Venticinque.

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Le cose belle sono quelle che fanno più male

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Le cose belle sono quelle che fanno più male. Più arrivi in alto, più sarà dolorosa la caduta quando il vento smetterà di soffiare.

L'ho sempre pensato, ma è da quando conosco Nicholas che ho compreso realmente quanto sia vero.

Non ho chiuso occhio per tutta la notte, neppure quando verso le quattro del mattino lui si è addormentato mentre mi teneva stretta come soltanto Nicholas sa fare. Sono rimasta a guardarlo dormire: le prime luci dell'alba gli illuminavano appena il viso, così bambino e così segnato.

Le labbra schiuse e sporche del mio rossetto, le palpebre calate con quelle ciglia lunghe e scure che gli carezzavano la pelle, i piccoli tatuaggi a marchiarlo... bellissimo. Perfino con la cicatrice che gli è rimasta a causa di Da Silva.

Che valore ha un bacio?

Mi sono chiesta. Più volte. Fino al tormento assoluto.

Poi intorno alle dieci Nick apre i suoi occhioni blu, e una risposta la trovo. Anche se dubito che troverò mai il coraggio di confessarla ad alta voce.

Sotto il suo sguardo ancora assonnato, percorro con l'indice la scritta tatuata all'attaccatura dei capelli. Nicholas emette un flebile sospiro, sembra bearsi del mio tocco, e quasi di riflesso inizia a disegnare dei cerchietti sul mio fianco scoperto.

Siamo ancora entrambi vestiti con gli abiti di ieri, ma nessuno dei due pare intenzionato ad alzarsi dal letto per porvi rimedio. No, restiamo qui. Stesi sul fianco, uno davanti all'altro.

«Perché Cenere?», chiedo poi, riferendomi al tatuaggio. La mia voce bassa rimbomba nella sua piccola casa.

In un primo momento preferisce tacere, restio nell'aprirsi con me, e quindi sfodero un vecchio asso nella manica. Gli sorrido: «Puoi dirmelo, Nick. Qui, dove tutto è già rotto, puoi sentirti libero».

Le sue dita sul mio fianco si tendono per un attimo, lo sento strozzare un respiro, ed ecco che un piccolo sorriso gli inarca l'angolo della bocca.

«Un trauma per un trauma, eh?»

«Ha del romantico».

Gli sfugge una risatina. L'istante a seguire nasconde il viso nell'incavo del mio collo, facendosi più vicino, come se si imbarazzasse nel mostrarsi così tranquillo e vulnerabile a me.

Mi scricchiola il cuore.

«E va bene. Ha un doppio significato», ammette, senza spostarsi. La sua mano mi risale su per la vita, si posa sulle mie costole a palmo aperto, facendomi rabbrividire.

«Ti ascolto».

Lui sospira, e io socchiudo gli occhi, avvolgendogli la nuca per tenermelo un pochino più stretto.

«Cenere perché...», lo sento deglutire, seppure non possa vederlo. «Perché è semplicemente la mia vita».

«Che vuoi dire?»

My BabyWhere stories live. Discover now