"Ti piace davvero?" chiede, rimirandosi la punta delle scarpe, "In tv hanno detto che da domani le temperature si abbasseranno e tornerà l'inverno. Volevo festeggiare questo ultimo scampolo di sole con un po' di colore"

"Sei stupenda" la rassicuro, "Potrei quasi innamorarmi di te"

"Oh, ti prego, non farlo" mi prende in giro, ridendo, "Non potrei mai sopportarti, come fidanzato"

Le rifilo una leggera spallata.

"Cynthia Powell" mormoro, affranto, "Tu mi spezzi il cuore"

"Paul McCartney" prosegue lei, col mio stesso tono, "Sono certa che Jane Asher saprà consolarti"

Mi lascio sfuggire un sospiro teatrale.

"Non darmi false speranze"

Cyn scuote la testa, ridendo, una cascata di capelli dorati che si agita con lei.

"Se le rivolgessi la parola, forse, qualche speranza la avresti" mi suggerisce, con un velo di sarcasmo.

"Oh, ma io ho un piano, Cyn" la rassicuro, "Aspetterò che prenda la sua bella laurea in psicologia, e poi mi presenterò nel suo studio ogni singolo giorno, finché non cadrà ai miei piedi"

"Un po' di terapia non ti farebbe male" concorda quella serpe che mi ostino a chiamare amica, "Ma resto dell'idea che sarebbe meglio proporle di prendere un the insieme, finché siamo ancora in questo secolo. Il tuo piano ha delle tempistiche un po' troppo lunghe"

"Ridi pure di me, se vuoi" dico, fingendomi terribilmente serio, "Ma il mio piano è inappuntabile. Sette anni e diecimila sterline e lei sarà mia, te lo assicuro"

Le nostre risate si stemperano appena messo piede in classe.

Il corso di Greco ha tutte le potenzialità per essere il più bello tra tutti quelli che seguiamo quest'anno, e se lo insegnasse l'Arpia lo sarebbe certamente.

A differenza che per la lingua latina, tuttavia, dove le cattedre di letteratura e traduzione coincidono nella persona della Tartaruga, per quanto riguarda il greco risultano divise tra due professori diversi: la Cohen, che si occupa del corso di Letteratura Greca, e Robertson, che cura quello di Traduzione.

Il Professor Robertson sembra essere stato costruito da Dio in un momento di noia: alto al punto da doversi chinare per non sbattere la testa contro gli stipiti delle porte, pallido come un foglio di carta e dotato di una zazzera di capelli biondi che si ostinano a crescergli dritti sulla testa, come setole.

Quando avevo chiesto a Churchill informazioni su di lui, durante i miei primi giorni, si era limitato a rivelarmi il suo soprannome: la Scopa.

Per qualche tempo avevo creduto che fosse semplicemente dovuto a un fattore estetico, ma non mi ci era voluto molto a capire che quella era solo la parziale verità.

"L'aspetto?" aveva riso Churchill, quando gliene avevo parlato, "Lorraine, lo chiamiamo la Scopa perché sembra sempre ne abbia una infilata nel culo. E perché dovrebbe scopare più spesso"

La definizione, benché crudele, è certamente calzante.

La Scopa è sempre rannuvolata, irosa, pronta a cogliere il minimo accenno di brusio per iniziare a gridare.

Persino Omero, letto con la sua voce, mi appare intollerabile, e temo il momento in cui mi farà detestare l'Odissea così come sta facendo con l'Iliade.

Spiega come fosse un comandante d'esercito che addestra dei soldati, senza alcuna traccia della passione della Cohen o dell'umorismo della Tartaruga, e ci sfinisce con marce estenuanti sui libri che più che istruttive sembrano una punizione.

𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonحيث تعيش القصص. اكتشف الآن