7

11 1 0
                                    


 Greere.

Camminammo per tutto il dormitorio maschile fino all'uscita, e non appena l'aria fresca incontrò il mio viso facendomi svolazzare i capelli inspirai a pieni polmoni. Tutta quella situazione iniziava a infastidirmi, a diventare ridicola. 

Non avevo mai sperimentato la presenza di un coinquilino con il quale Cole avrebbe dovuto fare i conti, e non avrei mai voluto provare quel fastidio. Quando entrambi ci eravamo conosciuti, all'orientamento universitario, i nostri occhi avevano brillato a sapere che entrambi avevamo espressamente chiesto una stanza da utilizzare singolarmente.

Era una specie di patto, quello che avevamo fatto.

Nessuno avrebbe potuto disturbarci, sia che stessimo studiando, sia che stessimo discutendo, anche se poi questo non era mai avvenuto, e sopratutto che stessimo facendo l'amore.

<Tutto bene?>

La voce di Dylan interruppe il flusso dei miei pensieri. Scossi la testa per assicurarmi di averli accantonati.

<Sono solo un po' stanca.>

La sua voce era calda, vibrante. Sembrava perennemente appena sveglio, o forse ero solo abituata alla voce allegra e pulita di Cole. Mi aveva sorpresa piacevolmente però, scoprire questa sua 'particolarità'. Chissà che non ne avesse altre nascoste.

Annuì e estrasse dalla tasca dei jeans un pacco di sigarette, accendendosene una. Il fumo mi colpì in viso e se per un momento, quasi istintivamente cercai di allontanarlo, poi mi trovai a inspirare quell'odore forte e marcato.

<Ne vuoi una?> chiese poi lui, porgendomi il pacchetto azzurro.

Lo guardai, e poi i miei occhi si soffermarono sulle sue dita: lunghe e spesse, le unghie mangiucchiate. 

<Oh, no...> 

Mi guardò come aspettandosi una giustificazione. <Ho smesso.> continuai. Sul suo viso si dipinse un ghigno. 

Che bel sorriso.

<Nessuno 'smette' di fumare.> mi canzonò e ripose il pacchetto in tasca. La sua mano si avvicinò alla mia spalla, e aggrottai le sopracciglia. 

<Lascia, te lo porto io.>

Quel borsone con il cambio del lavoro e i libri che per me pesava fin troppo, per lui sembrava un peso minimo. Lo afferrò e lo mise a tracolla, spingendoselo poi dietro la schiena. Le sue labbra si chiusero attorno al filtro ed espirarono il fumo colorando di rosso la punta.

Avevo smesso di fumare quando tra me e Cole era diventata una storia seria, e posso sinceramente ammettere che era stata una delle decisioni peggiori che avessi fatto. Dylan non aveva tutti i torti, mi mancava fumare. 

Passammo dall'erba della piazza centrale e attraversammo l'entrata del dipartimento di economia. Pensai a Cole e al suo corso. 

Mi innervosii a rimuginare su come mi aveva liquidata in stanza.

<Sei abbastanza silenziosa.>, esordì.

Mi voltai scoprendo che mi stava guardando. Abbozzai un sorriso. <Di solito non è così. Però è stata una giornata difficile.>

<Capisco. Io non ricordavo quanto fosse stressante frequentare l'università.>

Un altra nuvola di fumo ci circondò. 

<Hai già frequentato?> 

Effettivamente mi suonava strano che un ragazzo all'alba dei suoi 27 anni decidesse di iscriversi all'università.

<Sì, ormai troppi anni fa. Mi ero promesso di riprendere gli studi e laurearmi.>

Ecco che si scopre qualcosa su questo cugino californiano. Anche se a dirla tutta il suo accento mi sembrava di tutt'altra parte.

In ogni caso quella notizia quasi mi rasserenò: gli sarebbero bastati pochi esami alla laurea, e poi sarebbe tornato da dove era venuto, lasciandomi la mia intimità con Cole. 

Tutto sembrava più sereno adesso, vero...?

In poco tempo ci trovammo difronte all'entrata del dormitorio femminile e l'aria iniziava a diventare più fresca. Non vedevo l'ora di stendermi sul letto.

Con un gesto veloce Dylan si spogliò del mio borsone, lasciandolo per terra accanto ai miei piedi. I muscoli sulle sue braccia si mossero da sotto il maglione e non potei non notarli.

<Posso farti una domanda?> ruppe il silenzio.

I suoi occhi erano di un colore scuro, ma non potevo ben definirli data la distanza tra di noi, e la poca luce. Si mossero su di me quando annuii.

<Tra te e Cole... cosa c'è?> 

Rimasi esterrefatta da quella domanda. Cosa voleva dire?

<Puoi anche non rispondermi, ovviamente. E' solo che... insomma.>

Sbattei le palpebre più volte, poi accompagnai la mia risposta con un risolino isterico. 

<E' il mio ragazzo.>

Dylan sembrò sorpreso, come se si fosse chiesto più volte cosa fossimo e non fosse riuscito a darsi una risposta. Alzò le sopracciglia in un espressione buffa, ma non trovavo nulla da ridere in quel momento. Come poteva non aver capito?

<Oh, bene.>, si schiarì la voce. <Sono felice per voi.>

<Non è vero.> risposi istintivamente. Incrociai le braccia sotto al seno e lo guardai seria. Lui si accigliò.

<Perché questa domanda? Non era ovvio?> 

Lui spostò il peso del corpo da una gamba all'altra e si passò una mano tra i capelli, ridendo imbarazzato.

 <Vuoi che sia onesto?>

La volevo davvero quell'onestà? Volevo davvero che mi dicesse quello che albergava dentro di me ma che non avevo il coraggio di sentire?


Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
Guilty for loving you.Where stories live. Discover now