mi serviva una spalla.

Ero decisa a ottimizzare il tempo che mi restava in quel posto. Dopo quella mattina dentro di me era cresciuta una nuova certezza, e cioè che la mia vicina di casa aveva avuto un ruolo nella morte di Adam e della sua famiglia. Qualcuno avrebbe potuto credermi pazza, ma una parte di me sapeva di poter risolvere quel mistero.

Glielo dovevo. Lo dovevo ad Adam.

«Aspetta, spiegami bene», disse Lee trotterellandomi dietro, affaticato per colpa del mio passo rapido. «Ryan Bess potrebbe c'entrare qualcosa con la morte della famiglia Hall?»

«Esatto.»

«E lo hai scoperto con le tue ricerche?»

«Più o meno.»

«Rosie, fermati un attimo.»

Lee mi prese le spalle, bloccandomi sul posto. Torreggiava su di me, gli occhi scuri fissi nei miei. «Lo sai vero che è un'accusa molto grave?»

Annuii. «E' per questo che prima di accusarlo voglio delle prove.»

«E quali prove pensi di trovare? Sono passati vent'anni, Rosie, e la polizia lo ha classificato come un incidente e ha chiuso il caso.»

«E se la polizia si sbagliasse?»

Lee lasciò andare un sospiro e si passò una mano tra i riccioli neri. Ero dispiaciuta per lui, lo ero davvero: non solo lo stavo trascinando in un enorme casino, ma gli stavo anche nascondendo il vero motivo per cui volevo indagare sull'ex fidanzato di Jessica.

Non stavo cercando di incastrare Ryan. Volevo scagionarlo.

Non avevo un vero e proprio piano, ma ormai era troppo tardi per tirarmi indietro. C'ero dentro con tutte le scarpe, e niente mi avrebbe fermato dal dare una risposta ad Adam e alla sua famiglia.

L'ansia iniziò ad attanagliarmi lo stomaco solo quando raggiungemmo la casa di Jenna e Ryan. Capii che forse avrei dovuto pensare a qualcosa prima, ma del resto ero diventata un'esperta dell'improvvisazione. Mi voltai un'ultima volta verso Lee prima di suonare il campanello.

«Stai in silenzio e segui me, d'accordo?»

«Va bene», rispose lui con tono annoiato. Non sapevo neanche perché avessi deciso di portarlo con me, probabilmente solo per avere qualcuno vicino nel caso le cose si fossero messe male. Dovevo ammettere però che la sua presenza mi rassicurava.

Spinsi il pulsante e attesi una risposta.

Passarono una manciata di secondi prima che la porta si spalancasse, e il cuore mi balzò nel petto appena vidi Ryan.

Aveva i capelli castani arruffati sulla testa e indossava soltanto un paio di pantaloncini da basket rossi e una canottiera che necessitava di una bella stirata. Si passò una mano sulla faccia, ma quando le sue pupille ci misero a fuoco vidi la sua mascella stringersi e guizzare sotto la pelle.

Almost DeadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora