4

7 3 0
                                    

Chiudo la porta della mia camera e mi appresto a scendere le due piccole rampe di scale che separano la hall dagli altri piani.

Devo dire di essere abbastanza soddisfatto di quel che questo piccolo hotel dallo stile favolistico offre: un bollitore e delle bustine di tè gratis, delle lenzuola calde e una coperta che odora di lavanda e non di cenere, come l'ultima volta.

Mi fiondo giù con convinzione, senza nemmeno far caso al rumore dei miei scarponi. Ogni volta che calpesto un gradino il legno scricchiola sotto il mio peso ma con un ultimo balzo riesco ad arrivare in fondo senza far danni.

Senza sfondarne nessuno, intendo.

«buongiorno detective, ha dormito bene?»

«buongiorno signora Gram, benissimo!»

Rispondo in fretta alla domanda della padrona della pensione e mi godo per un attimo il suo sorriso amichevole.

Finora non ho trovato nessun altro così disponibile in paese, nessuno che mi abbia accolto con la benevolenza che ci si aspetta quando si è stranieri e si approda in un posto sconosciuto.

Probabilmente gli abitanti di Bredem non sono abituati a vedere facce nuove aggirarsi per le loro strade, credo che un turista non spenderebbe soldi per venire qui nemmeno se gli regalassero un buono-vacanze.

«dove scappa così di fretta?» mi chiede l'allegra vecchietta panciuta dagli occhiali tondeggianti a fondo di bottiglia «non si ferma per colazione?»

Sarei tentato, lo ammetto.

Questa signora assomiglia tanto alla nonna di cappuccetto rosso, sono sicuro che le sue torte sono buone ed invitanti quanto quelle della fiaba illustrata.

«no, la ringrazio, sono in ritardo»

Ricambio il sorriso con gentilezza e mi soffermo un attimo sullo zerbino prima di immergermi nel gelo di Dicembre.

Alla centrale è tutto molto tranquillo, c'è un'atmosfera quasi surreale.

«buongiorno» dico alla stessa ragazza di ieri passando vicino alla reception, lei mi fa un cenno del capo e, sapendo già che la sua risposta non arriverà, mi precipito nella stanza coi vetri scuri, quella da cui ho visto spuntare Harrison il giorno precedente.

«è per caso muta?» domando.

«chi? Alliss? No, non è muta. Ha solo un carattere difficile» ridacchia.

Ottima scelta direi, proprio il tipo giusto da mettere ad un front-office.

«vuole del caffè?» chiede Harrison offrendomi una tazza strapiena.

«grazie» rispondo afferrandola «fa freddo fuori»

«sa, le temperature caleranno ancora. Il meteo ha previsto la media più bassa degli ultimi dieci anni»

Ottimo, penso mentre soffio sul liquido per evitare di scottarmi, ci tengo alla mia lingua, stavo giusto pensando di ibernarmi, ma non avrei mai creduto di farlo a cinquecento chilometri da casa.

Harrison è impegnato a consultare alcuni siti online, così assaporo questo mezzo secondo di pace e butto un occhio alla finestra dietro le sue spalle.

È grande ed è l'unica che non abbia i vetri oscurati.

Da qui si riesce a vedere il panorama all'esterno: sul retro della centrale c'è un giardino verde e rigoglioso pur essendo in pieno inverno. Gli alberi sono quasi tutte conifere ed i cespugli di vischio stanno iniziando a perdere le foglie.

«abbiamo esaminato le impronte sui bicchieri» mi informa Harrison, riscuotendomi dai miei pensieri «sono di Colin»

Questo era abbastanza prevedibile, avevo già immaginato che almeno uno dei due bicchieri fosse ricoperto delle impronte del ragazzo.

Ci ho pensato molto stanotte, quando non riuscivo a prendere sonno. Fissavo il soffitto e dicevo "ehy, è ovvio, le impronte saranno di Colin. E poi? Di chi altri?"

Lui era quello posizionato più vicino alla porta d'ingresso, e se fosse stato lui a far entrare l'assassino?

«perché avrebbe dovuto farlo?» domanda Harrison.

«come scusi?»

«perché avrebbe dovuto far entrare uno sconosciuto in casa?»

Strano, credevo di averlo soltanto pensato. Quest'uomo mi legge la mente per caso?

«beh, l'unica possibile motivazione che mi viene in mente è che forse Colin avrebbe potuto conoscere il killer»

«e gli avrebbe aperto la porta così, con non chalance, nel cuore della notte?»

«dipende, Robert, dipende. Tu cosa faresti se, per esempio, un tuo amico ti facesse sapere di essere in difficoltà?»

«correrei ad aiutarlo»

«esatto» ribatto schioccandomi le dita delle mani «è quello che faremmo tutti»

D'un tratto il rumore di quattro nocche che bussano mi fa sobbalzare.

«avanti» dico sentendomi, ormai, padrone di casa.

Il largo ma delicato viso di Alliss si affaccia nella stanza portando con sé una luce inaspettata e il calore di una faccia sorridente.

«scusate» dice «c'è qui il ragazzo, come avete chiesto»

Non credevo che avesse una voce, giuro.

«grazie Alliss» risponde Harrison «fallo passare»

Anche se non sono stato messo al corrente di questa situazione mi ci vuole ben poco per capire cosa stia succedendo, l'ho capito ancor prima che sia Harrison a palesarmelo.

«ho convocato William, un amico di Colin. Forse può farci comodo»

Sì, beh, grazie per avermi reso partecipe della decisione.

Pochi istanti dopo entrano nella stanza due uomini, uno più giovane e l'altro più anziano.

«accomodatevi» li invita Harrison.

I due stringono la mano prima a lui poi a me e si siedono di fronte a noi.

Sembrano abbastanza nervosi.

«il detective Davis è qui per aiutarci nelle indagini riguardanti la famiglia Lawson» li informa Harrison.

I due mi squadrano ed io gli faccio un sorriso forzato, uno di quelli che funziona sempre e che sembra voler dire "cercate di fare i bravi, e di collaborare".

Nubi su BredemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora