Prologo

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Fisso il quadro che ho davanti ormai da ore.

È una cornice a giorno e racchiude una foto di me e mia madre, Crissie, quando ho ricevuto il diploma alla scuola materna.

Lei è magra e bella come sempre ed ha i lunghi capelli biondi raccolti in uno chignon, indossa un completo color tiffany e mi tiene per mano mentre, entrambe, sorridiamo felici alla fotocamera.

Io sono davvero piccola là dentro, sono passati tanti anni.

Ho in testa un tocco fatto di cartoncino nero e il mio minuscolo corpicino è avvolto in una specie di tunica nera lucida, proprio come quelle dei diplomandi.

Non riesco ad addormentarmi.

Nonostante sia ormai notte fonda, le mie palpebre non ne vogliono sapere di chiudersi e i miei pensieri rimangono vigili, non hanno la minima intenzione di lasciarsi trasportare nel buio dell'oblio di un sonno segna sogni.

Piove.

Sui vetri della mia finestra serrata scorrono rivoli d'acqua e ogni tanto un lampo squarcia l'oscurità del cielo, illuminando la stanza a giorno.

Mamma ha tolto le tende quindi riesco perfettamente a vedere fuori e, giuro, l'atmosfera è pari a quella di uno dei migliori film horror in circolazione:

i rami del grande albero di ciliegio vengono sbattuti in continuazione contro il muro esterno della casa a causa del vento, le brusche folate si insinuano tra gli infissi cercando di entrare ma vengono respinte ed emettono uno strano e terrorizzante fischio.

Questo vecchio tetto che mi ritrovo sopra la testa –in più- continua a scricchiolare come se fosse vittima di scosse di assestamento e, anche se penso sempre di essermi ormai abituata a vivere qua, in realtà non mi sento mai veramente a mio agio.

Basta, non ce la faccio più a stare sdraiata... e, soprattutto, non ce la faccio più a tentare di rilassarmi.

Non ci riesco e, detto sinceramente, non riesco nemmeno a capire quale sia il motivo di tanta tensione.

Ho quindici anni, caspita, quali problemi affliggeranno mai una ragazzina di quest'età?

Mi metto seduta sul letto lasciando scivolare il piumone giù dalle mie spalle, ma me ne pento immediatamente.

Sono una tipa freddolosa, una di quelle che d'inverno vanno in giro con almeno quattro strati di roba addosso, certe volte mi è anche passato per la testa di lasciare il pigiama sotto i vestiti, così da non sentire tutto quel freddo in classe.

La mia scuola è gelida, sembra un enorme igloo...o almeno è così che io la percepisco.

I corridoi sono larghi e le stanze giganti, anche se devono contenere ben poche persone.

È da molto ormai che a Bredem non nasce un bambino, ogni tanto immagino il futuro e vedo questa cittadina diventare vecchia e decrepita, come i suoi abitanti.

Sembra strano ma, mentre penso a quest'immagine lugubre, mi viene in mente mio padre e non so se il suo ricordo mi mette più rabbia o più tristezza, ma poco importa ormai.

Se n'è andato quando avevo sei anni e da quel momento io e mamma siamo sempre state da sole.

Dove abitavamo prima c'era molto più caldo e meno umidità ma, da quando lei ha incontrato Elliott in vacanza, ho subito capito che da lì a poco le cose sarebbero cambiate.

Ci siamo trasferite infatti, come avevo previsto: si sono innamorati, hanno deciso di sposarsi e –a fine anno scolastico- sono stata catapultata qui come fossi una pallina da tennis.

Nubi su BredemWhere stories live. Discover now